Di recente la discussione dentro e fuori l’AGESCI si è animata per la presa di posizione dell’associazione (o di sue componenti regionali e locali) rispetto al Decreto Sicurezza varato dall’attuale governo. Da chi si è dichiarato solo preoccupato (come la FIS, la Federazione Italiana dello Scoutismo) a chi sembra aver appoggiato atti di “disobbedienza civile” come nel caso di AGESCI Sicilia. Il guazzabuglio di commenti è stato variopinto, poco costruttivo e in realtà breve come quasi tutto ciò che succede sui social. Da un lato c’era chi rinfacciava a noi scout di preoccuparci per gli immigrati e non per “i terremotati” e gli altri italiani che soffrono, quando noi sappiamo benissimo di essere i primi a correre a prestare servizio ovunque la terra tremi o i ponti crollino come nelle periferie e nei quartieri “di frontiera”, mentre chi critica non si è ancora mosso dalla sedia. Dall’altro molti hanno festeggiato il fatto che l’associazione, gravata dal peso di circa 180.000 soci con pensieri e idee comuni per quanto è possibile, ma comunque distinti, abbia compiuto un atto rarissimo: prendere posizione riguardo a qualcosa. Qualcuno avrà contrapposto l’AGESCI “del dire” con quella “del fare” e qualcun altro avrà inneggiato al “fedeli e ribelli!” delle Aquile Randagie. Dopotutto restiamo un’associazione che fa dell’antifascismo un cardine del proprio statuto e dell’aiuto al prossimo lo scopo della propria esistenza, quindi da buone sentinelle e uomini dei boschi restiamo giustamente all’erta ad ogni avvisaglia di libertà violate.
Il punto che vorrei toccare, però, rimane ciò che veramente era scritto in quel comunicato dell’AGESCI Sicilia così foriero di triboli: < [AGESCI Sicilia] comprende le iniziative di “disobbedienza civile” nei confronti di leggi palesemente in contrasto con i principi etici di accoglienza e rispetto… >
La coscienza di un qualsiasi scout dovrebbe essere scossa dal leggere “iniziative di disobbedienza nei confronti di leggi”, poiché la legalità e il rispetto delle regole comuni sono l’asse di colmo della tenda dello scoutismo. Eppure, io approvo e apprezzo quanto scritto in quel comunicato per l’uso della parola “comprende”. Si può comprendere un reato? Oppure un crimine?
Io penso che non solo si possa ma sia un preciso dovere civico, sociale e umano comprendere anche l’azione che non condividiamo. Infatti, comprendere e giustificare sono due cose diverse: non possiamo giustificare senza comprendere, ma non sempre dobbiamo giustificare ciò che comprendiamo. È fondamentale, per essere cittadini attivi, scout attenti e persone giuste, cercare di comprendere cosa porta le persone ad agire in un certo modo. Solo capendo le cause si possono risolvere gli effetti. Quindi, da buoni esploratori e guide, branco in caccia, uomini e donne della Partenza, chiediamoci perché qualcuno voglia disubbidire, ma anche perché qualcuno abbia odio del diverso, paura dello straniero, astio verso chi sta peggio di lui e mille altre domande che possono affliggere le nostre sensibilità e richieste.
Comprendere e basta non risolverà i problemi. Ma è molto difficile risolvere un problema senza averlo compreso e, in particolare, è impossibile risolverlo a lungo termine.
E.G. Geco Coinvolgente