“Ecco l’ultimo messaggio del vostro amico Joël. Io muoio sorridendo perché il Signore è con me, e non dimentico che un rover che non è capace di morire non è buono a nulla… Addio, fratelli rover; la mia ultima parola: non lasciate lo scautismo. Addio”.
Joël Anglès d’Auriac, 22 anni, scout di Tolone cristiano militante, inviato al Servizio di Lavoro Obbligatorio in Germania, decapitato a Dresda il 6 dicembre 1944. La sua causa di beatificazione è stata introdotta a Roma.
Joël Yves Marie Anglès d’Auriac pronunciò la sua Promessa Scout il 23 marzo 1941 nel Clan Saint Martin di Toulon. Lo scautismo, a cui era arrivato da grande, fu per lui una magnifica scoperta che affrontò con l’ardore da neofita e con spirito di servizio. Prese la Partenza il 16 maggio 1943. Scrisse in quell’occasione: «Raramente, potrei forse dire mai, ho conosciuto tanta felicità e tanta gioia quasi soprannaturale».
Nel luglio del 1943 fu costretto dai tedeschi a partire per lavorare in Germania, a Tescher-Bodenbach. Qui, subito riunì altri Routiers (così si chiamavano i rovers francesi) e formò una equipe che intitolò a Nostra Signora della Speranza. Era di una dirittura esigente e rigorosa e si dedicò sempre a fare opera di servizio tra i suoi compatrioti.
Fu arrestato il 10 marzo 1944 con l’accusa di attività antitedesca, resistenza al lavoro e riunioni clandestine. Il 20 ottobre fu giudicato per alto tradimento e condannato a morte. L’esecuzione avvenne a Dresda il 9 dicembre 1944.
Joël visse a fondo e con grande entusiasmo i suoi ideali scout che gli avevano permesso di scoprire lo splendore del cristianesimo, la carità e la fraternità. Prima della deportazione, desideroso di partecipare agli altri la propria scoperta, egli andava frequentemente nei giardini pubblici della città a far giocare i ragazzi e a indirizzarli nello scautismo. In Germania, noncurante dei rischi, giocò a fondo per i suoi ideali cristiani e francesi; la sua morte era prevista e accettata. La vigilia della sua esecuzione egli scrisse il suo ultimo messaggio: «lo muoio sorridendo perché il Signore è con me e non dimentico che un Routier se non sa affrontare anche la morte non è buono a nulla. Fratelli Routiers, siate ricompensati della gioia che mi avete donato. Grazie a voi io vado a morire con gioia: il Signore mi è vicino. Non siate tristi e abbiate la certezza che accetto la prova con gioia e la offro per tutti voi. Perdono i responsabili della mia morte».
Joël fu per tutti un esempio di lealtà, di abnegazione e di spirito scout, cristiano e francese. Nel suo Carnet de Route fu ritrovato: “È duro qualche volta rimanere fedele agli ideali della Partenza ma per il momento è il Signore che lotta per me… L’ideale del servizio è male applicato se si brontola durante l’impegno col pretesto che gli altri non fanno nulla”.
Joël ci ha lasciato un grande esempio, tanto più valido oggi in cui è difficile parlare di educazione allo spirito di sacrificio. D’altra parte, Joël conferma quanto è stato più volte ripetuto da Baden-Powell: la felicità è frutto di una buona coscienza e di un impegno di servizio al prossimo.