Finalmente sono di nuovo qua, a scrivere un articolo per mostrare ancora una volta la bellezza dell’avventura scout.
Questo anno, per me, è un po’ particolare: è l’ultimo che passerò in reparto prima di andare nel noviziato.
Eh già, non sembrano mica essersene andati tanti anni da quando sono arrivata nel 2013 qua da voi. Però in realtà di tempo ne è passato.
Questo è il mio sesto anno agli scout…
Quarto anno in reparto…
Ed è forse un po’ stupido da dire, ma questo anno è stata la prima volta che mi sono detta “Wow, fra poco me ne devo andare!” Eppure mi sembra quasi di non aver concluso il mio cammino e spesso penso “Ma se mi fingessi primina funzionerebbe?” Ovviamente no per svariati motivi, ma poi la vera domanda è: “Perché voglio restare in reparto?”
Molti me l’hanno chiesto e io tante volte non ho saputo rispondere. Ma ora credo di saperlo. È semplicemente che ho paura.
Ma non una paura di quelle che non ti fa dormire e ti tortura ogni notte con incubi e brutti sogni; una paura più “simpatica” e meno spaventosa, paura di qualcosa che sai che deve essere così ma non riesci ad accettarlo, paura… delle novità, possiamo dire, di qualcosa che non conosciamo e non sappiamo se vogliamo conoscere, di rischiare, insomma…
È come quando inizi una nuova scuola… un po’ ti spaventa l’idea di non conoscere molte persone, ma d’altro canto non vedi l’ora di passare del tempo con loro e di vivere insieme delle avventure.
È questa la mia “paura”, diciamo. E ce n’è anche un’altra insita in essa: la paura di non essere capace e di non riuscire a integrarmi. Succede ad alcuni, a volte, nella nuova scuola, di stare in disparte per paura di andare a conoscere gli altri. Ma sapete perché, in realtà, questa paura non mi spaventa così tanto? Perché alla fine, a trarci in salvo da quest’ultimo timore sono gli altri. Esatto, proprio quelle persone che non conosci e con cui hai paura di parlare, proprio quelle persone che osservi da lontano e a cui non ti avvicini, sono proprio loro a trarti in salvo. Come? Accogliendoti, ovviamente!
E pensandoci esiste anche un esempio più concreto di quelli usati fino ad ora. Quando un castorino ha appena compiuto la Grande Nuotata e si trova all’improvviso nel branco secondo me prova le stesse cose; così come anche un cda che passa nel reparto attraversando timoroso quel ponte; ed è la stessa che ho provato anche io quando sono arrivata: la paura di come si starà con quelle nuove persone e magari di non trovarsi a proprio agio; ma allo stesso tempo io ho pensato anche “Wow, eccomi qua! Da coccinella sono arrivata in reparto. Da un certo punto di vista mi sono lasciata alle spalle tutto: le mie amiche, Arcanda, Mamma Scotty, Formica Mi, Scibà; ma sono qua, pronta per ricominciare, conoscere nuovi amici e intraprendere nuove avventure!”
E, in fondo, penso che dovrebbe essere questo il pensiero di ogni persona che passa.
Perché in fondo i passaggi sono sì un nuovo inizio, però fanno tutti parte di un unico percorso, quello di crescita. Si parla di crescita personale, spirituale, di gruppo o individuale. Ma la crescita in sè avviene perché si sa di essere capaci di crescere. Perché se tu non pensi di riuscire a fare qualcosa, allora non ci riuscirai.
Ma vorrei soffermarmi su un argomento: quello dell’accoglienza. Esatto, proprio di quella cosa che ci trae in salvo quando pensiamo di perderci nel mare della paura. Essa arriva dagli altri, però anche noi possiamo accogliere qualcuno, e lo facciamo in prima persona quando conosciamo un nuovo fratellino.
Accogliere significa accettare nel nostro gruppo, ed è proprio quello che succede agli scout.
Ogni anno infatti accogliamo nuovi amici e insieme a loro viviamo dei weekend e dei giorni fantastici! Ogni anno decidiamo di voler bene a nuove persone, di unirle a noi e di integrarle.
Ogni anno accogliamo tante persone e spesso anche noi siamo accolti dagli altri.
Ogni anno dimostriamo di saper accogliere e, in fondo, accogliere fa bene sia al nuovo arrivato che a noi!
Canarino Stravagante
(Carmela Scida)