Signore, come mi stancano tutti. Come mi stancano quelli che mi hai dato per fratelli!
I miei fratelli… Non sono sempre divertenti. E poi, sono tutti diversi. Questa è la cosa più dura. Diversi, tutti diversi; e ciascuno mi impone qualcosa di particolare, qualcosa di singolare che mi turba, mi disorienta, o mi urta.
Ciascuno di loro mi impone qualcosa.
E non è facile ammettere che gli altri siano fatti in modo diverso.
Ciascuno di loro mi impone qualcosa da capire. Non ne ho sempre voglia, Signore. È faticoso.
Ciascuno di loro mi impone qualcosa da amare, da fare entrare in me tale e quale. Anche se trovo questo penoso, fastidioso, assurdo.
Quanto è faticoso, Signore, amare i propri fratelli! Ho tanto desiderio, a volte, di chiudermi nel cerchio intimo di un piccolo gruppo di amici, che comprendo immediatamente, che conosco così bene, la cui presenza ha sempre lo stesso calore di simpatia, la stessa pace rassicurante, stavo per dire confortevole.
Ma tutti gli altri, Signore, quanto mi costa accoglierli!
Signore, fa’ che io non chiuda mai il mio cuore agli altri. Fa’ che io non dica mai: “Non vi capisco”, prima di ritornare in pace al mio regno ben ordinato, dove non c’è posto per loro.
Fa’ che non appunti mai su nessuno un’etichetta da museo, una scheda di informazioni: “Costui è questo, o quello”. Signore, aiutami a non classificare mai i miei fratelli.
Aiutami piuttosto a saper ritrovare sul volto di ognuno di loro i lineamenti cancellati del fanciollo che egli era un tempo.
Allora, soltanto allora, Signore, io “comprenderò”.
(L. Jerphagnon)