Clic: «Accidenti, è un po’ scura» (c’era il flash disattivato). Clic: «Ok, ora è meglio!». La foto che analizziamo in questo numero inquadra un momento certamente storico per l’Associazione: siamo nella piazza del coraggio, sullo sfondo si staglia il tendone viola sotto cui è riunito per la prima volta il Consiglio Nazionale degli R/S dell’AGESCI.
La votazione finale della Carta del Coraggio si conclude con un applauso liberatorio: grande, infatti, è stata la fatica dei 462 alfieri che, in rappresentanza di tutti i Clan partecipanti alla RN, hanno riassunto le “strade di coraggio” di migliaia di giovani per farle confluire in un unico testo scritto. Fin qui tutto bene e tutto bello.
Cosa è successo dopo? Un giornale on-line, di cui non ricordo il nome, è entrato in possesso del testo della Carta del Coraggio (prima ancora che questa venisse pubblicata sul sito dell’AGESCI) e ha scatenato un acceso dibattito su alcune affermazioni in essa contenute.
Non eravamo pronti: questo ho appreso, da un membro del Consiglio Nazionale (questa volta dei Capi) prima che iniziasse la verifica della RN svoltasi sempre al Parco di S. Rossore ad inizio ottobre. “Non eravamo pronti”: suona strano per chi dell’estote parati fa un motto e, quindi, un modo di agire.
Mi rendo conto di essere un po’ enigmatico, quindi mi appresto ad esemplificare. I giovani scrivono sulla Carta che la famiglia è da loro “intesa come qualunque nucleo di rapporti basati sull’amore e sul rispetto” (Carta del Coraggio, p. 16). Alcuni giornalisti scrivono quel che ben potete immaginare.
Taluni capi si sbrigano a prendere le distanze dalla Carta del Coraggio, talaltri cantano vittoria inneggiando alla rivoluzione associativa. Entrambe le categorie di capi, a mio modesto avviso, si trovano nell’errore. Se per errore intendiamo, infatti, una falsa o mancata conoscenza della realtà, è palese che sia i primi che i secondi non hanno compreso quale era la realtà del documento, cioè la sua natura, il suo scopo.
Ha scritto molto bene il mio amico Enrico Gussoni (la cui partecipazione al Consiglio Naz. R/S onora tutto il Gruppo) su Tuttoscout n. 142; il suo articolo a pagina 16 sottolinea, infatti, il principio pedagogico, espresso da B.-P., cui l’Associazione si è ispirata per ideare lo strumento (già, perché si tratta di uno strumento) della Carta del Coraggio: “Ask the boy”, chiedi al ragazzo.
La Carta del Coraggio non è un nuovo Patto Associativo, è bene dirlo chiaramente. Si tratta della “manifestazione libera di ciò che è nel cuore dei ragazzi” (introduzione alla Carta del Coraggio dei presidenti del Comitato Nazionale); a questa manifestazione segue l’ascolto profondo dei capi e la “ricerca intelligente della risposta alla domanda di educazione e di autoeducazione”. Cioè: osserviamo la CdC, deduciamo i motivi che hanno spinto i ragazzi ad esprimere certi concetti, agiamo in conformità al nostro metodo educativo e alle scelte contenute nel Patto Associativo cui ogni capo aderisce. Dal ragazzo al capo, dal capo al ragazzo.
Sarebbe da irresponsabili, dunque, non interrogarsi sulla Carta del Coraggio e prenderne le distanze. Sarebbe assurdo pensare che questa costituisca il nuovo orientamento educativo dell’Associazione.
Se così fosse, la Co.Ca. dovrebbe sbrigarsi a cambiare i propri orientamenti: dovrebbe alla svelta far capire ai ragazzi che io e il mio cagnolino Jimmy, poiché ci amiamo e ci rispettiamo reciprocamente (lui scodinzola sempre quando torno a casa), siamo una famiglia; successivamente dovremmo sbrigarci a sostituire le nostre insegne e a dire addio al nostro caro don Matteo, perché a quel punto saremo diventati l’AGESI – Busto Arsizio 3.
Carlo Maria Cattaneo
P.S.: ho già accennato ai molti spunti positivi espressi nella Carta del Coraggio in un precedente articolo, quindi non mi sono ripetuto; mi è parso, invece, opportuno prendere posizione anche su una questione più spinosa che, comunque, ci riguarda.