“…di essere protagonisti del nostro tempo”… Il tormentone della Route nazionale AGESCI, di quell’immensa iniezione di gioia ed entusiasmo che è stato il campo a San Rossore riecheggia ancora nelle orecchie di chi ha avuto la fortuna di parteciparvi ma… è tempo di rimettere lo zaino in spalla, allacciare gli scarponi e, cartina alla mano, ripartire fiduciosi alla scoperta di ciò che, in questo nuovo anno, ci attende.
Quale modo migliore allora che ricordarci la ragione ultima e definitiva per la quale continuiamo testardamente a lasciarci appassionare da questa avventura straordinaria che è lo scautismo?
Ogni tanto fermarsi per controllare sulla bussola che la direzione seguita sia quella corretta è una delle buone regole di ogni viaggiatore e scout che si rispetti. Il nostro Nord, come sempre, i nostri ragazzi. La volontà di aiutarli e sostenerli nella grande avventura che è crescere, accompagnandoli sulla strada, quella che sapranno riconoscere come il loro personale cammino verso la felicità.
Nella nostra Associazione (AGESCI) l’uomo/donna della Partenza, quel progetto di “buon cittadino” cui il metodo scout tende, è colui che prende in modo responsabile e consapevole tre scelte: la scelta politica, la scelta di fede e la scelta di servizio.
La Partenza di un rover/scolta rappresenta il momento più importante per la Comunità Capi e per il Gruppo intero. Un partente può scegliere di dedicare il proprio servizio all’Associazione, diventando un Capo scout, ma, e qui torniamo all’immagine della bussola, scopo dell’avventura scout non è formare Capi ma Uomini e Donne della Partenza.
Essere capo, essere un buon capo, potrebbe bastare, ma non è così.
L’uomo e la donna della partenza sono chiamati ad essere qualcosa di più, essere se stessi, nella propria autenticità e unicità. L’uomo e la donna della partenza sono chiamati ad essere innanzitutto persone felici, rectius, persone vocazionalmente chiamate alla felicità. Il lavoro inesauribile di un partente, quello per il quale ha fatto tanta strada e tanto si è speso negli anni in colonia, in cerchio/branco, in reparto e fino in clan è infine questo, cercare lì, nel mondo e negli altri, il Bello, il Vero e il Buono.
Il Vero, ossia l’essenza delle cose, la loro parte più autentica, quella che a volte sta nascosta nel profondo, quel vero che non vediamo finché non abbandoniamo le comodità e, preparato lo zaino, andiamo alla ricerca lungo la Strada. La passione, la voglia di scoprire non possono che essere quelle di un viaggiatore.
Il Bello, ossia la forma che assume ciò che ci fa bene, ciò che, attraverso la forma dà coerenza e completa il contenuto. I sorrisi autentici, le gioie condivise, il Creato tutto e la capacità umana di ricordare, arrossire e non smettere mai di stupirsi. Ciò che attiene al bello riguarda il modo in cui ci lasciamo provocare dalle cose del mondo, da ciò che si vede, dai profumi, dalle musiche.
Il Buono… in realtà, sarebbe il Giusto, ma… dopo un grande interrogarmi sono giunta alla conclusione che l’Uomo e la Donna della Partenza sono coloro che cercano il Giusto, ma, cosa più importante, sanno riconoscere il Buono.
Credo infatti che ciò che è Giusto sia inevitabilmente anche Buono e quel buono non è altro che l’Amore che siamo chiamati ad accogliere e a donare, sempre, senza misura. Dove il Giusto è la misura, il Buono è l’Amore senza fine. Quell’amore che, dalla croce di Gesù, diventa davvero possibile e per sempre.
(Dalla lettera di una Capo Fuoco ad un Rover in occasione della sua Partenza.)
Chiara Piran (cicala risoluta)