EDITORIALE – Saper distinguere (discernimento)

La scelta è un elemento costantemente presente nella vita di ogni Scout a partire dalla branca L/C. Dalla Promessa di un lupetto/coccinella al progetto del Capo c’è un filo conduttore che ci porta a scegliere una pista, un sentiero, una strada o un percorso. Per definizione, la scelta comporta sempre una decisione e questa non può compiersi senza la capacità di distinguere; per i dotti, medici e sapienti la parola esatta è… Discernimento (ebbene sì, non significa “slogatura della mandibola”…)!
Raccontare il discernimento in due parole non è semplicemente possibile né lo scopo di questo editoriale. Tuttavia è possibile indicarne due elementi chiave, tratti da uno degli ultimi incontri di branca R/S in Zona Ticino Olona, nel quale Don Stefano Cucchetti (dal quale mi trovo sempre a pescare concetti a piene mani) ha di fatto semplificato la vita su questo tema spirituale piuttosto complesso, come del resto già avvenuto in passato in occasione della Route nazionale R/S 2014.
Il primo elemento da ricordare è che la capacità di distinguere non è mai una scelta che coinvolge solo la persona che… discerne; comporta sempre il confronto tra il pensiero di chi deve operare una scelta e l’opinione, il messaggio, l’esperienza delle persone con cui è in relazione: la scelta squisitamente personale, soprattutto se derivante da un “accumulo” che ci porta ad arrancare faticosamente (stanchezza, stress) per concludere con un “…Adesso basta: reset! D’ora in avanti farò così…” non è mai discernimento. Anzi, ne è l’esatto opposto: la capacità di distinguere è figlia della capacità di ascoltare, la separazione netta tout-cours tra la situazione che ci opprime e il percorso futuro implica, invece, una chiusura. Solo un confronto aperto, sincero e onesto con le persone con cui siamo in relazione, compresi noi stessi (chi si è allenato da tempo nell’arte del saper distinguere riesce a fare questa disamina perfino da solo, ma si tratta di maestri del discernimento, tendenzialmente oltre la portata dello Scout medio) e questo ci porta al secondo punto: la capacità di ascoltarsi.
Per ascoltare la propria voce in totale onestà e a dispetto di tutto, ci vuole una considerevole dose di coraggio. Un esempio, riportatoci da Don Stefano, vale più di mille parole. In buona sostanza, a una ragazza attiva in parrocchia e in oratorio, convinta credente, viene chiesto di suonare la chitarra alla Messa del sabato sera perché se non suona lei nessun altro potrà farlo. La ragazza è fortemente combattuta tra il senso del dovere e l’accumularsi di oneri e impegni che già gravano su di lei. Confidatasi col suo Padre spirituale, il disagio che prova sembra estendersi alla preghiera (alla quale da un po’ riesce a dedicare sempre meno tempo e con maggior fatica), alla relazione con sua madre (le cui richieste in casa sembrano sempre maggiori e pressanti), alla mancanza di supporto da parte del Padre (il cui esempio ai suoi occhi, però, è sempre stato del Cristiano “modello”, tanto da non essere messo in discussione). Alla domanda che pone dubbi sulla sua scelta di Fede risponde sempre difendendo a spada tratta la propria Cristianità sulla quale non mostra di avere alcun dubbio. Tagliando corto sull’evoluzione del dialogo tra i due, saltando direttamente all’epilogo e semplificando molto, emerge una Fede auto-imposta, figlia di un’accettazione di quanto propostole senza mai darsi il beneficio del dubbio e, probabilmente, della paura di scoprire una risposta che la portasse su una strada diversa da quella che sta seguendo, ovvero una scelta senza distinzione. Il vero credente si pone sempre dei dubbi per poter verificare, nel puro senso del termine, la propria fede. Quando chiedevano a Sant’Agostino se fosse meglio che un uomo fosse santo oppure intelligente, egli propendeva sempre per l’uomo intelligente: “…chi è intelligente davvero, santo ci diventa per forza”.
E noi scout? Abbiamo la fortuna di seguire un cammino che ci porta, nella nostra scelta, a metterci in relazione con i nostri pari, i nostri fratelli più giovani e i nostri capi in modo da guidare con piena cognizione di causa la nostra canoa. Buttarsi con coraggio in quest’avventura, gettando come sempre il cuore oltre l’ostacolo, è semplicemente quanto ci viene richiesto.
Giacomo Verneau