Buongiorno cari amici ed amiche e bentornati ancora una volta sulle pagine di Generazione X.
All’inizio, pensavamo che quella sarebbe stata una giornata di febbraio come tante altre. Un inverno ormai sempre più mite ci permetteva di muoverci liberamente per le strade senza preoccuparci troppo del nostro vestiario, al punto che la nostra più grande preoccupazione era impedire che i ragazzi si perdessero, o che evitassero di ferirsi mentre raccoglievamo l’immondizia lasciata lungo la strada. Ma il destino continuava a tessere la sua tela e, mentre ci dissetavamo passandoci l’un l’altro un unico bottiglione di Coca-Cola offertoci dal ristorante di fianco, gesto che non pensavamo sarebbe presto diventato un lusso, arrivò: non con l’assordante suono di sirene d’emergenza o col rombo di eventuali aereoplani nemici ma attraverso le brevi esplosioni dei suoni sintetici dei cellulari, messaggi da parte delle istituzioni, ma molto più spesso di amici e parenti, che ci avvisavano di come la quarantena fosse iniziata.
Tutti a casa, porte chiuse e finestre ben pulite perché, per molti, il mondo lo si sarebbe potuto vedere solo attraverso quel vetro, o quello delle televisioni, per un tempo ancora non meglio definito.
Questo testo (da leggere con in sottofondo la colonna sonora principale di Terminator) è una narrazione volutamente esagerata, che però aiuta a rispecchiare come mi sono sentito, quel fatidico 23 febbraio, quando la Lombardia subiva per prima quelle necessarie misure di contenimento che presto sarebbero state estese a tutto il paese, ed in particolare credo che tutti abbiano avuto un momento come il mio quando, mentre mi mettevo uno scarpone pronto a tornarmene a casa prima del previsto e riflettevo su cosa avrei fatto il giorno dopo, mi sono reso conto che tutti i miei impegni futuri erano inevitabilmente saltati, cancellati o messi in dubbio da un futuro che appariva di un’incertezza così profonda da essere avvolgente e così imperscrutabile da suscitare sentimenti di tranquillità e rassegnazione, piuttosto che di paura.
Altra prova dell’universalità delle mie sensazioni è come da qualche mese per definire quegli impegni che ormai sono solo un ricordo, dico che dovevano accadere ma “poi è finito il mondo”. “Avevo appena comprato una bella camicia nuova per gli scout… ma poi è finito il mondo”, “Sarei dovuto andare alla fiera del fumetto ma è finito il mondo”. All’inizio era una sciocca frase che usavo per rendere il mio vocabolario più interessante, ma la cosa che davvero mi ha stupito, e che ha reso questa frase parte del mio vocabolario comune è che le altre persone spesso capivano, senza bisogno di ulteriori spiegazioni, esattamente di quale periodo stessi parlando.
E questo, in realtà, un po’ mi rallegra e mi dà speranza. Quando si parla di post-apocalittico vengono in mente le immagini del videogioco di Fallout, e dei film di Mad Max o di Ken il guerriero, ma la verità è che un periodo post-apocalittico l’umanità l’ha già vissuto: era il medioevo e, benché nessuno vorrebbe augurarsi di vivere nel medioevo, è stato comunque un periodo in cui la popolazione europea è riuscita a sopravvivere nonostante le immense difficoltà, ed è stata un’epoca che si è rivelata fondamentale per gettare le basi delle nazioni moderne prima di finire: anch’essa con la sua piccola apocalisse della peste del ’1300-’1400 che, e non è un caso, coincide con l’inizio del rinascimento.
Non lo so se ci troviamo davanti ad un nuovo medioevo o ad un nuovo rinascimento, e la verità è che nessuno può saperlo, ma quello che so è che, comunque nel rispetto di tutte le normative, possiamo finalmente tornare a muoverci e ad incontrarci, a celebrare le nostre tradizioni scout e a condividere noi stessi col mondo. Insomma, siamo persone diverse di quelle che eravamo il 22 febbraio, e, credo, migliori. Ora siamo consapevoli di quanto difficile sia rimettere in sesto il clima del nostro pianeta che noi stessi abbiamo danneggiato, considerando che mesi di isolamento e stop alle macchine hanno appena scalfito il livello di inquinamento prodotto dalle fabbriche. Adesso siamo anche più consapevoli di quanto tutti quei lavori che definiamo “umili”, siano in realtà essenziali per il funzionamento della nostra società e meritevoli, di conseguenza, di rispetto e di diritti migliori. Siamo più consapevoli di quanto alcuni propagandisti siano disposti a giocare con la stessa vita umana solo per ottenere consensi e, spero, siamo ora anche meglio capaci di empatizzare col prossimo, ora che sappiamo cosa vuol dire vivere un’esperienza quasi traumatica.
Spero che siamo, come ho detto prima, persone migliori, e sono queste le persone che, credo, riusciranno a lasciare il mondo un po’ migliore di come lo hanno trovato.
Io cercherò di fare altrettanto, non deludetemi.
Tricheco Birbante