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The next generation

Buongiorno amici ed amiche e bentornati ancora una volta sulla nostra rubrica di Generazione ***.
Spero che il Manzoni vorrà perdonarmi se rubo la sua tecnica per non rivelare le informazioni, ma mi sembrava un metodo interessante per porre una domanda: di quale generazione stiamo effettivamente parlando?
Col tempo questa rubrica è finita col trasformarsi in un “cantuccio dell’autore” dove l’autore, cioè il sottoscritto, ha dato la sua opinione sulla vita scoutistica e sulle tematiche trattate nei rispettivi Tuttoscout. Tutto questo, si spera, senza aver mai annoiato i mie gentili 25 lettori.
Ma lo scopo iniziale della rubrica non era questo. Non proprio almeno. Quando, ormai quasi dieci anni fa, mi fu proposto di gestire questa rubrica, l’idea era di avere un posto dove poter vedere come veniva vissuta la realtà scout da un giovanotto del reparto.
Una rubrica integralmente dedicata alla gioventù insomma. Se poi il sottoscritto sia stata una buona scelta per rappresentare un’intera generazione, è una questione la cui risposta lascio ai lettori.
All’epoca il titolo della rubrica mi pareva solo un modo più interessante ed a tratti fantascientifico per indicare una generazione qualunque, proprio come la X può indicare, in matematica, una qualunque incognita.
Con mia grande sorpresa ho poi scoperto che la “Generazione X” è invece una vera e propria generazione. Per la precisazione quella generazione nata tra il 1963 ed il 1980, che ha vissuto la caduta del muro di Berlino e dell’Unione sovietica, la consacrazione degli Stati Uniti come superpotenza mondiale e la nascita di MTV.
Quindi non solo mi trovo a rappresentare un’intera generazione, ma tecnicamente neppure sto rappresentando la generazione a cui appartengo, ovvero quei Millennials che ora vanno tanto di moda. Nati tra gli anni ’80 ed il 2000, sono considerati super-tecnologici, intraprendenti, refrattari ai più tradizionali mezzi di comunicazione. Sempre connessi ma anche inguaribilmente bamboccioni ed in ultima istanza forse inevitabilmente perduti in seguito alla crisi economica iniziata nel 2008.
In prima istanza mi sono sentito un po’ giù di corda nel vedere che l’intera vita di migliaia e migliaia di individui (me compreso) fosse già stata sterilmente analizzata e catalogata da fior fiori di esperti, molti dei quali al lavoro già da quando io avevo appena tre anni. Ma il tema di questo Tuttoscout, cioè il crescere e la crescita, mi ha spinto a riflettere più approfonditamente su cosa voglia dire essere parte di una generazione e, statistiche su quanti soldi io ed i miei più o meno coetanei spendiamo in tecnologia ed imbarazzanti documentari a parte, credo che il fatto più importante che unisca gli individui facenti parte di una determinata generazione siano le esperienze comuni.
Quello che davvero ci rende unici, che ci permette di essere individui con opinioni profondamente diverse nonostante la data di nascita sfasi solo di un paio d’anni, sono i modi in cui ciascuno di noi ha reagito a quelle esperienze comuni.
Ed è questo che vuol dire crescere. Avere nuove idee e nuovi punti di vista sul mondo a partire da quanto ci avviene e rifletterci sopra.
Non so quali saranno le sfide e le esperienze che vi caratterizzeranno, giovani generazioni che solo ora vi affacciate alla storia, ma già da adesso vi dico che, se state leggendo questo giornale, ho speranza e fiducia in voi perché finché rimarrete scout, non solo con la divisa ma di mente e d’attitudine, so che non chiuderete mai la mente alle sfide che l’inesorabile marciare della storia vi porrà davanti e, quindi, non smetterete mai davvero di crescere.
Se questo articolo v’è piaciuto, vogliate un po’ di bene a chi l’ha pubblicato ed a chi scritto. Se invece mi fosse riuscito d’annoiarvi, sappiate che non s’è fatto apposta.

-Tricheco Birbante

Realizzate la vostra ARCA, ogni giorno

Scegliendo di prendere la partenza, qualche mese fa ragionavo su cosa implicasse “partire” e “essere pronti a servire”. Alcune delle conclusioni che mi hanno spinto a intraprendere la strada del servizio all’interno del gruppo sono le stesse che cerco di mettere in pratica ogni giorno, seguendo l’esempio della mia famiglia. Il film “Un’impresa da Dio” ci regala un insegnamento molto prezioso: “Il mondo si cambia con un gesto di reale e cortese affetto alla volta”; in inglese l’acronimo porta alla parola ARCA, che spiega il compito affidato al protagonista all’inizio del film. Questa massima è stata per me fondamentale durante il cammino di partenza, e lo rimane tutt’ora nella mia vita. Non bisogna mai sottovalutare quello che si può fare quotidianamente per gli altri. Stupirsi ogni giorno, per i gesti anche piccoli e le cose quotidiane è la base di ogni sogno. Bisogna sempre cercare di sorridere perché non si sa mai a chi possa servire il nostro sorriso e quanta distanza esso possa coprire. Pensate: siamo uomini, animali sociali, viviamo in grandi città brulicanti di anime, di persone, non donare ogni giorno anche solo un sorriso ci renderebbe molto più simili a ingranaggi che a esseri umani. In fondo donare amore, perché è di questo che si tratta, a noi cosa costa? A volte un abbraccio, a volte chiedere “Come stai?” e ascoltare la risposta, a volte perdonare. È incredibile pensare che proprio da un piccolo gesto, il mondo possa iniziare a cambiare davvero; eppure incominciando il mio servizio, nulla mi è parso più vero. Al momento della scelta mi sembrava tutto abbastanza chiaro: volevo essere testimone dei valori scout e cristiani nel servizio verso il prossimo. Poi sono entrata in contatto coi ragazzi, con il loro esuberante e strabiliante mondo e ho iniziato a capire verso dove stavo “partendo”. C’è una differenza abissale tra l’essere pronti ad amare e servire guardando le cose da fuori campo, e il giocare la partita di persona. La scelta, quella vera, la viviamo ogni giorno: la sfida sta nell’usare il cuore in ogni occasione che ci si presenta durante la giornata. Bisogna amare, e poi amare di nuovo; cercare sempre nuove avventure, rischiare, produrre cambiamento e una volta fatto ciò condividere la gioia che ne deriva con chi ne ha meno. È necessario donare senza ripensamenti e senza preoccupazioni, consci del fatto che il bene, prima o poi, germoglierà nell’altro e darà frutto.

-Giorgia Broggi

Un bilancio in amicizia

Al termine di un anno scout particolarmente intenso e unico (in tutti i sensi) mi sembra giusto trarre qualche conclusione e condividerla con voi lettori.
Non sono abituato a tracciare dei bilanci, nonostante sia abituato a guardare il presente tramite passato, ma proverò comunque a capire ciò che per me ha reso questo anno così speciale.
Se penso ai primordi, ossia quando ancora il noviziato era solo un’idea che a poco a poco si avvicinava e che si sarebbe concretizzata dopo aver varcato il ponte, devo dire che tutti i miei pensieri relativi a un futuro ignoto che mi faceva paura sono crollati.
Temevo più di ogni altra cosa che l’ambiente caldo e accogliente che aveva il reparto sarebbe svanito per sempre, poiché non sapevo come avrei vissuto questo anno, ma soprattutto non sapevo con chi lo avrei vissuto (non ignoravo chi fossero gli altri suoi membri, ma non avevo con loro un rapporto così stretto come lo ho adesso).
Dopo poco tempo questo timore è svanito: ho imparato da questo che l’ignoto non deve fare paura, ma che semplicemente deve essere scoperto.
Un’altra caratteristica particolare che ha contraddistinto questo anno è stato l’approccio al servizio. Devo dire che forse questa era la parte che più aspettavo prima di passare.
Ho fatto le cose più diverse, dallo smistare mutande a giocare a calcetto con dei ragazzi, ma la cosa che sempre mi ha trasmesso l’aiutare gli altri è stato capire che attraverso il servizio che davo a qualcuno o per qualcosa rendevo felice qualcuno che magari felice non lo è mai stato.
Attraverso il servizio sono riuscito, come B.-P. e il mio prof di filosofia dicono, a rendere il mondo un po’ migliore di come l’ho trovato, e questo è stato molto gratificante, perché fino a poco tempo fa lo credevo impossibile.
Ripensando inoltre a quello di cui avevo paura, cioè non trovarmi particolarmente bene con i membri della comunità nella quale sarei malauguratamente finito, posso con tranquillità affermare che tutti i dubbi e i pregiudizi che nutrivo nei loro confronti sono stati sciolti nei primi 10 minuti di vita del noviziato.
Temevo di risultare arrogante, antipatico, altezzoso e mille più pregiudizi che affibbiavo anche agli altri.
Per fortuna mi sbagliavo.
Sarà perché il reparto non era più la forma di comunità adatta alla mia età e alla mia mentalità, sarà perché ho trovato persone particolarmente amichevoli (sto sopravvalutando il contenuto di questa parola), ma ora posso senza dubbio dire che le amicizie che si sono create in questo anno sono molto profonde e saranno parecchio durature.
Non è facile arrivare all’alba dei diciassette anni ed essere legati alle persone così fortemente: credo che sia l’ambiente scout in sé, sia la comunanza di interessi e idee che ho con loro abbiano giocato un ruolo fondamentale nel creare questi legami così forti.
Questo anno è stato per me anche un passaggio fondamentale per capire chi sono e che cosa voglio dalla mia vita scautistica (per la mia vita in generale ci sto ancora lavorando, ma siamo a buon punto!).
Per la prima volta, libero dagli affanni dei giochi e dall’avventura, ho potuto affrontare serie riflessioni su chi sono, cosa penso e perché.
Questo è stato davvero importante per me, abituato ad analizzare problemi e situazioni, ma mai ad indagare con serietà colui che indaga, che alla fine si rivela essere qualcuno che non si aspettava di essere quello che è.
In più occasioni ho sperimentato, oltre al servire, anche il “buona strada”: ne abbiamo fatta davvero molta in molti modi diversi, e credo che sia stato un modo per confrontarmi e condividere aspetti positivi e negativi del cammino, metaforico e non.
Una delle parti più belle (per me, meno per coloro che mi circondavano) è stata concretizzare una delle frasi a me più care: canta e cammina.
Non dimenticherò facilmente questo cantare, né dimenticherò questi momenti.
Difficilmente dimenticherò il mio anno in Noviziato.

-Dromedario esilarante

ndr: questo articolo era già stato pubblicato su di un precedente Tuttoscout e per errore ripsoposto sul passato numero 157. Ciononostante noi dela redazione crediamo che il tema dell’articolo ben si combini con l’argomento di questo numero, ed abbiamo quindi deciso di riproporlo anche qui.

Lo scoutismo, in fondo in fondo, è una ribellione

La vita cresce e nella vita cresciamo. Anche lo scoutismo cresce insieme a noi e grazie a noi da quando Baden Powell lo ha inventato.
Mi piace il fatto che questa sia la giornata del “pensiero” e non, semplicemente, del “ricordo di BP” perché non ci si ferma solo a contemplare quello che lo scoutismo è stato, ma si pensa a quello che lo scoutismo è e può essere.
Lo scoutismo è cresciuto e, come tutte le persone o le cose che crescono, è ancora lui. Ha lo stesso sangue, la sessa anima, ma si è trasformato insieme al mondo di cui fa parte.

Possiamo guardare alla storia (e alle “storie”) dello scoutismo: le staffette dell’assedio di Mafeking, i giovani esploratori con i moschetti durante la Grande Guerra, i ribelli che espatriavano i ricercati durante la “Giungla Silente”, i rover e le scolte a seppellire i morti a Longarone o a spalare il fango nel Polesine… Sono questioni che non si celebrano e basta, ma che servono a farci pensare (think, appunto) e a farci chiedere “Se nel 1916 a tutti pareva sensato mettere un fucile in mano ad un esploratore e se nel 1963 pareva sensato utilizzare giovani appena maggiorenni per operare in caso di calamità senza alcuna formazione specifica o corso di sicurezza… che cosa ha senso oggi?”

Riguardando a quello che facciamo oggi tra vari anni si penserà “Quelli erano dei matti” o “Quelli erano davvero in gamba”? Forse tutte e due le cose…
Dopotutto lo scoutismo è un’idea folle, e buona deve essere la dose di follia di chi vuole portarlo avanti. Pur con le sue leggi, regole, metodi, gerarchie e concetti lo scoutismo ha nel profondo qualcosa di altamente anticonformista. Probabilmente ora più di prima.
Se l’adolescenza è l’età della ribellione, allora lo scoutismo è, per la sua costante ricerca di libertà, l’adolescenza delle istituzioni educative.

Che senso ha, la domenica, lasciare una casa calda e comoda per addentrarsi in un bosco sotto la pioggia, trovare una radura tra i rovi e, sotto un rifugio improvvisato, consumare un panino?
Che senso ha rimettersi in cammino nel fango mentre la pioggia diventa nevischio e cantare alla ricerca di un posto buono per un nuovo gioco?
Non è forse il non voler essere “schiavi” dei capricci del meteo? Non è l’essere slegati, anche solo per poche ore, da quelle comodità che ci sembrano indispensabili?
Crescendo in questa ribellione di pace impariamo ad andare contro a tutto… per andare incontro a tutti. Ci liberiamo da quello che non ci serve per meglio servire.

Così prendersi per mano in centro alla città, circondati dagli occhi della gente, pronunciare un impegno, una promessa, parlare di onore e, umilmente, chiedere l’aiuto di Dio è un sereno gesto di rivolta. Di crescita…

-Enrico Gussoni

Crescere

Tutti cresciamo, in ogni momento.
Per esempio, quando entri a scuola per la prima volta sei timido. Poi pian piano, crescendo, impari a conoscere i tuoi compagni e sei sempre meno timido.
Crescendo impari sempre più cose, e queste cose ci aiutano a crescere di più.
Diventare grandi è imparare tante cose e impegnarsi non solo a fare quello che più amiamo. Quindi tutti noi piccoli e grandi, dobbiamo impegnarci a crescere e diventare più bravi in qualcosa.

-Alessandro Volpi

I cambiamenti del futuro

Io non ho mai pensato veramente al crescere ma per me è questo: Secondo me quando io crescerò io cambierò, intendo dire che non sarò la stessa di oggi: cambierò di statura, di gusti, di comportamento e soprattutto di emozioni e magari un giorno sarò felice e un altro triste.
Crescere non vuol dire essere popolari ed essere uno dei migliori, solo perché l’amico o l’amica si vuole comportare da stupido\a ma vuol dire prepararsi per il futuro, quindi non pensare che sia tutto facile nella vita perché non è così: bisogna impegnarsi e darsi da fare, ma anche divertirsi.
Ora quando siamo bambini non pensiamo a tuti i compiti e i problemi che un adulto affronta, ma un giorno toccherà a noi fare tutti i lavori e ci sentiremo stanchi di farli e ci sarà qualcuno che si arrenderà e diventerà povero e chiederà l’elemosina. Ma da grande si potrà conoscere la vita, le persone, i posti dove non si è mai stati. Si potranno fare cose magnifiche col cuore, l’armonia, e la famiglia. La vita può essere bella quanto avere delle avventure belle e brutte. Il crescere magnificamente in armonia e felicità con la propria famiglia è una cosa stupenda anche se la famiglia non è la tua. Quando si cresce nel proprio cammino con sé si deve sempre portare la fiducia, la gioia, essere altruisti, essere umili, avere amicizia, avere cura in se stessi, aiutare gli altri, ascoltare, aprire bene gli occhi e per finire avere tanto amore da condividere. Io ho capito che crescerò. Come non lo so ma farò del mio meglio.

-Alice Fazio

Arredatori d’idee

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Questo Tuttoscout vuole essere dedicato ad un argomento col quale siamo costretti a fare i conti fin dal momento stesso in cui ci affacciamo alla vita. Anzi, ci scontriamo con esso da prima ancora: la crescita.
Naturalmente la crescita è quella capacità che abbiamo noi umani di diventare fisicamente sempre più grandi e forti finché, arrivati ad un certo punto, la parola “crescita” non funziona più, e si inizia ad invecchiare.
Detto così sembra tutto molto semplice, ed in effetti dal punto di vista scientifico non c’è molto da aggiungere, ma purtroppo per voi amanti delle scienze questo Tuttoscout non vuole essere un numero dedicato alla biologia, quanto piuttosto agli aspetti psicologici del crescere che, purché rimanga intatta la curiosità giovanile, non invecchiano mai.
L’unica costante del crescere, infatti, è il continuo desiderio della persona di osservare quanto avviene oltre i propri confini. Se un neonato si rende conto solo della propria esistenza, un bambino inizierà ad imparare che esistono altre persone oltre a lui e come rapportarsi con loro ed infine un adolescente vedrà aprirsi davanti a lui un mondo intero fatto di pulsioni, responsabilità, amicizie, antipatie ed ogni sorta di complicata relazione interpersonale che rende l’adolescenza un’età tanto speciale.
Ma davvero quello è l’ultimo stadio della crescita? Possibile che l’età adulta sia solamente una lunga, talvolta tediosa risposta ai diversi stimoli che abbiamo interiorizzato durante le nostre esperienze passate?
Molti credono, e quasi tutti sperano, che la risposta sia no. Gli scout, però, compiono un passo in più: fanno in modo, col loro operato, che la risposta sia no.
Smettere di crescere a livello mentale non è obbligatorio, ma richiede indubbiamente uno sforzo. Del resto il tranquillo cantuccio in cui viviamo, con le persone che conosciamo e le idee che condividiamo, è stato costruito da noi e per noi con tanto impegno. A che scopo rischiare di romperlo?
Qui però sta la forza della nostra associazione, che non solo propone di avere una mente aperta e sempre pronta alle nuove esperienze, ma soprattutto ci chiede di fare le cose assieme: assieme agli altri capi della Co. Ca, assieme alla nostra staff, assieme ai ragazzi e, perché no, altre volte ancora assieme a perfetti sconosciuti. Anche il più timoroso, o il più statico nelle proprie convinzioni, non può fare a meno di aprirsi a delle nuove esperienze quando vede che tutti quelli intorno a lui lo stanno facendo.
E, come il proverbiale elefante in cristalleria, quando delle nuove idee o delle esperienze speciali entrano nella testa di qualcuno è impossibile farle uscire senza fare a pezzi quanto già si trovava dentro la nostra testa.
Ed a noi, rasseganti proprietari di queste teste sconquassate, non resta che cercare di rimettere tutto a posto, riordinando le idee e riflettendo su quanto abbiamo appena vissuto, costringendoci a cambiare la loro disposizione in base alle nostre nuove esperienze per poi renderci conto che sì, quel bell’angolino che ci eravamo costruiti con tanta fatica non esiste più; ma non è andato perduto, si è soltanto evoluto.
Si spera, in meglio.

-Filippo Mairani

HANNO LASCIATO UNA TRACCIA – Folke Bernadotte

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Ritorna la rubrica che racconta di quegli scout che hanno lasciato una traccia sul proprio percorso particolarmente preziosa e tangibile.

Folke Bernadotte conte di Wisborg (Stoccolma, 2 gennaio 1895 – Gerusalemme, 17 settembre 1948) è stato un politico, diplomatico e filantropo svedese, noto per aver negoziato e ottenuto la liberazione di circa 31.000 prigionieri dai campi di concentramento tedeschi durante la seconda guerra mondiale. Dopo il conflitto, inviato come mediatore dalle Nazioni Unite nella controversia israelo-palestinese, fu ucciso da un gruppo sionista nel 1948 a Gerusalemme.
Figlio del conte Oscar Bernadotte e nipote del re Gustavo V di Svezia, si iscrisse come ufficiale di cavalleria alla scuola militare di Karlberg. Fu nominato tenente nel 1918 ed in seguito arrivò al grado di maggiore.
Lui e sua moglie, Estelle Manville (1904-1984), furono molto attivi nello Scautismo e nel Guidismo. Bernadotte fu direttore dell’organizzazione scout svedese (Sveriges Scoutförbund) a partire dal 1937. Allo scoppio della seconda guerra mondiale si adoperò per integrare gli scout nei piani di difesa svedese, addestrandoli come assistenti medici e nella difesa antiaerea.
Fu vice presidente della Croce Rossa svedese dal 1943, e presidente nel 1946.
Durante la guerra si dedicò al soccorso degli internati civili in Germania per conto della Croce Rossa Internazionale. Riuscì a salvare circa 15.000 persone dai Campi di concentramento, compresi migliaia di ebrei. A tale scopo si incontrò nel marzo 1945 con Heinrich Himmler ottenendo che i prigionieri civili norvegesi e danesi potessero essere trasferiti in Danimarca.
Negli ultimi giorni di guerra trattò con Heinrich Himmler alcune condizioni della resa nazista; gli Alleati non diedero ascolto a queste proposte ed il precipitare degli eventi rese inutile la mediazione di Bernadotte. Subito dopo la guerra si adoperò a favore della popolazione civile tedesca e soprattutto dei bambini, nelle gravissime condizioni che si erano create con il crollo dello Stato tedesco.
Nel maggio del 1948 fu inviato dall’ONU in Palestina come mediatore fra gli Arabi e gli Israeliani in guerra. Riuscì per due volte a imporre ai contendenti una tregua ma fu assassinato in territorio israeliano, durante la seconda tregua, dalla banda Stern, un gruppo di terroristi della destra sionista israeliana che già avevano ucciso l’Alto Commissario britannico, Lord Moyne al Cairo, meritandosi dal Primo Ministro britannico Winston Churchill l’epiteto di “nazisti”. La banda Stern era stata integrata nelle Forze di Difesa Israeliane pochi mesi prima, e l’assassinio di Bernadotte fu una delle ultime operazioni del gruppo.
Dopo la sua morte, avvenuta il 17 settembre 1948, le ostilità furono riprese per la terza volta e durarono fino al 10 luglio 1949.

Scegli il bene… con gioia!

Ci complichiamo le cose, adesso! Non bastava quest’anno chiederci di “scegliere il bene!”, questo avvento ci chiede anche di sceglierlo con il cuore che esplode per la felicità!
Non credere che basti spendere tutte le energie a disposizione di te stesso per metterti in gioco, per dire da che parti stai. A noi scout, oggi, ci è chiesto di farlo ancora meglio: con il sorriso nel cuore!

Credici, fa tantissima differenza! Un sorriso sulle labbra contagia, ma quando si capisce che la gioia arriva dal “di dentro”, allora tutto cambia: abbiamo scoperto che chi ci sta davanti ha fatto strada insieme a Gesù, e ha scoperto il sentiero che porta alla Felicità! Cerchiamo insieme cuori contenti!
Cosa vedrà di noi, allora chi ci incontrerà? Quali parola ascolterà da noi chi ci saluterà? Volti felici e parole contente!

Eliminiamo subito i brontolamenti, le lamentele, le “menate” inutili! Se faremo così, diventeremo dei trasmettitori di gioia, dei ripetitori di felicità, delle antenne per la serenità! Saremo una “casa accogliente”, che forse convincerà qualche Muso Lungo a cambiare faccia!

Quali sono gli ingredienti per questa impresa? Dai, da scout li conosciamo già: fraternità nella comunità, capacità di alleggerire le forme di chiusura e maldicenza, non rimanere mai inattivi o passivi, cercare di essere sempre accattivanti e coinvolgenti! L’animazione, il divertimento, la spontaneità, l’amicizia e la condivisione possono davvero cambiare le cose, in Bene, in Meglio!

Don Claudio

Fare il bene è una forma di privacy

Immaginate, per un solo istante, di trovarvi catapultati nel vostro quiz Tv preferito. Intorno a voi centinaia di facce mai viste vi scrutano e giudicano mentalmente la vostra performance. Il loro sguardo perforante, misto ai riflettori puntati su di voi vi fa sentire sempre più accaldati.
Dopo qualche istante la vostra attenzione viene catturata dal conduttore. “Ansioso di essere arrivato fino all’ultima domanda?” vi chiede, con quel sorriso di chi la sa lunga.
Qualche altra frase di circostanza e poi, ecco finalmente svelata la domanda da un milione di euro.
È una domanda un po’ speciale, però. Anziché essere una domanda di conoscenza generale o una curiosità popolare, è una domanda estremamente più personale: “hai trovato un portafoglio per terra pieno di soldi: cosa fai?”
Tra le risposte ce n’è una che suona perfetta: “lo restituisco al proprietario”.
Dopo un breve silenzio, forse più per riaversi dell’emozione di essere arrivati fin lì che per indecisione, scegliete senza esitazione la risposta… facciamo che quella fosse la risposta “B”.
Avete scelto B, ed avete azzeccato, una musica trionfante inizia a suonare, luci stroboscopiche illuminano l’oscurità e coriandoli cascano dal soffitto. Il conduttore si congratula con voi “Non è stato tanto difficile, no?”
Ora cambiamo scenario.
Siete sempre voi il protagonista, ma questa volta il portafoglio, sempre naturalmente imbottito di soldi, lo trovate sul marciapiede proprio mentre state tornando a casa a piedi, stanchi ed infreddoliti dopo una lunga giornata.
Cosa fare? Lasciare il portafoglio sulla strada, considerando che magari il proprietario verrà a cercarlo più tardi? Cercare se c’è un qualche negozio nelle vicinanze e chiedere ai commessi se il portafoglio è di un cliente? Andare direttamente alla polizia? Oppure, perché no, tenerselo? In fondo chiunque possa permettersi di portare in giro così tanti soldi ne avrà sicuramente altrettanti a disposizione.
Il tempo passa, le temperature calano sempre di più e voi siete per strada, completamente da soli, a dover compiere la vostra scelta.
Ed è proprio lì che vi lascerò. Non farò compiere al vostro personaggio alcuna scelta.
La seconda situazione è decisamente la più realistica dei due esempi, ma non solo nel senso che probabilmente ci è già capitato di avere a che fare con un bene prezioso (proprio un portafoglio) smarrito e dover decidere come e se restituirlo.
La seconda situazione è più realistica nel senso che quando il destino ci pone a dover scegliere se fare o meno il bene, spesso la fa in una situazione del tutto anonima.
La scelta del bene, infatti, quasi mai comporta grandi acclamazioni o un pubblico pronto a complimentarsi con noi per la scelta appena compiuta. A volte non comporta neppure un ringraziamento e, sicuramente, scegliere il bene non è mai facile come azzeccare la risposta giusta su quattro opzioni.
Eppure, proprio per tutte questa limitazioni la scelta del bene appare, a mio avviso, incredibilmente allettante. Spesso quando si sa che si verrà premiati si compiono certe cose proprio in vista del premio, ma in questo caso il compiere una buona azione è già di per sè il premio.
Assieme alla speranza, per i più ottimisti la consapevolezza, che quel bene non potrà far altro che generare altro bene. Anche se noi magari non riusciremo mai a vederlo.

Tricheco Birbante