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Il noviziato: l’anno della scelta

Il Noviziato, come è noto, è un anno di passaggio tra il reparto ed il clan. Quest’anno è stato introdotto proprio per permettere all’adolescente di riflettere e decidere se la scelta scout, che è stata fatta in primo luogo dai suoi genitori quando era bambino, può essere fatta da lui in prima persona quando è ormai un adulto.
Certo, è vero che anche il lupetto/coccinella e l’esploratore/guida fanno la promessa, ma la consapevolezza di un bambino di 8 anni o di un ragazzo di 12 non è certo quella di un diciassettenne che chiede di unirsi al clan. I nostri capi ci hanno spiegato che tutte le attività che svolgeremo quest’anno sono finalizzate a farci capire se il percorso scout è adatto a noi oppure no. Infatti a Novembre una delle nostre prime attività è stata un incontro con Don Claudio e insieme abbiamo parlato della famiglia. Ognuno di noi ha espresso le sue riflessioni facendo riferimento alla esperienza personale ed il Don ci ha aiutato a capire in profondità il senso di questa struttura sociale così importante nella vita di ogni uomo. In un altro pernotto invece abbiamo riflettuto sul rapporto uomo-donna insieme ai nostri capi.
Questi argomenti possono sembrare un po’ noiosi ma io credo che invece sia fondamentale prenderci alla nostra età del tempo per riflettere su cose che alla fine determineranno la nostra felicità futura perché la famiglia e l’amore sono essenziali nella vita di ognuno. Ma che c’entra questo con la scelta scout? Io ritengo che un ragazzo non vada semplicemente agli scout ma sia uno scout e che quindi la vita faccia parte degli scout e gli scout facciano parte della vita.
Se quindi a Maggio decideremo di unirci al clan non staremo semplicemente decidendo come trascorrere i nostri sabati e le nostre domeniche ma staremo anche scegliendo quali uomini e quali donne vogliamo essere. Tutta la vita degli uomini, visto che siamo dotati di libero arbitrio, è infatti una continua successione di scelte ed è intuitivo che tra il male e il bene è meglio il bene. Sinceramente credo che essere uno scout sia un bene perché da quando sono scout sono più felice rispetto a prima e ciò che ci rende felici deve per forza coincidere con il bene.

Giacomo Droghetti
Valerio Filippi

Riflessione sull’educazione

La vera educazione è un sistema di aiuto a doppia entrata nel quale quelli che hanno fatto la scelta di mettersi al servizio dell’uomo e della sua promozione devono anzitutto accettare il principio che non esiste la crescita dell’educando disgiunta da quella dell’educatore, che entrambi sono inseriti nel processo in cui evolversi è sinonimo di vita e il cui stabilizzarsi è inequivocabilmente segno di recessione e, infine, che tutto ciò che per l’uomo ha consistenza, solidità, durata resistenza all’usura ed alla routine nasce dall’interno in funzione dei quali l’educando e l’educatore sono entrambi e separatamente protagonisti. Un sistema di interdipendenza basato sul principio dell’autodeterminazione.

Vittorio Ghetti

Da “R/S Servire” n.4, 1971

Il governo del Branco

Negli ultimi giorni prima del Referendum Costituzionale che ha monopolizzato le cronache italiane e contagiato perfino quelle estere, mi sono trovato a ricordare un’attività che feci da lupetto.
Una domenica pomeriggio il nostro branco giocò “al governo”. Non mi ricordo tutto nei particolari ma funzionava più o meno così: ognuno poteva formare, insieme a tre o quattro persone anche di altre sestiglie, un “partito” e candidarsi alle elezioni. Il branco votava i candidati e questi governavano sostanzialmente decidendo chi doveva pagare le tasse e in che misura.
Le tasse si pagavano con soldi conquistati in vari giochi o sfide che scandivano il tempo della “vita politica”.
Ebbene alle prime elezioni della giornata vinsi e formai il primo governo con i due o tre candidati nella “lista” che avevamo formato. Ero diventato presidente del Branco Antares, o quantomeno ministro…
Giocammo, ognuno conquistò la propria paga “con il sudore della fronte” e quindi ci riunimmo per deliberare la “legge finanziaria”. Sarà che eravamo inesperti e ingenui, ma non avevamo molte idee su come si fanno queste cose, quindi andammo un po’ a sensazione: “Quelli che non hanno le calze blu pagano un soldo”. O qualcosa del genere.
Tra chi si lamentava e chi si sfregava le mani si riscosse il dovuto e si giocò un’altra manche. Dopodiché di nuovo decidemmo chi doveva pagare.
Ora non ricordo bene chi scegliemmo ma fatto sta che, alla fine, c’erano un po’ di fratellini e sorelline che avevano pagato due volte e alcuni che non avevano tirato fuori neanche un (falso) dollaro.
Non ci volle molto prima che i mormorii di disappunto si trasformassero in bisbigli negli orecchi e infine in azione. Tre lupi entrarono in mezzo al cerchio chiedendo “elezioni anticipate” per “mandare a casa” il nostro governo ingiusto. La democrazia fece il suo corso e fummo “sfiduciati”.
Molte cose si dimenticano, ma ricordo ancora bene le sensazioni che provai riprendendo il mio posto nel cerchio mentre l’ala dei vincitori festeggiava.
Innanzitutto pensavo “Uffi, ero tra quelli che decidevano e adesso dovrò fare quello che decidono gli altri”, ma più che la rabbia c’era il dispiacere del “se avessimo avuto un’altra occasione avremmo potuto fare una legge migliore. Insomma non c’era bisogno di andare alle elezioni, si poteva discuterne…”. In fondo ricordo anche un po’ il dispiacere di non essere stato all’altezza, di aver deluso.
Al turno dopo mi sembra che abbiano pagato tutti, il che è interessante.
Non ricordo poi come sia andato a finire il gioco, ma ripensandoci da capo quale sono ora riconosco che era veramente geniale, roba da esperimenti sociali ad alto livello!
Se ci pensate, infatti, si giocava di branco senza distinzioni di sestiglia, ma se era la sestiglia che alla fine aveva più soldi a vincere allora le poche regole fissate bastavano a generare un gioco davvero complesso: ogni sestiglia avrebbe dovuto, volente o nolente, collaborare con le altre alla formazione dei governi (per non essere svantaggiata e governare) con sufficiente equità da non essere “deposta”.

Penso che non sia un caso che un’attività del genere sia rimasta archiviata in un cassetto della mia mente e non cestinata come chissà quante altre che magari da bambino mi erano apparse anche più divertenti. È stato un ottimo esempio di “imparare facendo” che consiglio di provare a ripetere.

Enrico Gussoni

Un campetto di vita quotidiana

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tutto in perfetto ordine…

La settimana scorsa, dal 22 fino al 26 Dicembre, non è stata come le altre, infatti noi capi e vice del reparto Pegaso l’abbiamo passata insieme ai nostri capi, in sede. Infatti dormivamo, mangiavamo, studiavamo (talvolta), insieme. Ognuno aveva degli orari diversi dagli altri, c’era chi tornava prima da scuola e per questo cucinava oppure chi aveva pochi compiti o li aveva già terminati e si occupava di fare la spesa e di cucinare alla sera. Ci siamo organizzati in modo che ognuno di noi in tutta la giornata facesse qualcosa. Ogni sera infatti prima di andare a dormire ci riunivamo per un punto della situazione, in questo tempo si discuteva a giro degli orari del giorno seguente, di ognuno di noi in modo da organizzarsi per il meglio, inoltre si decideva le varie mansioni come: cucinare, lavare le pentole ecc… in questa settimana inoltre abbiamo anche organizzato l’attività per il weekend insieme ai capi e devo ammettere che è stato molto complicato, non pensavo che organizzare un’attività implicasse così tanta fatica e invece mi sono dovuta ricredere! Chi lo avrebbe mai detto che fare il capo fosse così difficile? Come sempre agli scout scopri che le cose che ritieni certe in realtà sono l’esatto opposto.
Un’altra cosa di questa settimana speciale è che ho scoperto che fare le cose più noiose come i compiti o pulire le pentole, fatte insieme agli altri sono divertenti. Durante questa settimana ho avuto modo di conoscere meglio il mio capo squadriglia, gli altri ragazzi presenti e infine i capi in un ambito che non è quello scoutistico ma bensì nella quotidianità. Vorrei infine dire che questa esperienza la riproporrei per l’anno venturo e consiglio agli altri reparti di fare la stessa esperienza!

Laura Merlo

Una magica trasformazione

Ciao sono Elena Venegoni, e oggi vi voglio raccontare la mia esperienza al campo.
Il campo mi è piaciuto tanto perché era qui vicino, questo ha permesso a tutti i capi di esserci nonostante lavorassero.
La casa dal fuori non mi ispirava, ma dal dentro era spaziosa, pulita e accogliente; il posto mi piaceva ma era pieno di zanzare che ci hanno lasciato delle belle punture. Del campo mi ricordo la storia della vita su San Francesco, il personaggio che mi ha colpito di più è stato il brigante, che da cattivo grazie a San Francesco è diventato buono. Poi mi ricordo la sera in cui le C. d. A. sono andate a dormire in tenda. La cosa m ha reso triste perché a breve passeranno in reparto, già sono rimasta male quando Vittoria (una cocci) è tornata per sempre in Ecuador. Il giorno dopo siamo andati in gita alla Palude Brabbia, non pensavo di camminare così tanto, è stato molto faticoso, ben 18 chilometri (ma ne è valsa la pena perché abbiamo visto farfalle variopinte, uccelli da una torretta e un fiume che attraversava la valle)! Una serata c’è stato San Scemo dove tutte noi abbiamo ballato e cantato. Io ho ballato “vorrei ma non posto” con Birtukan e Martina e siamo arrivate 2° poi con Margherita e Beatrice abbiamo ballato “Chandelier di Sia” e sempre con Birtukan ho cantato “Roma Bankok” e siamo arrivate 6°.
Il campo è stato basato su “Harry Potter” e l’ultimo giorno c’è stata la grande magia: siamo andate a letto coccinelle e al mattino ci siamo svegliate lupette. All’inizio del campo le più grandi già sapevano che ci saremmo trasformate in lupette però non sapevamo come si sarebbe svolta la cosa ma ci siamo messe d’accordo per non dire niente ai capi. A me all’inizio l’idea della trasformazione non mi è proprio piaciuta, ma poi ho pensato che l’esperienza da coccinelle è stata bellissima e quella da lupetta sarà certamente uguale. Questa è stata la mia esperienza al campo.
Ciao a tutti

Elena

Meglio un giorno da tartaruga…

Immaginate, cari amici, la scena: Hathi l’elefante, che corre nella giungla ed un grosso polverone dietro di lui. E dietro la nuvola di polvere, io, Oo la tartaruga, ancora nel lago maleodorante… “Amico! Prendi la mia zampa e usciamo fuori di qui!” Chi sei? La tua voce non mi è nuova “Ora pensiamo ad uscire da qui, ed in fretta!” Oo, che nuotava già da quasi un’ora, aveva ormai gli occhi chiusi dalla stanchezza, e solo giunto a riva con il suo salvatore, li riaprì, riconoscendo il vecchio amico d’infanzia che lo aveva appena tratto in salvo. “Oooooh, sei tu, amico Jack! Cuore di leone in un guscio verde di tartaruga d’acqua. Mio amico dalle zampe a frittella, temerario come sempre.” Grazie! E cosa ti porta in questa giungla indiana? “Jack era un vecchio amico della nostra tartaruga, insieme avevano vissuto momenti fantastici durante le vacanze estive che Oo trascorreva, ogni anno, ai laghetti verdi a sud del loro villaggio Tarta.” Sono qui, amico Oo, per conoscere Mowgli, la leggenda di questa giungla, le cui imprese coraggiose sono arrivate alle orecchie di tutti gli animali della mia amata terra. Era destino che ci incontrassimo e che io potessi darti una zampa in questo momento! “Oo, emozionato e felice di aver ritrovato un amico, gli racconta che pure lui era sul punto di conoscere Mowgli, quando è incappato in quello strano lago.” Che ne dici, amico mio, se da qui, proseguiamo insieme il cammino, alla ricerca del cucciolo d’uomo?! “
“Consideralo già fatto! Parola di Jack, la ruga dal carapace più odoroso di tutto il sud!” Già già, da lì a poco un’altra leggenda si sarebbe diffusa nella giungla indiana, dove il nuovo arrivato avrebbe lasciato una sua traccia…
I due amici si incamminarono lungo la scia polverosa che aveva lasciato l’elefante, perché da lì a poco, avrebbero visto lui, Mowgli!
Ed invece… Bzzzz bzzzz bzzzz
“Attento Oo! Sono api! Quante! Perché sono così agitate?!” Un nuvolone altrettanto grosso si avvicinava alle due tartarughe, ma questa volta, più pericoloso e doloroso. Uno sciame d’api nere dell’India, piccole piccole e tanto arrabbiate, li stava raggiungendo e, come possiamo immaginare, ci avrebbero impiegato proprio poco, visto la velocità di fuga dei nostri due amici.
“Jack, non c’è tempo per scappare, tuffiamoci in queste acque e troveremo salvezza!”
E, sbang!
Una massa pelosa, gigante e scura, gli andò addosso. “Cos’è successo amico Jack?”
“Dove siamo, Oo?!”
“Piccole creature tenaci, cosa vi porta sul mio petto?”
“Aaaaaah! Scusi, grande orso, è che stavamo per… e…”
I due erano finiti tra le braccia di Baloo, l’orso amico e maestro di Mowgli e di tutti i cuccioli della giungla. Già, ma non tanto amico del piccolo popolo, le api nere. “Scusi grande orso, abbiamo chiuso gli occhi per saltare nelle acque di questo fiume e siamo finiti su di lei.”
“Le api seguivano me, orso Baloo, che tutti sanno goloso del loro oro giallo”
“Oro giallo?” Disse Oo. “
Si, ho appena banchettato con il dolce miele raccolto sulle rocce dove loro hanno la tana e ogni giorno ne producono un bel po’! Avete mai mangiato del miele?! “
“No! Non lo conosciamo come buon cibo, ma come un liquido colloso e profumato, che solo alcuni animali mangiano.” Tutti nella giungla indiana sanno che Baloo perde la testa se annusa, anche da lontano, l’odore del miele e non esita a raccoglierlo direttamente dal produttore, ogni volta che si avvicina alla roccia delle api e la sua pancia è vuota. “Bè, questa volta ho proprio esagerato, le ho fatte veramente arrabbiare, e così mi hanno seguito fin qui e riempito di punture, come solo loro sanno fare. Volevo trovare anch’io pace, facendomi un bagno fra le acque della Waingunga, quando mi avete incontrato” Disse Baloo. “Ma da dove viene questo odore pungente?” Disse ancora l’orso. “E’forse il mio carapace odoroso?” Ribattè la tartaruga d’acqua.
Ssscc sccc, un fruscio, cattivo presagio di calamità imminente, si udì per tutta la Waingunga… e… e poi un boato, un ruggito straziante, feroce e terrorizzante come chi lo emetteva. Chi? Dal bosco, con un salto lungo dieci zampe di Baloo, piombò sui tre sventurati, la tigre, Shere Khan. “Si mette proprio male!” Urlò la piccola Jack… L’odore che Baloo aveva cominciato a sentire si faceva sempre più forte, già perché Jack aveva una dote straordinaria, ogni volta che un pericolo stava per arrivare, il suo carapace cominciava ad emettere un tanfo terribile, unico ed indimenticabile, per chi avesse avuto la sfortuna di stare fino a mille zampe lontano dal piccolo animale. La tigre zoppa della giungla indiana, era ad una zampa dai tre animali, la bocca spalancata faceva vedere i suoi mille denti aguzzi come ankus pungoli affilatissimi, sangue della sua ultima preda era ancora sul suo poderoso collo e… e Jack si interpose fra la belva assetata di nuovo sangue e Oo e Baloo. Quest’ultimo era pronto al combattimento, quando la belva emise un gemito e, come un gattino bagnato all’improvviso dalla pioggia, corse via. Ma cos’era successo? Incredibile! L’odore nauseante di Jack aveva fatto allontanare infastidito, l’animale più cattivo e imprevedibile della giungla. La leggenda di Jack, lo straniero che aveva fatto scappare Shere Khan, la tigre, si era compiuta!
E i nostri due piccoli amici dovettero ancora aspettare a vedere il cucciolo d’uomo Mowgli, lontano oramai dalla Waingunga e dal suo maestro Baloo.

T.R.

Cosa sono i passaggi?

Ciao sono Leonardo un lupetto dei Tikonderoga e vorrei raccontare la cerimonia dei passaggi dei castorini ai Tikonderoga e dei lupi anziani in reparto.
Inizio a raccontare dei passaggi dei castorini nel mio branco.
Il passaggio avviene al buio perché i castorini non devono vedere il branco a cui sono destinati.
Noi lupi ci mettiamo a semi-cerchio alla fine del tunnel, ed accogliamo i castorini destinati al nostro branco.
Il nuovo cucciolo viene accompagnato dal capo sestiglia davanti ai capi che gli danno l’accettazione cioè il fazzolettone bianco, gli si dà il benvenuto ed entra a far parte del branco.
E’un momento emozionante in cui ti rendi conto di essere più grande e responsabile, per me che è già un anno che sono nei Tiko. Al contrario dei castorini il passaggio dei C. d. a, cioè i lupi anziani, avviene di giorno.
Viene costruito un ponte con nodi scout e pali di legno, per permettere ai C. d. a di passare dal branco al reparto.
Il passaggio dei lupetti al reparto è molto simile a quello dei castorini nei lupetti.
Questi momenti sono fondamentali per il percorso scout di ognuno, i passaggi all’ottavo anno di età per i castorini e, il dodicesimo anno per il reparto.
È questo il percorso che io sto facendo e mi fa sentire speciale.

Leonardo Branda

La pace

Dio ha mandato sulla terra suo Figlio, Gesù, per insegnare agli uomini a scegliere il bene.
Noi uomini siamo liberi di scegliere tra il bene e il male.
Ad esempio, se vediamo una persona per strada in difficoltà, possiamo decidere se aiutarla oppure no.
Possiamo anche aiutare la mamma nei lavori domestici, invece di continuare a giuocare.
Allora io proverò a scegliere il bene, come ci ha insegnato Gesù.

Alessandro Volpi

La strada verso il bene

Ho deciso di scrivervi come la scelta di seguire il bene sia sempre la migliore.
Proprio la mattina di Natale, andrò a distribuire il pranzo a persone meno fortunate di me.
Credo che questa mia scelta sia un buon inizio di cammino verso il bene.
Scegliere il bene è proprio il contrario di comportarsi male. Basta anche un solo gesto d’amore, per cominciare. Se una persona piange, io la consolerei, non la prenderei in giro, come vedo fare da tanti.
Proprio così, vi racconto di quella volta che ero a scuola e stavo giocando a basket con delle mie amiche. Ad un certo punto, due di loro hanno cominciato a litigare, discutere e poi a piangere.
Ummm, cosa avrei potuto fare io?
Ho provato a consolarle, prima una e poi l’altra. Sì, perché si sono allontanate l’una dall’altra.
Alla prima ho raccontato una barzelletta e l’ho fatta sorridere, ma la seconda, arrabbiata, ha lanciato un sassolino verso di noi e stava per andar via.
Corsole dietro, sono riuscita a calmarla e… la pace tornò tra noi!
Se avessimo preso la via del male, non ci saremmo più parlate.
Quindi spero abbiate capito che per me fare del bene porta alla felicità.

Alice Fazio