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Hanno lasciato una traccia – Nicola Calipari

ttscout160 (23)Recitando la promessa ogni guida ed esploratore si impegnano a compiere il proprio dovere “verso il proprio paese” o “patria”, un termine sempre meno usato e di cui abbiamo ormai perso il significato sostituendolo semplicemente con “stato”. La risposta a quale sia pragmaticamente il dovere verso la patria non è univoca, nel bene o nel male. Durante la Grande Guerra risultò naturale armare i giovani esploratori del CNGEI ed addestrarli al combattimento, così come durante la rivolta di Varsavia gli scout polacchi del ZHP imbracciarono le armi contro i nazisti. Allo stesso tempo, invece, le Aquile Randagie avevano deciso che il loro dovere verso il proprio paese fosse quello di opporsi al fascismo con la resistenza non violenta.

Quando non esistono regole certe e non si riesce a dare una definizione completa ci si richiama a degli esempi. Quello che abbiamo scelto oggi non è forse uno dei più noti ma il suo nome forse riaffiorerà alla mente dei più grandicelli.

Nicola Calipari nacque a Reggio Calabria il 23 giugno 1953 ed entrò a far parte dell’Associazione Scouts Cattolici Italiani nel 1965. Il reparto era l’Aspromonte del Reggio Calabria 1. Nel 1973 è capo dell’AGESCI Reggio Calabria 1 e 3. Sul sito Giunglasilente leggiamo: “Era il ragazzo più disponibile quando si doveva lavorare”, ricorda il professor Teofilo Maione, docente in pensione, capo scout a Reggio per molti anni. “Della sua squadriglia – dice ancora – era sempre quello che stava accanto ai più piccoli. Di lui ricordo anche le grandi capacità tecniche: era bravo nell’orientamento, nell’osservazione, nel costruire ponti, nella cucina; e nelle riunioni era una miniera di idee”. Per il professore Maione, “Nicola ha saputo tradurre la sua disponibilità al servizio da scout, anche nella sua attività professionale […] È difficile in un momento come questo frugare nella memoria per cercare tra i tanti momenti condivisi, ma non può non raccontare, tra lacrime di commozione, la disavventura vissuta con Nicola nel 1976. Eravamo diventati capi e ci avevano affidato un gruppo di ragazzi più piccoli durante un’escursione in Aspromonte; ci siamo persi in una zona impervia dove siamo stati costretti a pernottare. Nicola dava coraggio e forza a tutti, fino a quando l’indomani siamo riusciti a ritrovare il sentiero “. […]” Nel 1976 organizzammo in Calabria un raduno di scout che aveva per obiettivo lottare per restare in Calabria e per costruire una Calabria diversa. Il gruppo di Nicola, quello della Candelora, era il più numeroso, a dimostrazione della sua dedizione totale nel fare ogni cosa”.

Laureatosi in giurisprudenza, nel 1979, si arruola in Polizia e diventa funzionario. Dapprima dirige squadre mobili, poi collabora in una missione internazionale nel 1988 con la National Crime Authority australiana. Lavora ad alto livello in Questura e nella Polizia Criminale. Diventato Vice Consigliere Ministeriale riceve riconoscimenti per le operazioni di polizia giudiziaria portate a termine con successo relative, in particolare, ad operazioni antidroga e di contrasto al traffico internazionale di armi.

Nel 2002 entra nel Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Militare (SISMI) e viene assegnato alle operazioni in Iraq. Conduce le trattative per la liberazione delle operatrici umanitarie Simona Pari e Simona Torretta e dei tre addetti alla sicurezza Umberto Cupertino, Maurizio Agliana e Salvatore Stefio. Non si riesce invece a riportare a casa Fabrizio Quattrocchi ed Enzo Baldoni.

Il 4 febbraio 2005 l’Organizazione del Jihad Islamico rapisce la giornalista de “Il manifesto” Giuliana Sgrena a Baghdad. Seguono giorni di incertezza, tensione, ultimatum e minacce. A spendersi in prima linea per salvare la giornalista “scomoda”, che aveva mostrato al mondo i bambini colpiti dalle bombe a grappolo statunitensi, è Calipari.

Il 4 marzo la mediazione dei servizi segreti militari italiani dà i suoi frutti e Giuliana viene liberata e portata in macchina verso l’aeroporto. I posti di blocco americani si susseguono senza problemi quando all’improvviso una fitta pioggia di proiettili si abbatte sulla vettura. Calipari si getta su Giuliana per proteggerla e viene raggiunto da un colpo alla testa che lo uccide. Aveva promesso che l’avrebbe riportata in Italia viva e così fu.

Le ricostruzioni dell’incidente da parte americana e italiana differiscono e per anni i processi tentarono di fare luce sull’accaduto. Caliparì fu insignito dal Presidente della Repubblica della Medaglia d’Oro al Valor Militare. Gli erano già state conferite le onorificenze di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana nel 2004 e di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana nel 1999.

Approfondimento

Telegrammi da Balmuccia

Come primo campo estivo credo sia andato piuttosto bene, secondo me -STOP-

Il campo si è svolto a Balmuccia in provincia di Vercelli, ovunque essa sia -STOP-

Il territorio era abbastanza simpatico, anche se ho perso una torcia, ma sono dettagli.

In genere io ero sempre addormentato, ma di buon umore -STOP-

Abbiamo fatto molte attività come gite, giochi e il fantastico rafting -STOP-

Ovviamente ci sono state anche alcune attività che non sono state il massimo, ma chi sono io per giudicare? -STOP-

Come ogni campo estivo si fa l’hike, quei due giorni massacranti dove devi solamente camminare per ore, noi durante il percorso abbiamo trovato delle difficoltà, ma siamo riusciti a superarle e ad andare avanti -STOP-

Dato che non so come andare avanti, credo che questa scarsa pagina possa andare bene quindi credo di poter chiudere qui -STOP-

Francesco Cacciagrano

Un campo all’Indiana Jones

E così è passato anche il mio secondo anno… il mio secondo campo… un campo pieno di sorprese, sfide… e camminate! Infatti siamo partiti dalla sede e abbiamo viaggiato in macchina fino a Balmuccia, la cittadina dove ci siamo fermati per poi continuare il nostro cammino a piedi lungo un sentiero di campagna “apparentemente” infinito, ma che, (fortunatamente!) terminò con la visuale di una carrucola, che abbiamo da subito usato per trasportare il materiale di reparto e di squadriglia. Poi abbiamo montato le tende e, FINALMENTE (!), ci siamo goduti un meritato e gustoso pranzo condiviso. Ma questo è stato solo il primo giorno, perché poi il campo ci ha riservato mille e mille sorprese spettacolari e uniche.

Ma ora non sto qui a scrivere per filo e per segno ogni singolo dettaglio, ma vi dirò velocemente che in tutto il campo abbiamo conosciuto Indiana Jones e lo abbiamo aiutato a recuperare il suo taccuino e la tavoletta che gli era stata rubata.

Nel frattempo i capi ci hanno introdotto “Mister Campo”, per farmi capire da eventuali lupetti che stanno leggendo questo articolo, una specie di San Scemo, solo che al posto dei balletti ci sono delle sfide, ma non voglio anticiparvi troppo, visto che lo saprete meglio quando sarete in reparto.

Quindi, come spero abbiate capito, è stato un campo fantastico, ma stancante; pieno di sfide, ma anche di sorprese; pieno di lavori, ma anche di giochi; pieno di silenzi, ma anche di MUSICA! Infatti il nostro carissimo Alessandro Baraldi, che ha sempre a portata di mano la sua chitarra ed i suoi canzonieri, ci ha rallegrato i bivacchi e le sieste.

Finisco con una dedica ai quarto anno, che mancherà moltissimo a tutti noi; anche a tutti i lupetti che fra poco passeranno, che dovranno cominciare un nuovo percorso anche loro; e anche a tutti coloro che stanno per cominciare un nuovo cammino, che sia un passaggio scout, l’inizio di una nuova scuola o un trasferimento…

“il sasso: la persona distratta vi è inciampata; quella violenta l’ha usato come proiettile; l’imprenditore l’ha usato per costruire; il contadino stanco invece come sedia; per i bambini è un giocattolo; Davide uccise Golia e Michelangelo ne fece la più bella scultura. In ogni caso, la differenza non la fa il sasso, ma l’uomo. Non esiste sasso sul tuo cammino che tu non possa sfruttare per la tua propria crescita.”

Spero che questa frase vi possa essere utile nel percorso che state per cominciare e che voi, miei carissimi quarto anno, non vi dimenticherete mai di noi, così come noi non ci scorderemo mai di voi!

Ecco che, come al mio solito, mi sono dilungata troppo! Spero di non avervi annoiato e vi rivolgo un sincero saluto scout:

Buona strada!

Canarino Stravagante

Carmela Scida

 

Curiose avventure nella località sperduta di Bosco Valtravaglia

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Cari lettori rieccoci, siamo la farfalla e la tigre, le vostre racconta storie preferite, e vogliamo narrarvi di quella settimana che si svolge nei mesi estivi, nella quale ti lavi e mangi poco, corri come un dannato e non dimagrisci neanche di un chilo, chiamata anche comunemente campo estivo. Fra corse alle chiese, lezioni di erbologia (approfondiremo più avanti), calcio saponato in principio, divenuto in seguito rugby (la situazione è sfuggita di mano), e momenti strappalacrime dovuti all’ultima sera, il campo estivo a Bosco Valtravaglia è stato memorabile.

Visto che sappiamo che non state più nella pelle di sapere tutti i particolari vediamo di accontentarvi…

Vi siete mai sentiti un tutt’uno con la natura? Avete mai pensato di preparare un’insalata a base di erbe di prato? Lo sapevate che le piante hanno poteri curativi e magici? Ebbene se aveste fatto parte del Reparto Pegaso, ora le risposte vi sarebbero chiare, ma visto che non ne fate parte e siamo particolarmente gentili, risponderemo noi per voi a queste domande. Verso la metà del campo, tre esperte sono venute dove campeggiavamo per farci comprendere il mondo delle piante. L’esperienza ci è servita particolarmente poiché ci ha fatto capire che ogni pianta ha una propria caratteristica che spazia anche nell’inverosimile ad esempio: sei preoccupato che la prof ti interroghi poiché non hai aperto libro? Nessun problema: cospargiti di felce e diventerai invisibile! Però oltre a farci fare due risate e fantasticare, l’attività ci è servita per farci conoscere i benefici di alcune piante che in futuro trovandoci in determinate circostanze potrebbero servirci. Un’altra attività che speriamo diventi una tradizione sono stati i giochi d’acqua, in particolare calcio saponato. L’attività ha dato modo a tutti (soprattutto ai maschi) di svagarsi muniti solo di un telo di plastica del sapone e di una palla. Ecco perché dicono che gli scout si divertono anche con poco! Ovviamente non sono mancati le risate e le canzoni intorno al fuoco, gli estenuanti gioconi notturni senza le torce, incidenti vari per i quali sono state fatte corse sfrenate all’ospedale (ma senza conseguenze, per fortuna!) e le prove di “Mister Campo” che abbiamo deciso di non rivelare per evitare traumi ai lettori più giovani. Volevamo inoltre riservare una parte di questo articolo per un saluto speciale ad una persona che per 3 anni ci ha fatto sorridere, riflettere e, per la maggior parte, far girare i nervi; alla quale però dobbiamo molto e senza il quale oggi non saremmo quello che siamo… chi ha orecchie per intendere intenda.

Un saluto caloroso

Farfalla visionaria,

Tigre meticolosa

Kandersteg

Oggi siamo qui per raccontarvi la nostra stratosferica esperienza all’International Scout Centre di Kandersteg. I nostri amatissimi capi (che ruffiani che siamo) hanno offerto questa opportunità al solo 4° anno e noi più che carichi abbiamo deciso di coglierla. Gasatissimi di questa idea, ci siamo “subito” messi all’opera dividendoci in pattuglie e organizzando meglio il tutto. Dopo svariati incontri, finalmente avevamo tutto pronto: cibo, catechesi e persino logistica. Il giorno 26 giugno, esattamente alle 7 di mattina, ci siamo ritrovati in sede carichissimi per partire verso le alpi svizzere! Dopo 5 ore rinchiusi in macchine stracolme di materiale e con un minimo spazio vitale, siamo finalmente giunti alla meta e delle bellissime montagne ci hanno subito accolto.

Finite le attività proposte dall’International Friendship, che erano finalizzate a facilitare la socializzazione con altri gruppi, ci siamo resi conto che l’unico modo efficace per conoscere gli scout presenti era tramite un bel torneo di calcio, organizzato inaspettatamente dai gruppi americani.

Per poter partecipare però a questo torneo, ci servivano altri giocatori e chi meglio degli “spietati” e “terribili” polacchi, un esercito di instancabili carri armati alimentati a pane, burro e cetriolini, con i quali avevano quasi completamente riempito tutti i frigoriferi a disposizione del campo.

Il gemellaggio che si è creato tra polacchi e italiani ha dato i suoi frutti. Ovviamente siamo usciti vincitori e per festeggiare al meglio la vittoria e per stringere nuove amicizie, abbiamo accettato l’invito dei polacchi alla loro meravigliosa e squisita grigliata che è stata accompagnata sia dai nostri canti che dalle loro classiche canzoni polacche. Purtroppo, abbiamo dovuto abbandonare i nostri amici perché il giorno dopo ci avrebbe aspettato un’escursione al bellissimo lago Oschinensee, allora dopo esserci salutati siamo andati nella nostra tenda per riposarci dalla faticosa giornata.

La mattina successiva, dopo aver fatto un’eccellente colazione, siamo partiti più carichi che mai per raggiungere la meta; la durata prevista era di circa 4 ore, ma noi camminando e parlando non ci siamo nemmeno accorti del tempo che passava e una volta arrivati sulla cima, abbiamo potuto ammirare l’immensità e la bellezza del lago. Dopo aver camminato ancora un po’ in un bosco che era decorato da strane statue in legno abbiamo deciso di fermarci perché la fame aveva preso il sopravvento e così subito dopo aver finito di mangiare, abbiamo iniziato ad avvicinarci al lago: inizialmente per lanciare banalmente dei sassi, poi per pucciare i piedi e alla fine per farci un bel bagno nella “caldissima” acqua del lago.

Dopo aver fatto il momento di catechesi sulla riva, siamo ripartiti per ritornare al nostro campo. Essendo la strada tutta in discesa, ci abbiamo impiegato molto meno tempo e una volta arrivati abbiamo deciso di giocare a beach volley prima di farci una doccia rilassante.

La sera, dopo essere sfuggiti ad un altro invito da parte dei polacchi, abbiamo cucinato tutti insieme e dopo aver mangiato, ci siamo dedicati al momento di catechesi che ha previsto un pochino di abilità manuale visto che abbiamo fatto un anti stress. Alla fine ci siamo messi a dormire perché il mercoledì era prevista una camminata al lago Blausee, però ci sarà una sorpresa.

La mattina siamo partiti subito dopo colazione e una volta arrivati in paese, ci siamo divisi in gruppi da 2. Dopo una breve spiegazione su cosa fosse l’azimut e su come utilizzare una cartina, ogni gruppo è partito speranzoso di raggiungere la meta (bella sorpresa vero?). Ovviamente siamo arrivati tutti senza problemi all’ambito lago, dove l’acqua era talmente blu da riuscire a vedere il fondo con dei bei pesci che ci sguazzavano all’interno, inoltre si poteva ammirare anche una statua di una ragazza.

Dopo aver mangiato i nostri panini, abbiamo avuto del tempo libero in cui ognuno di noi ha potuto fare quello che più gli piaceva: per esempio sdraiarsi su un’amaca, usare lo scivolo dei bambini o semplicemente camminare intorno al lago per ammirarne la sua bellezza. Per nostra fortuna ha iniziato a piovere appena abbiamo iniziato ad avviarci; una pioggia che ha persistito per tutta la strada del ritorno. Tuttavia, ci siamo consolati cantando per tutto il tempo.

Il pomeriggio lo abbiamo passato a pensare cosa avremmo dovuto fare il giorno dopo (l’ultimo giorno) e abbiamo deciso che visto il brutto tempo non sarebbe stato brutto andare in piscina, tanto l’acqua era riscaldata quindi non ci sarebbero stati problemi.

Avendo una giornata tranquilla, ci siamo svegliati relativamente presto e siamo andati subito alla piscina, dove appena entrati ci siamo fiondati in acqua e ci siamo restati per un po’ di ore giocando insieme. Tornati al campo, dopo cena, eravamo abbastanza carichi per poter affrontare una veglia durante la quale ognuno di noi aveva l’opportunità di esprimere i propri dubbi e perplessità riguardo la religione, occasione ben colta da tutti. Essendo l’ultima sera, abbiamo approfittato per stare svegli più a lungo rispetto gli altri giorni per passare insieme il tempo che ci rimaneva prima di tornare a casa.

Il giorno della partenza… durante la mattinata abbiamo preparato gli zaini, smontato la tenda, sistemato materiale e cibo avanzato e caricato tutto quanto sulle due agilissime macchine che ci hanno accompagnato durante il viaggio. Dopo un pranzo leggero e un’interminabile partita a scacchi svoltasi sotto la reception di KISC, siamo partiti verso casa e questa volta tutti noi avevamo più spazio vitale che ha permesso di “addormentarci più comodamente”.

Quest’esperienza ci ha senza dubbio permesso di legare e di conoscerci meglio, perché il tempo non basta mai ed auguriamo di poterla vivere a tutti coloro che hanno voglia di mettersi alla prova per confrontarsi e migliorarsi.

A spasso nel tempo

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Eccolo li, uno dei momenti più attesi da tanti scout: IL CAMPO ESTIVO! Arrivati anche gli ultimi ritardatari, c’eravamo proprio tutti e uno più emozionato dell’altro abbiamo caricato furgone e pullman per poi partire. “Silenziosi e tranquilli” come al solito abbiamo affrontato il viaggio che, con tutta l’attesa che c’era, sembrava non finire mai. Arrivati a destinazione era ora di montare il campo, ma, fra una cosa e l’altra era già sera. È l’ora di cena e poi… IL BIVACCO. Come tanti già sanno, un quarto del bivacco è passato a spostarsi dal fumo del fuoco che va negli occhi a metà reparto, ma il resto… il resto è indescrivibile perché tutti si lasciano andare cantando a squarciagola (chi più chi meno) e giocando (sempre e comunque con un po’ di felicità) e sono proprio quelli i momenti indimenticabili che abbiamo passato tutti insieme con un sorriso a 32 denti stampato in faccia! Poi è il momento del lancio! Ci siamo trovati davanti uno scienziato pazzo (molto, mooolto pazzo) che ci presenta la sua MACCHINA DEL TEMPO! Niente di meno incredibile di quello che sembra. E dopo la teoria, ecco il momento della pratica, ma dopo aver schiacciato vari bottoni, tirato leve e mosso strani aggeggi e dopo i vari controlli di sicurezza non poteva che esserci qualche imprevisto… a causa di qualche guasto, la macchina del tempo ha spedito lo scienziato in chissà quale epoca, ma non è tutto, perché ogni giorno, sia lo scienziato che noi venivamo catapultati in un’altra epoca. Ovviamente dovevamo risolvere questo problema perché avremmo potuto causare dei gravi danni al futuro. Così ogni squadriglia ha costruito una macchina del tempo (una più bella dell’altra) e tutti siamo andati alla ricerca dello scienziato… abbiamo vagato fra le varie ere ogni giorno che passava e abbiamo praticamente conosciuto i contemporanei dei flinstones! Siamo andati A SPASSO NEL TEMPO alla ricerca di quel povero pazzo superando sfide ardue e risolvendo enigmi alquanto strani. Eravamo ad un passo da lui fino a quando… BOOM! Tutte le epoche hanno iniziato a mischiarsi, si sono formati varchi e tutto si è confuso… dovevamo per forza rimettere tutto a posto. Con fatica, abbiamo richiuso i varchi, ricacciato ognuno nella sua epoca e “recuperato” lo scienziato. Così (FINALMENTE) tutto è tornato al suo posto! Purtroppo il sogno sta per finire… certo ci sarebbero milioni di cose da raccontare (ad esempio possiamo parlare di quando abbiamo “epicamente” giocato a palla scout e roverino con un altro reparto) ma… beh… non possiamo mica raccontarvi tutto!

Colibrì creativo, Leonessa tenace

Ready to go!

“È giunta l’ora, è giunto il momento, di essere protagonisti del nostro tempo, la strada è la stessa anche se siamo lontani…”

Ebbene sì, i 4 anni passati nell’Orione si fanno sentire, lo zaino che ti incurva la schiena, gli scarponi pesanti, i guidoni, nostri temerari compagni d’avventura, i fazzolettoni pieni di ricordi, i canti stonati lungo i sentieri.

Questo ci portiamo nel cuore noi passandi.

Sorrisi, pianti, lamentele, amicizie, bivacchi… tutti con un filo conduttore… NOI, che fin da subito ci siamo visti come una famiglia, NOI che condividiamo tutto, sia nel bene che nel male, NOI compagni d’avventura, NOI che abbiamo pianto alla vista dei nostri fratelli passare su quel ponte.

Da oggi quel NOI diventerà un VOI.

“…servire è la sfida, il futuro è domani affrontiamo con coraggio ogni salita, diritti al futuro sulle strade della nostra vita!”

Prima o poi tutti lasceranno la loro famiglia perché è così che si cresce.

Catapultati in un nuovo mondo, continueremo la nostra vita, passo dopo passo verso nuove mete ed avventure.

Upupa Alacre, Usignolo Radioso

Crescere

C’era una volta un bambino che non voleva crescere: guardava i grandi e gli sembrava che fossero un po’ poco felici. Allora disse alla mamma: “Mamma, ho deciso che non voglio crescere!”. “Come mai?” chiese la mamma. “Perché non voglio diventare triste!” “Bene!” disse la mamma: “Allora, da bravo bambino, farai tre cose: mi aiuterai nelle faccende di casa, andrai a scuola (perché i bambini vanno a scuola, si sa) e giocherai molto con i tuoi amici!” Il piccolo non poteva credere alle sue orecchie: la mamma era d’accordo con lui, la mamma gli dava il permesso di rimanere bambino! Era così felice che da quel giorno si mise a fare con grande impegno i tre compiti che la mamma gli aveva affidato: la mattina andava a scuola e con entusiasmo cercava di capire più cose che poteva e nel pomeriggio usciva a giocare con gli amici ma si ricordava sempre, prima o dopo, di dare una mano alla mamma.
Un giorno un certo don Bosco venne a cercare il nostro amico mentre era impegnato a giocare con gli amici, lo chiamò e gli disse: “La tua mamma mi dice che non vuoi crescere, è vero?” “Certo” rispose con un sorriso. “Molto bene! Posso chiederti un favore?” chiese don Bosco. “Certo” rispose di nuovo. “Vorrei presentarti una persona!  È un giovane uomo, contento della vita, che ha imparato molte cose grazie alla scuola, che conosce il valore del gioco e dell’allegria grazie ai suoi amici ma anche quello dell’impegno e della generosità grazie alla sua mamma. Vorresti conoscerlo?” “Certo” rispose per la terza volta. Don Bosco infilò la mano in tasca e tirò fuori un fazzoletto di stoffa che nascondeva qualcosa e glielo mise in mano. Il nostro amico con cautela aprì il fazzoletto e si trovò a fissare uno sguardo pieno di gioia e di voglia di vivere. Il suo.

-Don Matteo

Neil Armstrong

22Neil Alden Armstrong, classe 1930, una traccia l’ha lasciata seriamente e importantissima: la prima impronta di un essere umano sul suolo lunare.
Fu infatti lui il primo uomo a mettere piede sulla Luna il 20 luglio 1969 durante la missione Apollo 11 della NASA.
Il percorso che lo portò, quel giorno, nel Mare della Tranquillità, fu lungo (e non solo in termini chilometrici!): volò per la prima volta a 6 anni e imparò a pilotare da giovanissimo ottenendo il brevetto già a 15 anni. Si laureò in ingegneria aeronautica nel 1955, dopo aver servito come pilota nella Guerra di Corea ottenendo anche alcune medaglie.
Divenne quindi pilota collaudatore di velivoli sperimentali, l’anteprima del volo spaziale, rischiando più volte la vita su oltre 200 aerei diversi.
Le sue abilità lo resero selezionabile per il programma “Man In Space Soonest” (uomo nello spazio al più presto). Congedatosi, nel 1962 divenne così il primo “astronauta civile” della NASA.
La sua prima missione fu Gemini 8 del 16 marzo 1966: 75 ore di volo in orbita e una complicata serie di operazioni da portare a termine.

Se ancora oggi andare nello spazio è rischioso, all’epoca la domanda non era “ci sarà qualche problema?” ma “Quale problema avremo?”. I computer erano primordiali: l’intera stazione di controllo della NASA aveva la potenza di una moderna calcolatrice tascabile e la strumentazione a bordo di un razzo alto 110m era in mano ai tre uomini dell’equipaggio ed alla speranza che ogni bullone fosse stato stretto bene.

Fu proprio un incidente svolto durante l’addestramento per l’allunaggio, in cui i prontissimi riflessi di Neil gli salvarono la vita, a farlo scegliere come comandante dalla missione Apollo 11, la prima che avrebbe portato un equipaggio umano sulla Luna. Questo voleva dire che sarebbe stato lui il primo a scendere. Proprio li in mezzo tra i due mondi, alle ore 8:15 del 18 luglio 1969, Neil lanciò un messaggio: “Vorrei salutare tutti i miei colleghi Scout e Capi Scout al Farragut State Park in Idaho dove si sta svolgendo il Jamboree Nazionale questa settimana; e Apollo 11 vuole mandar loro i suoi migliori auguri.” cui il Centro di controllo di Houston rispose: “Grazie, Apollo 11. Sono sicuro che, se non lo hanno sentito, lo apprenderanno dai notiziari. Sicuramente lo apprezzeranno”. Inoltre, tra i pochi oggetti personali che Armstrong scelse di portare con sé nel viaggio verso la Luna e ritorno ci fu un distintivo scout che oggi è conservato presso la sede del WOSM di Ginevra.
Il resto è storia: “Questo è un piccolo passo per un uomo, un gigantesco balzo per l’umanità”.

Dei 214 astronauti americani passati e presenti, 142 sono stati scout. Anche Buzz Aldrin, sulla Luna insieme ad Armstrong, lo fu.
È difficile sintetizzare tutto quello che Armstrong fece dopo, le ricerche, l’insegnamento, le onorificenze…
Con grande umiltà ha portato avanti il suo impegno per la scienza fino a quando morì il 25 agosto 2012.

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-Enrico Gussoni

Per il cervo Gustavo la libertà ha il calore di una stalla

Alla libertà dei boschi e alla vita con il branco preferisce il tepore di due stalle tutte per lui, il cibo che trova pronto e i vizi garantiti dalle persone che ogni giorno salgono in un piccolo paese dell’Ossola, a mille metri di quota, per fotografarlo come fosse una celebrità. La «star» è il cervo Gustavo, un esemplare di 15 anni e 200 chili che da quattro inverni passa i mesi freddi nella casa di un allevatore. Teatro di quella che è stata battezzata una «fiaba vera» è Trasquera, borgo di meno di 200 abitanti in valle Divedro, incastonato tra le montagne a pochi chilometri dal confine con la Svizzera. Un paese dove la scuola è frequentata da una sola bambina, l’unico bar sulla piazza resta chiuso d’inverno e la presenza di questo cervo che sceglie di vivere in una stalla è diventata l’attrazione, tanto da essere segnalata con cartelli lungo la strada. L’ «angelo custode» del cervo è Romeo Manna, allevatore di 62 anni che a Trasquera accudisce tre mucche, un toro e 11 gatti. «E poi c’è il cervo Gustavo – racconta -. La prima volta che è arrivato, una mattina di quattro anni fa, ho avvisato la Forestale: mi hanno chiesto se volevo tenerlo e ho accettato. Da allora lo accudisco come un figlio. Ha due stalle, senza porte o recinti. Potrebbe andarsene quando vuole e invece resta qui: è diventato la mia famiglia e io la sua. È troppo vecchio per tornare nel branco, lo ucciderebbero». Gustavo a Trasquera ha prati dove passeggiare e due pasti al giorno assicurati da Romeo: uno al mattino con mele e verdura e un altro alle 20 con gli avanzi della giornata. «A volte anche la pastasciutta – racconta l’allevatore, la cui abitazione è attaccata a una delle stalle diventate la casa del cervo -. Se per caso tardo, viene alla mia porta e con le corna picchia sul vetro». Durante la giornata ci sono gli spuntini che gli portano alcune persone del paese e i curiosi che salgono a Trasquera per lui. Ad accompagnare i visitatori a conoscere il cervo è lo stesso Romeo: non sempre però è possibile accarezzarlo. «A Gustavo non tutte le persone vanno a genio, svela l’allevatore, sembra che riconosca quelle che trasmettono negatività».
da “LaZampa.it”

Le avventure di Oo

Ciao amici!
…e le avventure di Oo?
…non è “aria”, scusate ma devo correre…
Riuscirò un giorno a raccontarvi di quando la mitica tartaruga incontrò Mowgli, se vi va leggete questa storia, ora!
vostra t. r.

Scuola, Ingrid unica alunna con tre maestre
Trasquera (Verbano Ossola Cusio), 15 settembre 2016 – HEIDI in realtà si chiama Ingrid e abita a Trasquera, paese mignon dell’Ossola. Unica alunna di una scuola elementare che doveva essere cancellata dalla spugna burocratica del ministero. E invece è stata salvata dall’amministrazione comunale. Frequenta la classe quinta: una sola scolara con tre insegnanti: la maestra (signora maestra, quanti ricordi in queste due parole) Monica Egoli, l’insegnante di inglese Lisanna Cuccini, e quella di religione Pieranna Romussi. Trasquera, ultimo paese della Valle, a una manciata di chilometri dal confine con la Svizzera. All’inizio del secolo scorso, prima che iniziasse la diaspora della manodopera, i residenti erano più numerosi che a Domodossola. Oggi sono 270 su una superficie di quasi 40 chilometri quadrati. Un centinaio gli emigrati, in Svizzera, Francia, Argentina. Le sagome imponenti del Monte Rosa, del Leone, del Cistella, vegliano su paesi spopolati e alpeggi verdeggianti. «Alla fine dell’ultimo anno scolastico – dice Arturo Lincio, agronomo e sindaco al terzo mandato – la dirigenza scolastica ci ha segnalato che non c’erano la condizioni per mantenere la classe e quindi che la nostra scuola doveva chiudere. Ci siamo subito attivati con la Regione Piemonte perché fosse applicata la legge regionale sul mantenimento dei servizi scolastici nel territorio montano. Abbiamo fatto presente che siamo a 1.100 metri, che la strada per il fondovalle è tortuosa e può diventare impraticabile nei mesi invernali, con la neve, che non disponiamo di uno scuolabus. Abbiamo sottolineato che l’anno prossimo avremo due scolari, nel 2018 saranno cinque, nel 2021 arriveranno a nove. Ci è stato assegnato un contributo. Noi ci abbiamo messo del nostro. La scuola è rimasta».
IL PAESE ha preservato le sue elementari e Ingrid Quaresima è tornata a sedersi al suo banco, quello che divideva con l’amica Marica. Tutto a portata di voce perché il comune dove lavora mamma Elia e la scuola sono nello stesso edificio. Bella storia. Sarebbe piaciuta a De Amicis. Nell’unica aula maestra e allieva stanno rivedendo i compiti delle vacanze. Superata la timidezza iniziale, Ingrid fa pierre. Idee chiare sul presente, prospettive ben delineate per il futuro. «Le materie che preferisco sono scienze e matematica. Da grande voglio fare la cuoca oppure la pasticcera. Le mie specialità sono la frittata e il riso al radicchio». L’insegnamento è escluso? «La maestra no. Troppo casino». Studiare le piace. Si stupisce e si rammarica che sia già arrivata la pausa di mezzogiorno. Un attimo di ripensamento, da bambina avveduta. «Mamma, mi potevi dire che venivano i giornalisti. Mi preoccupa di finire sul giornale. Bisogna stare attenti. Ho paura di sbagliare». Insieme da sempre, Ingrid e la maestra Monica trascorreranno a scuola ventidue ore ogni settimana. Il tu reciproco è quasi d’ordinanza. Con il tempo è nata la confidenza. La bambina parla all’insegnante degli animali che alleva il nonno, le racconta dei dispetti che deve subire dalla sorellina più piccola. «Anche se avessi venti alunni – dice Monica – non darei una impostazione formale, rigida. L’importante è il rispetto e questo non è mai mancato. L’impostazione della giornata è quella classica, con anche l’intervallo. Una cosa importante. I nostri scolari non sono mai stati degli isolati. L’anno scorso hanno partecipato con la quinta elementare di Varzo a un progetto sull’Odissea. Vanno in gita con gli alunni di Varzo. Partecipano alle prove di verifica con tutti gli scolari del circolo didattico».
BELLA storia. Piccola fiaba di montagna. Anche se il sindaco Lincio ha uno strale amaro da lanciare. «Pare di assistere ad azioni deliberate che provocano lo spopolamento dell’arco alpino, la fuga delle giovani coppie, la chiusura delle scuole, dei presidi medici, dei negozi. I finanziamenti vanno alle città, dove ci sono i grandi numeri e anche i grandi voti. Poi ci dicono che le nostre elementari devono smettere di esistere. So di posti dove ci sono tre scuole a 500 metri di distanza una dall’altra e dove i genitori pretendono lo scuolabus». De Amicis si rabbuia. Ma subito ripensa alla storia di Ingrid e ritrova il sorriso.

-Gabriele Moroni