Tutti gli articoli di Tuttoscout
HANNO LASCIATO UNA TRACCIA – Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi
Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi, un uomo e una donna che si sono voluti bene, due sposi che si sono gioiosamente e con pienezza aiutati reciprocamente nella strada verso la felicità, nella strada del Signore. Un babbo ed una mamma che hanno cresciuto figli cercando per loro le cose migliori, non le più facili ma le più grandi, perché anche questi figli potessero gustare la gioia del Signore.
È la prima volta che nella storia della Chiesa una coppia è innalzata all’onore degli altari per le sue virtù coniugali e familiari. Si tratta dei primi beati Scout italiani. Lo Scautismo cattolico italiano è riconoscente a Luigi e Maria per la esemplare testimonianza che è proseguita in modo fruttuoso attraverso il servizio di assistente ecclesiastico reso nell’Asci prima, e nell’Agesci poi, dal figlio, don Tarcisio, noto come “don Tar – Aquila Azzurra”, autore del testo della canzone: “Al cader della giornata”.
La causa di beatificazione di Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi viene aperta il 25 novembre 1994, mentre il 21 ottobre 2001 Giovanni Paolo II innalza la coppia agli onori degli altari. Il 28 ottobre 2001 i corpi dei coniugi vengono trasferiti nella loro cripta presente nel Santuario della Madonna del Divino Amore a Roma.
Il miracolo che ha consentito la loro beatificazione riguarda Gilberto Grossi, colpito da una malattia invalidante fino dall’età di dieci anni; fra l’incredulità dei medici, nonostante la malattia rimanga in tutta la sua gravità, conosce una completa remissione dei sintomi, grazie all’intercessione dei Beati, e può realizzare il suo sogno: diviene neurochirurgo, si sposa e conduce una vita normale.
La Chiesa ricorda i Beati Luigi e Maria rispettivamente il 9 novembre e il 26 agosto, ed è viva l’eco delle parole di Giovanni Paolo II:
“Non può più essere accettabile venga negato il giusto riconoscimento alla santità silenziosa e normale di tanti padri e madri”.
GENERAZIONE X – Impressioni a velocità luce
Sono sicuro che tutti e sei i gentili lettori che seguono con costanza i miei articoli avranno ormai compreso che amo strutturarli partendo da riferimenti a film o serie TV più o meno recenti. Faccio questo perché spero di catturare l’interesse del lettore facendo leva sulle sue possibili conoscenze pregresse, perché sono genuinamente convinto che il modo migliore di comprendere la realtà sia attraverso la narrativa e perché, in questo modo, posso dire a me stesso che tutto il tempo passato davanti alla TV non è sprecato.
Originariamente era mia intenzione procedere allo stesso modo con questo articolo, anche considerando che tema di questo numero (Il nostro impatto sul mondo extra-associativo) ben si agganciava ad un film che ho visto recentemente, la cui trama prevedeva il precipitare di meteoriti sulla Terra e protagonisti messi alla prova dalla necessità di farsi comprendere in un ambiente che non era propriamente il loro.
E prima che possiate pensarlo no, non era un blockbuster americano e sì, c’erano un sacco di belle esplosioni.
Ma come spesso accade nella vita, le decisioni finali non vengono prese da noi ma dalle circostanze che ci circondano, e così è stato per me.
Il mio progetto originale si è infatti impattato al suolo non appena ho avuto il piacere di leggere gli articoli, ed ascoltare le opinioni che i miei repartisti hanno voluto condividere con me.
Non credo di stare tradendo, con questa mia decisione, il tema scelto per il giornalino. L’idea era infatti quella di affrontare il tema dell’impatto in un luogo diverso da quello su cui ci muoviamo scoutisticamente tutti i giorni, ma nessuna nazione sulla Terra sarà mai tanto aliena e diversa da noi quanto l’animo delle persone che abbiamo vicine. Ed io sento di essere riuscito, nel bene e, ahimé, nel male, a lasciare là un vero impatto. È là che, più o meno volontariamente ho lanciato le mie meteore che hanno formato nuove alture e nuovi crateri, che si sono poi riempiti dei pensieri e delle riflessioni dei colpiti, ed hanno assunto un nuovo e bellissimo aspetto di lago.
E se questa cosa è stata possibile a me, sono sicuro che sarà avvenuta allo stesso modo in tutti i nostri ragazzi e che anche loro, come una specie di granitica pianta spaziale, con le loro parole e le loro azioni saranno in grado, anche senza fazzolettone, di impattare negli animi delle altre persone e lì, col tempo, germoglieranno.
Tricheco birbante
VOLONTARIATO – Cesvov Intervista a Maurizio Ampollini, direttore del Csv Insubria
Quando, come e perché è nato il Cesvov?
Il Cesvov (Centro di Servizio per il Volontariato della provincia di Varese) è nato nel 1997 in attuazione della Legge quadro sul volontariato (266/91), che prevedeva, tra le altre cose, la nascita di Centri che supportassero il volontariato. Dallo scorso anno c’è però una nuova normativa che regola il terzo settore, e alcune cose sono cambiate e stanno cambiando anche per i Centri di Servizio.
Sul nostro territorio, ad esempio, si è fatta la scelta di unificare i Centri di Varese e Como: motivo per cui oggi siamo diventati il Centro di Servizio per il Volontariato dell’Insubria, ovvero Csv Insubria. Dal punto di vista formale e della governance Centri di Servizio sono associazioni di associazioni che, attraverso meccanismi complessi – che prevedono uno stretto controllo – ricevono i fondi per poter erogare i loro servizi dalle Fondazioni di origine bancaria, nel nostro caso in Lombardia principalmente dalla Fondazione Cariplo. Vi ricordo che il Centro di Servizio di Varese fa anche parte della rete dei Centri di Servizio della Lombardia (Csv Net Lombardia) e della rete nazionale Csv Net, questo per dire che realtà come la nostra sono presenti in tutta Italia.
Di cosa si occupa nella pratica?
Il Centro di Servizio per il Volontariato ha avuto come compito quello di supportare le associazioni di volontariato con servizi gratuiti di consulenza amministrativa e contabile, di formazione, di informazione e documentazione. Inoltre, tra le attività svolte, vi è sempre stata quella della promozione del volontariato sul territorio. Nel Varesotto questi servizi sono sempre stati estesi anche alle associazioni di promozione sociale, prima in base a specifici accordi con la Provincia di Varese e in un secondo momento prevedendo per questi soggetti delle tariffe. Oggi la nuova legge amplia il numero di soggetti a cui ci rivolgiamo: siamo, infatti, al servizio di tutti gli enti del terzo settore nei quali operino dei volontari. Inoltre, non siamo più semplici erogatori di servizi, ma svolgiamo sempre più un ruolo di accompagnamento al volontariato nella lettura dei bisogni del territorio.
Quante e che tipo di associazioni raccoglie?
Come già detto il Csv è una associazione di associazioni: oggi il Csv Insubria conta 168 soci: essere socio significa poter partecipare alla vita dell’associazione, come succede in qualsiasi associazione. Differente è il discorso dei servizi erogati: la legge dice che essi sono rivolti gratuitamente a tutti i volontari, indipendentemente dal tipo di ente di terzo settore in cui essi operino. Per questo il numero di associazioni a cui ci rivolgiamo è decisamente più ampio.
Qual è la risposta del territorio ad un’istituzione come la vostra?
Con il territorio abbiamo sempre avuto un rapporto molto positivo e di collaborazione soprattutto per quanto riguarda le collaborazioni con i Comuni per i Piani di zona, ma anche con le scuole e le Università del territorio non sono mancate occasioni di collaborazione.
Quale contributo può dare un normale cittadino al vostro operato?
Più che altro siamo noi che possiamo dare un contributo ai cittadini: tra i soggetti a cui ci rivolgiamo, infatti, ci sono anche i “potenziali volontari”, ovvero coloro i quali non sono ancora attivi, ma vorrebbero fare volontariato. Abbiamo diverse attività di promozione del volontariato: per i giovani, ad esempio, siamo un punto di riferimento per i progetti di volontariato europeo (Sve) che permettono di fare esperienze di volontariato all’estero, ma anche di Servizio Civile Nazionale. Attraverso una bacheca on line diamo inoltre la possibilità di conoscere le opportunità di volontariato sul nostro territorio.
Cosa deve fare un’associazione per legarsi a voi?
Come detto diventare soci del Csv Insubria è una scelta che deriva dal voler aderire alla vita stessa del Centro e il nostro regolamento detta i passi da fare per una adesione formale di questo tipo. Diverso è il voler usufruire dei servizi o semplicemente restare informati sulle novità e sulle nostre proposte: in questo caso è sufficiente consultare il nostro sito, iscriversi alla nostra newsletter o seguirci sui social.
Al di fuori dell’intervista, un’iniziativa che ci viene segnalata è premio “Giovani nel Volontariato” che mette sul podio tre ragazzi che hanno tra i 16 e i 25 anni, in un simbolico passaggio di testimone tra vecchie e nuove leve. Al premio giovani nel volontariato possono essere candidati sia singoli ragazzi che gruppi.
L’obiettivo del premio è quello di raccontare storie che siano esempio per tutti, ma anche di avere un giorno in cui dire grazie a tutti i volontari che operano nella quotidianità, affiancando spesso le istituzioni che operano nel sociale. Per questo motivo da alcuni anni si è scelto di coinvolgere nella premiazione anche i sindaci dei Comuni di residenza dei volontari stessi: la cerimonia di premiazione si terrà nel mese di maggio.
Riferimenti
Sito: www.cesvov.it
Tel. 0332.237757
Facebook: https://www.facebook.com/cesvov. varese/
Convertiti e credi al Vangelo
IMPATTO. Se rifletto sul primo collegamento mentale che questa parola mi evoca, mi viene da pensare ad un incidente. Ma credo che questo sia il modo peggiore per intendere la capacità dello scautismo di lasciare un segno nel mondo. Un incidente, qualcosa di brutto generato da uno scontro. Questo è il risultato che otteniamo quando pretendiamo di mostrarci i migliori di tutti, quando crediamo che le cose così siamo bravi solo noi a farle, che se non vivi l’avventura da scout non la vivi proprio, che puoi sperimentare una fede vera solo se ti lasci interrogare dalle tracce di Dio nella natura, altrimenti sei un bigotto. Generiamo uno scontro che separa, che incattivisce, che chiama ciascuno a far prevalere le proprie ragioni con troppa determinazione, proprio come fanno i due guidatori delle macchine coinvolte nel sinistro. Invece credo che noi abbiamo ben altra responsabilità, che è quella di “spingere contro”. Sono andato a riesumare il vecchio dizionario di latino, e questo è il significato più profondo della parola IMPATTO. Se ti spingo contro a qualcosa, in qualche modo tu ne rimani segnato. Se ti spingo contro una superficie fredda, ti trasmette la sua temperatura. Se spingo un sigillo contro la ceralacca, ne lascerà impressa la sua forma. Allora sì, noi scout siamo chiamati a spingere gli altri contro una sorgente incandescente di bene, un sogno meraviglioso che deve necessariamente lasciare il segno. Io penso che siamo chiamati, in fine dei conti, a spingere gli altri verso Dio. Non credo che se ne avrà a male, anche se saremo poco delicati. Una volta che noi avremo generato questo IMPATTO, poi sarà lui a decidere di lasciare il suo segno. Un segno buono, che non separa i migliori dai peggiori, ma chiama tutti a riunirsi sotto lo stesso Amore. Castorini, lupetti, esploratori e guide, novizi, rover e scolte, capi, AE ognuno nel suo piccolo fallisce la propria missione se alla fine di tutti i propri sforzi, dopo aver costruito la diga, cacciato nella giungla, tracciato il sentiero, fatto strada servendo, educato nella testimonianza, trasmesso la fede non riusciamo a dire di aver “spinto contro Dio” ognuno dei nostri compagni di cammino, aver permesso che ad ognuno di loro rimanesse impresso il Suo segno. E tra tutti i segni che Dio ci ha trasmesso, penso che quello della cenere, che nella domenica all’inizio della quaresima riceviamo sulle nostre teste, sia il più eloquente. Quella cenere, generata dal rogo degli ulivi portati in processione nella domenica delle Palme precedente, dice bene su cosa dobbiamo contare: non certo sul successo nel mondo, sulla gloria dei palcoscenici, sui like dei social network. Cos’è rimasto degli ulivi e delle palme che venivano mosse per rendere omaggio al Salvatore? Un pugno di cenere. E non diciamoci che fine ha fatto quel Salvatore, prima osannato, poi appeso al legno. Ma quel che conta, quello che importa davvero, è ciò che si dice mettendo la polvere sulle nostre teste: “Convertiti e credi al Vangelo”. Ecco quello che importa sul serio, il segno indelebile del nostro “appartenere a Dio”: la conversione continua, la sensazione di non essere mai arrivati, di poterci mettere sempre in discussione; e il Vangelo, quel testo infuocato che ha resistito al trascorrere dei millenni senza mai diminuire la propria intensità. Se riusciremo a trasmettere questo, a spingere contro questa logica, a determinare questo IMPATTO, allora quella “C” prenderà di nuovo tutta la sua consistenza. Buona Quaresima, buon IMPATTO con un amore sprecato che ci permette di risorgere.
don Claudio
Clan KYPSELE: Referendum costituzionale e le sue conseguenze
Ci sono molti elementi in ambito politico che generano svariate discussioni, ma in queste ultime settimane l’evento che ha creato più discussione è sicuramente il referendum consultivo del 22 ottobre che ha avuto come oggetto la possibilità di intraprendere le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme di autonomia, con le relative risorse e competenze (istruzione, ricerca, tutela della salute, ambiente e coordinamento della finanza pubblica). Il referendum è detto consultivo proprio perchè con la maggioranza dei voti non ci sarebbe un’attuazione immediata di queste autonomie, ma semplicemente l’avviamento di un processo all’interno del governo, che porterebbe a un’approvazione o no della cosa. La richiesta di autonomia è legata all’articolo 16, III comma. In totale il referendum è costato circa 50 milioni di euro. Per il voto non è stato necessario un quorum (ovvero una cifra precedentemente stabilita che deve essere superata dal numero di voti) infatti solo il 38,3% dei cittadini lombardi ha votato, e di questi il 95,3% ha votato sì. Cosa dunque è successo dopo il fatidico voto? In seguito all’esito del referendum gli organi di governo lombardi si sono impegnati a dialogare e ad intraprendere una discussione con il governo nazionale al fine di ottenere l’autonomia in diversi aspetti dell’amministrazione regionale, purtroppo senza giungere ancora ad una conclusione accettabile da entrambe le parti. Tuttavia entrambe le parti hanno comunicato di voler chiarire i vari punti proposti e di voler giungere ad un compromesso che veda sia lo Stato Italiano che la Regione Lombardia avvantaggiata.
Yak frenetico
Antilope effervescente
Riccio vivace
Donnola fidata
La Bellezza sta dentro, come un elefante divorato da un serpente
La bellezza è una qualità che solo in pochi hanno, quella sensazione in cui una persona ed un’altra riescono a condividere lo stesso pensiero e farlo capire all’altro reciprocamente è davvero bello. Voi penserete: “eh no caro mio, quello è amore!” No, mi dispiace amore è un’altra cosa: la bellezza è quello che hanno dentro le persone non il fatto che uno è magro o in carne. Se vogliamo possiamo vedere la bellezza in tutti, ma quella vera non si capterà mai con l’intuito o con gli occhi. La bellezza è in un gesto non nei capelli, la bellezza è in una scelta non lo smalto sulle unghie e soprattutto la bellezza è nel credere negli amici, fidarsi e non farli soffrire. Ricordatevi una cosa, per vedere la bellezza bisogna guardare il mondo con occhi diversi, la vera bellezza. Non dimenticate: “l’essenziale è invisibile agli occhi”.
Caicco Ostinato
Reparto Phoenix: Bellezza interiore
Credo che sia la prima volta che decido di scrivere qualcosa per questo giornalino, quindi eccomi qui. Ai giorni nostri spesso identifichiamo la bellezza con l’apparenza, a come si presenta esteriormente un oggetto, un animale o persona. Esprimersi sul concetto di bellezza significa quindi esprimere una opinione su ciò che si vede dall’esterno. Questo modo di vedere la realtà può andar bene quando si osserva un oggetto, si apprezza la linea di una bella macchina o si osserva un bel panorama. Tutto cambia quando ci si trova di fronte una persona, ovvero ci si trova davanti ad un essere con un’anima. L’attuale contesto sociale in cui ci muoviamo esalta la bellezza fisica delle persone, molto si basa sull’immagine, un aspetto “bello” è già di per sè un aspetto vincente, che ti permette di fare, dal punto visivo, una scelta che però ha un impatto anche sulle capacità di una determinata “bella” persona. Quante volte abbiamo visto film in cui una segretaria viene scelta solo per la sua bellezza fisica e magari non sa nemmeno come si accende un PC, oppure quante volte vediamo in TV la bella BELEN, la showgirl di origine argentina che guadagna moltissimo anche per un semplice servizio fotografico? La bellezza di una persona è insita nell’amore e bontà che riesce a trasmettere agli altri a prescindere dell’aspetto esteriore. Senza dubbio è comunque importante avere un’immagine pulita ed onesta, aver cura della propria persona, perchè al contrario l’essere in disordine, trasandati è un evidente esempio di un carattere incostante e poco maturo. Una volta si diceva che la forma è sostanza, forse è esagerato dirlo ai giorni nostri ma è un concetto che senza dubbio ai nostri tempi ha una grande importanza, soprattutto adesso che è difficile avere punti di riferimento, soprattutto per noi ragazzi adolescenti ancora in crescita. Per questo credo che appartenere agli scout sia una grande esperienza che ci aiuta a conoscerci bene e in profondità d’animo ma anche ci aiuta a crescere con sani principi e nel rispetto delle regole. Questa è la nostra bellezza.
Francesco Cacciagrano
Reparto PEGASO: Una bella Porto Ceresio
“Dai forza che ci siamo quasi, dai arriviamo all’oratorio e abbiamo vinto, manca poco e….. le coyote vincono”. Ecco questa è stata, la frase che mi ricordo, quando ho fatto il mio primo pernotto, a Porto Ceresio, il gioco era creato dal quarto anno e il tema era Kung-Fu Panda. Vi confesso una cosa (top secret): durante il gioco un ex-repartista, di nome Dema, stava correndo e mentre lo inseguivamo lui è andato verso il lungo lago e si è bagnato le caviglie, il motivo era che il lago era straripato dalla sua “culla”, e Dema se lo era scordato. E’ stato un momento molto divertente, che segnò il mio primo anno. Un altro momento che mi ricordo è stato quando stavamo facendo un pernotto solo femmine (anche se c’era Nic) e l’obbiettivo del gioco era salire ad una rocca, (era una chiesa in cima a una collina e si riconosceva da una croce illuminata). Questo momento mi è rimasto impresso perchè, di solito, non ero così veloce nel salire e quella volta fui la prima della mia squadriglia. L’ultimo ricordo che ho di Porto Ceresio è stato il gioco che abbiamo fatto nelle trincee: l’obbiettivo del gioco era trovare delle api guerriere, regine e operaie nascoste nelle trincee. Io e la mia primina Ludovica con un po’ di coraggio abbiamo percorso la trincea che era piena di foglietti che abbiamo portato mano a mano in base. Sembrava lunga tipo un chilometro. Poi dopo aver raccolto il nostro obbiettivo abbiamo fatto i conti e, dopo averli finiti, prima di andare abbiamo vi sto il bel panorama che c’era. E’ stato anche questo uno dei momenti che mi ricorderò a Porto Ceresio perchè assieme a me c’era la mia squadriglia a godersi lo spettacolo.
Klaudia
Civetta Perseverante
Essere pronti o preparati?
Il motto degli scout in inglese (quindi quello originale, potremmo dire) è “Be prepared”, letteralmente “Sii preparato”, che è però stato tradotto in italiano con “Sii pronto”. Forse “pronto”, “ready” in inglese, suona meglio di “preparato”, ma apprezzo che si sia fatta questa scelta. Trovo infatti che il secondo termine sia sottilmente più adatto a rappresentare come uno scout dovrebbe essere. Vorrei farvi subito un paio di esempi utili per capire cosa vorrei dirvi.
Pensiamo al preparare da mangiare, o meglio ancora, a preparare una cena con tanto di ospiti, servizio buono e portate numerose. Diciamo preparare perché in questo caso abbiamo pianificato tutto e sappiamo prima come si svolgerà la cena: sappiamo il menù e quindi che piatto servire in che momento, sappiamo chi abbiamo invitato e quindi chi accogliere e dove farlo sedere a tavola, sappiamo se qualcuno non mangia certi cibi e abbiamo, magari, già messo in fresco il vino giusto da abbinare.
Pensiamo, invece, ad un atleta prima che inizi la sfida: sta aspettando il segnale “pronti, via!”, infatti non può sapere come evolverà la gara e quali saranno le mosse degli avversari; non può aver preparato un piano per ogni evenienza ma, all’occorrenza, dovrà fare affidamento sulle sue capacità per rispondere prontamente.
Cosa c’entra questo con gli scout? Direi che gli esempi ci si tuffano nella mente: uno fra tutti potrebbe essere un hike o una tappa della route. Prima di partire si fa lo zaino e si studia la strada (magari qualcuno l’ha anche già fatta durante un sopralluogo), ma non si potrà mai essere del tutto preparati. Non possiamo prevedere se effettivamente tutti saranno capaci di camminare al passo giusto e se si riuscirà a rispettare la tabella di marcia, se qualcuno si farà male né dove o quanto o se, come è capitato al mio clan un giorno, una pioggia torrenziale farà franare l’unico sentiero percorribile. Un altro esempio potrebbe essere un campo estivo: non potremo preparare prima il calendario del campo prevendendo i giorni in cui pioverà, ma dovremo farci trovare pronti con le canaline attorno alle tende, i teloni sulle cucine e la legna per il fuoco al riparo.
In certi casi, dunque, il “Be prepared” originale di Baden-Powell va sostituito con il detto di un altro noto generale e stratega, Erwin Rommel, che disse: “Nessun piano può resistere all’impatto col nemico”.
Dobbiamo essere pronti, dunque, attenti a capire ciò che la vita ci sta ponendo davanti e a coglierlo al meglio con le nostre doti e capacità; quei talenti che, come le molte lame dei coltellini svizzeri, abbiamo sempre con noi per usarli di volta in volta al meglio. Dopotutto nessuno è mai stato così folle da preparare un naufragio, ma è lì che, secondo B.-P., uno scout deve risultare “indispensabile”.
Siamo in Avvento. Ci stiamo quindi preparando al Natale. Già, perché Natale arriva ogni anno lo stesso giorno e, per quanto rimanga sempre bello e magico, sappiamo già pressappoco cosa succederà: si addobba l’albero, si allestisce il presepe, si comprano i regali, poi c’è la messa, si aprono i regali e si fa il pranzo con i parenti. Si tratta di un rituale, appunto, che vuole celebrare la venuta di Cristo sulla Terra e ci ricorda la Bellezza del suo messaggio. Però Gesù non possiamo incontrarlo solo una volta l’anno. Infatti, Lui può arrivare nella nostra vita ogni giorno, in ogni momento… ma non sappiamo né come né quando. Non possiamo segnarci l’arrivo di Gesù nella nostra vita sul calendario o scrivercelo sull’agenda o creare un evento su Facebook (ed invitarci gli amici, ovvio). Non possiamo prepararci, possiamo solo farci trovare pronti. Quanta bellezza ci passa ogni giorno sotto gli occhi e non siamo pronti a coglierla perché “in altre faccende affaccendati”?
Cogliamo, quindi, la bellezza del Natale per spingerci a cercare quella Bellezza che potrebbe essere dietro ogni angolo che svoltiamo, in ogni persona che incontriamo e in ogni cosa che facciamo. Pronti a coglierla.
Gus