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Week-end dell’Accoglienza aperto a tutti!

 

volantino4__Nelle giornate di sabato 8 e domenica 9 ottobre il Gruppo AGESCI Busto Arsizio 3 svolgerà delle attività di accoglienza per coloro che vogliono avvicinarsi al mondo dello scoutismo, in particolare per bambini e bambine tra i 5 e 8 anni per i Castorini e a ragazzi e ragazze tra gli 8 e i 12 per i Lupetti.

Le attività si svolgeranno sabato pomeriggio dalle 15.00 alle 17.00 e domenica dalle 9.00 alle 17.00 presso la sede del gruppo, ovvero l’ex-Macello Civico situato in via G. Pepe 3.

Si tratterà di attività, aperte a tutta la cittadinanza, di gioco vissute con i capi e i ragazzi e
ragazze del Gruppo per mostrare le intenzioni e le modalità dell’educazione scout.

Per maggiori informazioni è possibile usare la sezione “Contatti” di questo sito.

 

Doppia festa per il Bustotre!

SI è trattato di un week-end molto positivo per il nostro Gruppo: sabato 1° ottobre abbiamo ricevuto dalle mani del sindaco Emanuele Antonelli, insieme agli altri gruppi AGESCI di Busto Arsizio, il premio Olga Fiorini durante la Festa del Ringraziamento.

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La delegazione AGESCi alla Festa del Ringraziamento

Domenica 2 ottobre, invece, al termine della Festa di Apertura che sancisce l’inizio di questo anno scout 2016-2017, lo stesso sindaco  Antonelli ci ha fatto visita presso l’ex-macello civico ringraziandoci perché “se molti più giovani di Busto venissero educati come siete voi l’Amministrazione avrebbe un grosso problema in meno”.

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Il sindaco Antonelli alla Festa di Apertura del Gruppo

Tempo di ripartire

L’estate è la stagione a cui sono legati alcuni dei ricordi più belli: sarà per questo che il suo arrivo ci accende nel cuore un entusiasmo difficile da contenere.
Ma… siamo pronti?
Controlliamo un attimo se abbiamo preparato bene lo zaino!
Anzitutto delle buone scarpe: non quelle che sono state chiuse in un cassetto mentre ce ne stavamo comodi in casa. Scarpe con cui abbiamo confidenza, con cui abbiamo camminato a lungo, con il buono e il cattivo tempo. Ci sono? Bene.
Poi ci serve un Vangelo. Non uno nuovo, che quando lo apri si chiude da solo: ce ne serve uno consumato, aperto e chiuso decine, che dico, centinaia di volte, con qualche angolo strappato e qualche riga scritta a matita. C’è? Ok.
Degli amici non possono mancare. Amici da portare con noi o amici a cui raccontare tutto al nostro ritorno, amici a cui non abbiamo negato il nostro aiuto in quest’anno e a cui non abbiamo avuto paura di chiederne. Li abbiamo? Ottimo.
Infine ci serve una strada. Una strada bella, affascinante, entusiasmante. Si sa: quelle comode non ti portano a vedere l’orizzonte, non ti fanno contemplare l’alba, non ti riempiono il cuore. Dovrà essere allora un po’ impegnativa, capace di stimolarci e di donarci energie nuove. L’avete già scelta? Eccezionale.
Non vi manca nulla…

 

don Matteo

Hanno lasciato una traccia: James Spensley

 James SpensleyJames Spensley, figlio di William Spensley, pastore evangelico, e di Elizabeth Alice Richardson, sbarcò come medico di bordo da una nave inglese nel porto di Genova nel 1896 – quando nel capoluogo ligure era presente una folta colonia britannica, dovuta all’accresciuta importanza dello scalo portuale genovese dopo l’apertura del Canale di Suez. Grande appassionato di calcio, in patria si era cimentato come portiere in una piccola squadra della sua città. Entrato nel club genoano, vista la sua capacità organizzativa, fu nominato capitano della squadra di calcio.
Spensley fu anche uno tra i promotori ad organizzare la prima sfida di calcio tra rappresentanti di diverse città italiane. Questa sfida si tenne il 6 gennaio del 1898 tra il Genoa e una squadra mista di giocatori dell’Internazionale Torino e della Torinese, che vinse la partita, e diventerà per Spensley e altri l’occasione per gettare le basi sulla possibilità di unire, come in Inghilterra, tutte le squadre di calcio italiane in un’unica entità che sarà poi la FIGC.
Nella partita di finale valevole per l’assegnazione del primo titolo italiano di campionato, poi aggiudicato al Genoa, Spensley giocò nel doppio ruolo di difensore/portiere poiché dopo l’infortunio dell’estremo Baird il medico inglese prese il suo posto tra i pali. Benché inglese, il 30 aprile 1899 giocò a Torino presso il Velodromo Umberto I l’incontro amichevole nella Selezione Italiana contro la Selezione Svizzera, terminato due a zero a favore degli elvetici.
Il medico e fervente sportivo inglese prese parte a molte partite come portiere e difensore centrale fino al 1906 all’età di 40 anni con la squadra da lui fondata: le cronache dell’epoca riferiscono che non fu un atleta particolarmente dotato tecnicamente, anche se è pensabile che, all’epoca, certe qualità non fossero enfatizzate come sarebbe accaduto solo che pochi decenni dopo. Non si sottrasse, tuttavia, all’impegno morale di coordinatore del settore Calcio, guidando e dirigendo la squadra, dal suo arrivo in società fino al 1903 e nuovamente nel 1907. Nel 1904 guidò la seconda squadra rossoblu alla vittoria del primo campionato di Seconda Categoria.
Con i rossoblu vinse i campionati del 1898, 1899, 1900, 1902, 1903 e 1904, tutti da titolare pressoché inamovibile. Inoltre nel novembre del 1908 allenò l’Andrea Doria, squadra nata a Genova nel 1900.
Spensley fu anche uno stimato arbitro di calcio, dirigendo partite del campionato italiano sino alla sua partenza per il fronte.
Mentre era in Inghilterra, Spensley aveva conosciuto Robert Baden-Powell e ne aveva anche avuto in dono una copia autografata del libro Scouting for Boys. Nel 1910 l’associazione genovese Juventus Juvat, detta anche “le Gioiose”, fondata da Mario Mazza decise di avvicinarsi alle prime esperienze scout italiane nate da poco a Bagni di Lucca per opera di Sir Francis Vane. Lo stesso Vane suggerì a Mazza di contattare Spensley, e venne a Genova per una conferenza il 13 novembre 1910. In seguito a questa conferenza, due giorni dopo, Mazza e Spensley costituirono la sezione genovese dei Ragazzi Esploratori Italiani (REI). In quegli anni ebbe diversi scambi epistolari con un altro padre dello scautismo italiano Carlo Colombo. Fra i due c’era molta stima e convergenza di vedute sul movimento.
Spensley morì a seguito di una ferita riportata sul campo di battaglia durante lo svolgimento delle sue mansioni mediche, si racconta, infatti, che Spensley stesse portando soccorso ad un nemico ferito. Fatto prigioniero, in quanto ufficiale veniva portato nella fortezza di Magonza, in Germania, dove moriva. La Fortezza di Magonza è stata distrutta durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale e per molti anni si è pensato che le spoglie del medico inglese fossero andate perdute, tuttavia, dopo alcuni anni di ricerche condotte da Franco Savelli, la sua tomba è stata scoperta nell’agosto 1993, a cento anni dalla fondazione del Genoa, nel cimitero militare britannico di Niederzwehren, vicino a Kassel in Germania, da due tifosi del Genoa, lo stesso Franco Savelli (scout del CNGEI) e Mario Riggio (scout dell’AGESCI).
Spensley, uomo di grande cultura, era un grande appassionato e praticante di diversi sport, fra cui pugilato e il nascente calcio. Appassionato di religioni orientali, conosceva – oltre alle lingue europee – il sanscrito ed il greco; quale medico di bordo aveva avuto possibilità di viaggiare all’estero e di apprendere lingue, usi e costumi di varie località del mondo.
Da grande filantropo qual era, durante la sua permanenza a Genova si dedicò al sostentamento dei trovatelli e degli orfani di strada.

Generazione X: Una nuova corsa

Tutti i lettori sono pregati di rimanere seduti e di non sporgere né gambe né braccia fuori dal carrello fino alla fine della corsa. La parte che avete già affrontato potrà esservi sembrata difficile, ma vi assicuriamo che non avete ancora visto nulla.
No cari lettori non temete, non siete stati magicamente trasportati sulla giostra di un parco tematico. State semplicemente facendo esperienza dell’unica cosa esistente con più alti e bassi di un ottovolante: la vita.
Una differenza fondamentale, però, è che se sulla giostra proviamo tutti le stesse sensazioni durante le stesse parti del tracciato con la vita, invece, ognuno è indipendente. Quello che per alcuni è una curva inaspettata e spaventosa, per altri è invece un tranquillissimo rettilineo e a sua volta il rettilineo può portare ad una salita verso qualcosa di più proficuo, o precipitare verso una realtà molto spaventosa.
Eppure, ci sono alcuni momenti della vita che diverse persone vivono alla stessa maniera, e credo che quello in cui ci troviamo proprio ora tutti noi scout sia uno di questi. Certo ci sono comunque i vari modi in cui affrontiamo gli avvenimenti che ci capitano in casa, a scuola, al lavoro o con gli amici ma tutti noi, dal punto di vista scout, siamo ora in trepidante preparazione del campo estivo.
Ed io non posso fare a meno di immaginarmi questa situazione come quando l’ottovolante si incanala in una di quelle salite altissime dove il carrello dev’essere trainato verso l’alto da una catena che scatta ad ogni metro.
Un altro giorno è passato CLANG
Preparare il viaggio CLANG
Preparare il materiale CLANG
Fare lo zaino CLANG
E, dopo tutta questa preparazione, l’inevitabile discesa.
Non una discesa semplice o spensierata, ma una di quelle belle, di quelle che ti riempiono di emozioni contrastanti e che ti costringe a scoprire te stesso, e quali sono i tuoi limiti.
Personalmente, quest’anno spero di riuscire a sfruttare proprio quest’ultimo aspetto. Affrontare finalmente i miei limiti e le mie insicurezze, per poter far vivere a tutti il miglior campo estivo possibile.
E spero, in cuor mio, che la stessa cosa possa valere anche per voi.
Fine della corsa… per quest’anno.
Rincomincia un altro anno.
Tutti i lettori sono pregati di rimanere seduti e di non sporgere né gambe né braccia fuori dal carrello fino alla fine della corsa. La parte che avete già affrontato potrà esservi sembrata difficile, ma vi assicuriamo che non avete ancora visto nulla.

 

Tricheco Birbante

Quando la scuola incontra lo scoutismo… succede un gran bel GIOCO!

E non avviene solo nelle scuole dell’infanzia o in quella primaria… oppure “solo” negli anni della scuola dell’obbligo. A febbraio 2016 si è rinnovato il protocollo d’intesa tra MIUR e AGESCI e così vi racconto dell’esperienza fatta a riguardo.
Mercoledì 18 e giovedì 19 qualcosa di sorprendente, perché piuttosto raro, è accaduto in una scuola secondaria di secondo grado: la Scuola ha incontrato lo Scoutismo.
E’necessario ammettere qualche punto di una casualità fortuita che però, per chi come me crede, non sa di fortuna ma è piuttosto parte di un disegno ben preciso.
Insomma… una quarta del turistico ha problemi di comunità: si insultano, si infamano, non riescono a stare insieme e continuano a esprimere un comportamento poco conforme all’ambiente scuola, trasgredendo anche la minima regola stabilita dall’istituto, in linea con il ministero.
E chi meglio del dipartimento di Scienze Motorie può intervenire per proporre delle attività adeguate ad instaurare una scintilla di cambiamento?
Così la mia collega, loro prof, mi chiede: “ma tu che sei una scout, non ci sono attività che facciano da botta in testa a queste scostumate e cercare di prepararle ad una quinta superiore efficace alla maturità?
Detto, fatto: attività in modalità pernottamento in quel posto magnifico che è Maccagno.
Così, tra un percorso hebert tra la burrocrazia (scritto proprio con due “r” perché rende l’idea del suo essere impastante) scolastica e lo scetticismo generale dei colleghi di consiglio di classe e delle stesse ragazze, che non volevano cogliere la sfida, ci siamo assestati su un gruppo di 18 allieve di quarta superiore, due insegnanti e due scout (Giorgia e Giorgio) in cammino di partenza.
Il primo ostacolo risolto… la presentazione dell’attività ha dato un ulteriore stop: attività caratterizzata dal concetto di essenzialità, quindi nulla di più del necessario e ingrediente essenziale: la fatica.
Le domande e le obiezioni si potrebbero raccogliere farne un copione teatrale: “posso portare il trolley?” oppure… “prof., ma usciremo la sera? Avremo il tempo di truccarci?”. Ed alla proposta di “abbandonare” il cellulare e le sigarette per meno di 24 ore, si è levata la sommossa popolare.
Ma… Ma pronti via; con qualche riluttanza, il gruppo ha accettato la proposta e di impegnarsi ad attuarla… quindi ore 7.30, in stazione a Saronno per il treno, direzione Maccagno.
Ferrovie Nord… incubo dei pendolari e a questo punto dico dei gruppi che vogliono fare un’esperienza scoutistica… in stazione c’impediscono di prendere il treno per Maccagno, via Busto Nord perché avevamo biglietti di sola seconda classe e il treno, a detta della biglietteria di Saronno, era di sola prima. Cerchiamo di risolvere… c’è tempo per fare l’integrazione all’ufficio per il pubblico… ma… non si è calcolato il solo dipendente allo sportello con la velocità del tipico bradipo zoppo, specie in incremento esponenziale negli uffici di utilità pubblica e…
Tu tuuuuuu… Il treno è andato!
Prendiamo il successivo, senza fare l’integrazione perché anche di seconda classe, ma a Busto Arsizio la coincidenza per Maccagno era partita 3 minuti prima.
Prossimo treno ore 14.07 dalla Stazione Centrale… Che fare?
Ma un simpaticissimo tour nella Città degli Scout a soli pochi minuti dalla stazione FNM!
E ringraziando il cielo per avere le chiavi della sede in tasca, ho guidato il gruppo di profughi cittadini in sede, interpretando il ruolo di cicerone in spiegazione della riconversione di area industriale d’inizio 1900…
Ma vuoi mettere? E così si spiega la storia del Busto3, delle attività che fanno gli scout, di quali pilastri siano la formazione del carattere, la scelta di Credere, la salute e la forza fisica, il servizio per auspicare la cittadinanza attiva, … insomma, Promotion!
La mattinata era ancora lunga e l’imprevisto ferroviario ci ha obbligato a fare a Busto quanto avremmo dovuto fare a Maccagno: divisione in sottogruppi (pattuglie) per fare la spesa e scegliere il menù, con un budget preciso; per ideare un piccolo bivacco per la sera, dopo il gioco serale/notturno. Le altre pattuglie (logistica, servizio, …) avrebbero avuto realizzo solo a Maccagno.
Il supermercato vicino alla sede è stato provvidenziale perché la pattuglia spesa (di ben 8 ragazze) ha risolto la fatica dei sacchetti, trasportando la spesa direttamente nel carrello… Che poi ho obbligato a riportare!
Ore 13.00… si parte dalla sede per la stazione FS! Ovviamente passando dal centro! Quindi se sentirete parlare di una comitiva di ragazze improbabili escursioniste con borse e zaini glitterati, sapete chi erano!
Alla stazione si chiede conferma allo sportello e un bigliettaio gentilissimo, e impietosito dal nostro viaggio della speranza, ci ha certificato che l’addetto a Saronno ci aveva dato informazioni false e tendenziose: avremmo potuto prendere il treno programmato senza alcun problema… ARGH!
Finalmente si arriva a Maccagno… Si arriva alla casa… non vi dico le imprecazioni… ore 16.00 circa: si apre la casa, si esplora il territorio, ma senza uscire dal cancelletto, … il panorama, … Sessione di topografia tenuto da Giorgia e Giorgio… la bussola: cosa serve la bussola? “ma si… è come il GPS!
La pattuglia cibo s’avvia al loro compito… sembravano tante api nell’alveare; la collega era incredula nel vederle lavorare insieme e con armonia.
E questo è stato l’avvio dell’attività: un gioco notturno concretizzatosi in una mini gara di orienteering con due stazioni con ciascuna il suo compito: in una dovevano trovare una chiave con il colore della loro squadra in un catino pieno di terra, nell’altra dovevano montare e smontare una tenda in al massimo 7 minuti.
L’indomani ci sarebbe stato un piccolo trekking fino al lago Delio, ma ahimè il tempo è stato inclemente e ci ha permesso solo un giro sul lungolago di Maccagno.
Prima di ritornare a Saronno abbiamo fatto la “verifica” tanto cara agli scout e così improbabile nell’ambiente scuola per le attività proposte e per i docenti. Giorgia e Giorgio hanno passato a pieni voti l’attività: le ragazze hanno acquisito la capacità di leggere una cartina e di calcolare l’azimut anche alla sola vista. La competenza, verrà… se vorranno esercitarsi.
Il gioco è piaciuto ed è soprattutto piaciuto il clima di armonia che regnava in queste 24 ore di “respiro”.
Le note negative, consapevolizzate dalle ragazze, sono state sulle sfide di non utilizzare il cellulare e le sigarette: si sono rese conto della loro dipendenza.
Mah… che dire… condivido con la collega la certezza che importante è seminare: ci abbiamo provato ed è forse stata una goccia nell’oceano. Ma senza quella goccia, l’oceano sarebbe diverso!
Per quanto riguarda me, continuo a credere che almeno i quattro anni di reparto dovrebbero essere obbligatori per legge… sono diversi, gli scout sono diversi: sorridono di più!

 

Marisa

Un anno speciale in Noviziato

Al termine di un anno scout particolarmente intenso e unico (in tutti i sensi) mi sembra giusto trarre qualche conclusione e condividerla con voi lettori.
Non sono abituato a tracciare dei bilanci, nonostante sia abituato a guardare il presente tramite passato, ma proverò comunque a capire ciò che per me ha reso questo anno così speciale.
Se penso ai primordi, ossia quando ancora il noviziato era solo un’idea che a poco a poco si avvicinava e che si sarebbe concretizzata dopo aver varcato il ponte, devo dire che tutti i miei pensieri relativi a un futuro ignoto che mi faceva paura sono crollati.
Temevo più di ogni altra cosa che l’ambiente caldo e accogliente che aveva il reparto sarebbe svanito per sempre, poiché non sapevo come avrei vissuto questo anno, ma soprattutto non sapevo con chi lo avrei vissuto (non ignoravo chi fossero gli altri suoi membri, ma non avevo con loro un rapporto così stretto come l’ho adesso).
Dopo poco tempo questo timore è svanito: ho imparato da questo che l’ignoto non deve fare paura, ma che semplicemente deve essere scoperto.
Un’altra caratteristica particolare che ha contraddistinto questo anno è stato l’approccio al servizio. Devo dire che forse questa era la parte che più aspettavo prima di passare.
Ho fatto le cose più diverse, dallo smistare mutande a giocare a calcetto con dei ragazzi, ma la cosa che sempre mi ha trasmesso l’aiutare gli altri è stato capire che attraverso il servizio che davo a qualcuno o per qualcosa rendevo felice qualcuno che magari felice non lo è mai stato.
Attraverso il servizio sono riuscito, come B.-P. e il mio prof di filosofia dicono, a rendere il mondo un po’ migliore di come l’ho trovato, e questo è stato molto gratificante, perché fino a poco tempo fa lo credevo impossibile.
Ripensando inoltre a quello di cui avevo paura, cioè non trovarmi particolarmente bene con i membri della comunità nella quale sarei malauguratamente finito, posso con tranquillità affermare che tutti i dubbi e i pregiudizi che nutrivo nei loro confronti sono stati sciolti nei primi 10 minuti di vita del noviziato.
Temevo di risultare arrogante, antipatico, altezzoso e mille più pregiudizi che affibbiavo anche agli altri.
Purtroppo mi sbagliavo.
Sarà perché il reparto non era più la forma di comunità adatta alla mia età e alla mia mentalità, sarà perché ho trovato persone particolarmente amichevoli (sto sopravvalutando il contenuto di questa parola), ma ora posso senza dubbio dire che le amicizie che si sono create in questo anno sono molto profonde e saranno parecchio durature.
Non è facile arrivare all’alba dei diciassette anni ed essere legati alle persone così fortemente: credo che sia l’ambiente scout in sé, sia la comunanza di interessi e idee che ho con loro abbiano giocato un ruolo fondamentale nel creare questi legami così forti.
Questo anno è stato per me anche un passaggio fondamentale per capire chi sono e che cosa voglio dalla mia vita scautistica (per la mia vita in generale ci sto ancora lavorando, ma siamo a buon punto!).
Per la prima volta, libero dagli affanni dei giochi e dall’avventura, ho potuto affrontare serie riflessioni su chi sono, cosa penso e perché.
Questo è stato davvero importante per me, abituato ad analizzare problemi e situazioni, ma mai ad indagare con serietà colui che indaga, che alla fine si rivela essere qualcuno che non si aspettava di essere quello che è.
In più occasioni ho sperimentato, oltre al servire, anche il buona strada: ne abbiamo fatta davvero molta in molti modi diversi, e credo che sia stato un modo per confrontarmi e condividere aspetti positivi e negativi del cammino, metaforico e non.
Una delle parti più belle (per me, meno per coloro che mi circondavano) è stata concretizzare una delle frasi a me più care: canta e cammina.
Non dimenticherò facilmente questo cantare, né dimenticherò questi momenti.
Difficilmente dimenticherò il mio anno in Noviziato.

Dromedario esilarante

Il trabocchetto della escape room

Sapete cos’è una escape room? Un tempo era solo un particolare tipo di videogioco: un personaggio (di solito un investigatore) si trova in una particolare situazione da cui deve trarsi d’impaccio attraverso la ricerca di indizi ed oggetti utili al suo scopo.

Oggi, nell’anno del Signore 2016, anche in Italia è realtà: con un piccolo gruppo di amici si può provare l’ebbrezza di trovarsi chiusi in locali senza finestre avendo soltanto 60 minuti di tempo per uscirne (i locali sono pieni di enigmi che consentono, una volta risolti in sequenza, di guadagnare terreno verso l’uscita). Qualche settimana fa, mentre rientravo a casa da Milano con uno degli ultimi -ma non per questo meno affollati- treni del pomeriggio, ho potuto apprendere nel dettaglio molti degli indovinelli e delle peculiarità della “escape room” di recente apertura nel capoluogo meneghino. Come? Sorbendomi circa 20 minuti di racconti incrociati tra un lui che aveva scelto una particolare ambientazione e una lei che ne aveva scelta un’altra. Una esaltazione così non la vedevo dai mondiali del 2006.
Le descrizioni degli ambienti erano fatte con dovizia di particolari da parte di entrambi: probabilmente avrebbero saputo ricostruire una copia perfetta della stanza a casa loro. Improvvisamente un cambio di argomento: la ragazza pare si debba sposare e riferisce al ragazzo, con poco celato fastidio, che una volta a casa dovrà recarsi dal parroco per un incontro. Subito giunge quel che sarà l’unico, strascicato commento del ragazzo: “Ah sì? Be’, vi parlerà della famiglia, di quanto sia importante educare i figli e bla bla bla”. Bla bla bla. Questo bla bla bla è entrato nelle mie orecchie e si è insinuato negli spazi del pensiero.
Il contrasto tra il primo e il secondo discorso mi ha aiutato a ricordare che un po’ tutti rischiamo di perdere il senso della misura, attribuendo troppa importanza ad una questione e troppo poca ad un’altra. È un rischio che corriamo anche nelle attività scout. A volte ci perdiamo, corriamo dietro ai nostri programmi, discutiamo, modifichiamo, approviamo, facciamo uscite comode e ci dimentichiamo che, fondamentalmente, lo Scoutismo è “vita rude all’aria aperta” (come ci ricordava padre Brasca l’anno scorso, citando don Ghetti). La branca E/G in particolare non può sottrarsi a questo destino. L’intero anno scout guarda al campo estivo: il campo, ricorda B.-P., è la parte gioiosa della vita di uno scout. Del campo estivo non si può parlare in termini di bla bla bla. Il campo è la fatica della costruzione, la lotta contro il vento e la pioggia, la certezza che la cura e la precisione riservati al montaggio della tenda saranno ripagati dalla sensazione di sentirsi al sicuro, nella propria casa di tela, il giorno della burrasca; il campo è la gioia di un canto intorno al fuoco di bivacco; il campo è il torrente che scorre a pochi passi dal tuo giaciglio, il sole che sorge da dietro un monte quando tutti stanno ancora dormendo ma tu sei lì che lo guardi perché ti mancava.
Il campo è la preghiera della sera, che ti fa riposare in Dio.

 

Carlo Maria

Roma caput mundi

colosseoRoma caput mundi”, dicevano così i latini. Roma capitale del mondo.
Anche io devo dire che la penso così. Non ho mai avuto nulla da invidiare alle altre città europee o mondiali, tutto l’invidiabile ce l’abbiamo noi e ne vado fiera. Sono stata 3 volte a Roma di cui 2 con il reparto. Adoro viaggiare, ma viaggiare con il tuo reparto, con le persone a cui vuoi bene è tutta un’altra cosa.
Un giorno i capi arrivano e chiedono a noi capi sq cosa ne pensavamo di andare a Roma per il Giubileo dei ragazzi e saltare il campo di Pasqua. Senza aggiungere altro io tutta entusiasta e subito d’accordo accetto volentieri di saltare il campo per andare a Roma. Mi giro per vedere cosa ne pensavano gli altri e vedo delle facce poco convinte: non volevano saltare il loro ultimo campo.
Io straconvinta della mia decisione inizio a convincerli uno a uno perché era impensabile lasciarsi sfuggire un’occasione simile. Convinti tutti inizia il problema dell’autofinanziamento. È stata dura trovare tante chiese diverse dove vendere i biscotti per finanziare tutto il “campetto”, ma con un po’ di impegno e volontà finalmente siamo riusciti a racimolare tutti i soldi necessari. C’era solo da aspettare il giorno della partenza e, dopo una fremente attesa arriva il fatidico giorno. Prendiamo vari treni e dopo 5 ore di viaggio arriviamo nella capitale: finalmente Roma!
Non vedevo l’ora di mettere piede in quella splendida città e appena arrivata probabilmente ero la più euforica. Dato che era tardi siamo andati direttamente in oratorio per dormire e prepararci per la lunga giornata che ci aspettava. Il giorno dopo ci svegliamo tutti carichi e andiamo a San Pietro per passare dalla Porta Santa prendendo l’indulgenza e per ascoltare la messa. Dopo tutto questo finalmente andiamo a fare un veloce tour della città: fontana di Trevi, Altare della Patria, fori imperiali e infine quello che attendevo con più ansia: il Colosseo.

Il Colosseo.
Solo il nome mi fa venire i brividi. È la storia: ha esattamente 1944 anni ed è ancora lì, imponente a ospitare migliaia di visitatori ogni giorno. Mi lascia senza parole ogni volta che lo guardo. Come si fa ad osservarlo senza fermarsi almeno 5 minuti a pensare a tutta la storia che si porta sulle spalle?
Arrivata lì, proprio nell’istante in cui rimasi a guardare fissa il Colosseo capii perché volessi andare a Roma e saltare il campo, non per i monumenti o per ottenere l’indulgenza, no.
Io ero lì per far parte di un momento che ricorderemo negli anni a venire e che il Colosseo ricorderà a un’altra ragazza come me.

 
Federica Capone

Come portare avanti un’idea

CampoPasquaPegaso163Per chi non sa cosa sia, l’impresa di reparto è un obbiettivo, qualcosa che l’intero reparto s’impegna a realizzare entro, solitamente, la fine dell’anno. Ebbene l’anno scorso, nel momento in cui solitamente ognuno propone le proprie idee, io proposi una cosa che suonava non poco strana per gli altri: fare un campo, possibilmente estivo, all’estero. Ora, detto così non suona difficile: cosa ci vuole, basta trovare un posto fuori dall’Italia ed è fatta.
Tuttavia non è così semplice e l’anno scorso, anche se l’idea era stata presentata abbastanza bene, non passò. Non venne però messa da parte.
Così all’inizio di quest’anno abbiamo ripreso in mano il progetto. La prima meta proposta è stata la Germania, poi la Francia e la Spagna ma ogni campo, o per il costo o per il viaggio, non andava bene.

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Alla fine abbiamo optato per un luogo più vicino, ovvero la Svizzera, e non per il campo estivo ma per quello di Pasqua. Il luogo trovato sembrava davvero bello, grande e non costava nemmeno tanto e, sebbene all’inizio pensassi che non sarebbe stato un vero e proprio campo all’estero, durante le ricerche e soprattutto i primi contatti con la proprietaria del posto, notai alcune differenze come ad esempio la valuta diversa: non c’è l’euro ma il franco e ci abbiamo messo un po’ a capire alcuni costi aggiuntivi. Ci sono stati diversi episodi divertenti. Almeno, ora li consideriamo divertenti. Come quando la proprietaria non rispondeva alle mail per settimane o quando, verso la fine, ha provato a mandare il contratto, senza successo, dato che aveva messo il mio nome ma l’indirizzo di un’altra persona.

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Finalmente, dopo alcuni mesi di preparazione nel complesso andati bene, si arriva al giorno della partenza, nel quale mi sono chiesta “sarà andato tutto bene?”. Ebbene si! Il posto è anche il paesino intorno erano davvero belli e tranquilli. Abbiamo passato tre giorni stupendi e, miracolosamente, senza pioggia. Sebbene questa non fosse l’idea iniziale, è stata un’esperienza davvero fantastica che consiglierei a tutti.

 
Donnola Fidata