Tutti gli articoli di Tuttoscout

Il campetto C.d.A.

Ciao, mi chiamo Federico e faccio parte del branco Tikonderoga. Frequento il branco da ormai quattro anni e quest’anno mi è capitata un’esperienza bellissima: essere C.d.A.
Essere C.d.A. vuol dire aiutare i più piccoli ed insegnare loro le regole (anche se mi viene ancora difficile, e per questo il mio nome totem è Cinghiale agitato).

Per iniziare una nuova avventura con tutti i C.d.A. – Tikonderoga e quello delle coccinelle – ci siamo trovati tutti alla stazione Nord (tutti molto stanchi per la levataccia: sul treno molti hanno proseguito il sonno, altri sono rimasti svegli). Arrivati a Milano abbiamo cercato il nostro treno; viaggio noiosissimo ma, una volta arrivati, vista spettacolare: «Finalmente il mare!».
Abbiamo pranzato in spiaggia, poi ci siamo messi in viaggio verso il rifugio; è stato faticossissimo ma per me ne è valsa la pena: in cima vi era un monastero e lì ci aspettavano tre giorni pieni di emozioni.

Questo campetto mi ha insegnato a convivere con altri anche se non sono dello stesso branco.

Federico Terrile

Un pernotto molto divertente

Sabato 15 Novembre noi Lupi della brughiera ci siamo ritrovati in stazione a Busto Arsizio per andare a Dormelletto per una nuova avventura. Quando siamo arrivati in stazione a Dormelletto ci siamo fermati per venti minuti sotto la stazione, poi abbiamo incominciato ad incamminarci verso la nostra meta che era la casa scout di Dormelletto. Quando siamo arrivati eravamo bagnati fradici perché abbiamo camminato per trenta minuti sotto la pioggia.

Quando siamo entrati nella casa scout abbiamo incominciato a preparare i nostri sacchi a pelo sui nostri letti che ci avevano fatto scegliere. Dopo ci hanno fatto tirare fuori le nostre tazze per farci bere un the buonissimo. Poi ci hanno dato un foglio a forma di regalo dove dovevamo scrivere cosa ci piacerebbe fare. Io ho scritto “cucinare”, i miei capi mi hanno mandato in cucina perché in settimana mi avevano detto che al pernotto di Dormelletto avrei preparato la cena. Per cena avevo preparato la pasta con la salsiccia. Tutto il branco l’ha apprezzata. Dopo mangiato abbiamo fatto un programma chiamato “Lupi’s got talent” dove abbiamo fatto un sacco di giochi; alla fine del programma i capi ci hanno messo a letto perché era troppo tardi.

La mattina, dopo la colazione siamo andati a Messa nel santuario di Dormelletto. Appena tornati abbiamo incominciato a giocare tra di noi; successivamente sono andato in cucina a cucinare. Questo pernotto per me è indimenticabile.

Alessandro Branda

Si impara (facendo) da piccoli ad essere grandi

Ciao cari amici! Come va? (Non è una domanda di circostanza, m’interessa davvero! Quindi ditemelo pure se volete o, se non sono lì, ditelo alla persona più vicina: sono sicuro che non dimenticherà di riferirmelo!)

Vi scrivo per raccontarvi che domenica 10 maggio mi è capitato di passare per la città di ChiNonSo dove si stava svolgendo l’incontro di Primavera dei nostri fratellini e sorelline delle dighe.
Mi viene da raccontarvi la scena perché non era proprio da tutti i giorni, anzi direi che di questi tempi è una cosa quantomai rara!
In pratica gli abitanti di ChiNonSo hanno mostrato ai piccoli avventurosi i segreti di vari mestieri, dallo spazzino all’infermiere, dal cuoco al contadino, in modo che tutti potessero dare una mano alla bella quanto maltrattata città. Si, perché essendo posta in cima ad un fiore ChiNonSo è continuamente esposta alle disattenzioni della gente che reputa quel fiore… soltanto un fiore! (Ma come si può dire “Soltanto un fiore!”? Cielo! Cosa stanno scrivendo le mie mani?)
Fatto sta che, divisi in capanne, i castori hanno lavorato, imparato e collaborato e… beh, non bazzico spesso dalla parti di ChiNonSo ma vi posso dire che dopo era molto meglio di come la ricordassi (e di come l’avevo trovata la mattina). Certo non dovremmo stupirci: dopotutto è facile quando tutti collaborano e lavorano per il bene comune!

Ma la cosa che continua ad affascinare un fratellone come me è il pensare che nessuno ha voluto nulla in cambio: carichi di entusiasmo tutti hanno reso il posto in cui erano migliore, mettendoci del proprio, ma soprattutto imparando attentamente, non guardando da seduti ma “muovendo le mani” (e sporcandosele anche!).

Entusiasmo e attenzione: due qualità fondamentali per riuscire in un mestiere, in uno scopo e nello stare insieme, ma aggiungerei anche la gratuità, non intesa come “fare le cose gratis” ma farle innanzitutto perché è giusto e attraverso il lavoro si fa del bene.
Non scordate mai: quando l’entusiasmo manca e l’attenzione cala, pensate al bene che fate con il vostro lavoro!

Enrico Gussoni

Il buon seminatore

Mentre stavamo pensando a come preparare il racconto dell’anno appena trascorso con queste poche ed umili righe, ci è venuto in mente ciò che era contenuto in un vecchissimo e polveroso numero di Proposta Educativa a firma di Padre Stefano dell’Abbazia di Sant’Antimo:

«Lo scout è una persona con i piedi sulla terra (presente nel mondo in cui vive), la testa sulle spalle (responsabile), ma gli occhi nel cielo (teso verso la felicità eterna: Cristo). Per raggiungere un tale scopo abbiamo uno strumento: il metodo scout che potrebbe essere riassunto in immagine: una casa, cioè quattro muri e un tetto.
I muri poggiano sulla terra. Sono i valori che fanno l’uomo e donna responsabile, cioè: la natura, la comunità, l’impegno e il servizio.
Il tetto invece indica il cielo. È il valore che fa il cristiano, cioè: la fede.
Qui tutto si tiene, tutto è collegato. I muri tra di loro e i muri con il tetto.»

Ecco, l’anno appena trascorso ci piace raccontarvelo così, come un grande dono in cui abbiamo saputo metterci in cammino con la gioia ed il cuore di chi sa dire «Eccomi, sono pronto a servire per dare del mio meglio»; per essere testimoni credibili e responsabili verso i ragazzi che ci sono affidati da voi, genitori, e da Lui, sempre al centro della nostra azione educativa. In cammino, zaino sulle spalle, con l’entusiasmo di chi riesce a lasciarsi stupire e toccare dal sorriso di un fratellino o di una sorellina, di chi camminando sotto la pioggia sta già pensando al calore del fuoco di bivacco e di chi vede nuove strade dove nessuno pensa che ci siano poiché consapevoli che alla fine della strada, anche la più ripida, ci sarà sempre un orizzonte che lascerà senza fiato.

Ad ogni castorino/a, fratellino/sorellina, esploratore/guida, rover/scolta vogliamo augurare buona nuotata, buona caccia, buon volo e buona strada per i campi estivi che saranno pieni di scoperta, gioco, avventura e comunità.
A tutti i capi della Comunità Capi l’augurio che tutti i semi educativi, gettati con la pazienza del buon seminatore, possano sbocciare e dare dei bellissimi frutti.
“Che il favore della giungla vi accompagni.”

I Capi Gruppo

Cosa avrebbe fatto Gesù?

San Paolo, scrivendo alla comunità di Filippi, diceva: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù”.
Anzi, più precisamente:
Rendete piena la mia gioia con l’unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti. Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso, senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù

Vedete, quella che B.-P. proponeva ai suoi scout non è una domanda retorica, un appello a un indistinto buonismo, un generico “fate i bravi”. Ci invita, piuttosto, a renderci conto che l’insegnamento di Gesù è concreto, che la nostra vita è chiamata a confrontarsi con la sua nelle scelte quotidiane.
Mi piace che Paolo parli dei sentimenti di Gesù perché ci ricorda che non si tratta soprattutto di fare delle cose, quanto piuttosto di portare nella mente e nel cuore il dono d’amore di cui Gesù ci ha fatto destinatari.

Abbiamo anche davanti due luminosi esempi di come sia possibile mettere in pratica questa cosa, e di come il confronto con Gesù non ci carichi tanto di pesi e di impegni quanto di gioia e di entusiasmo.
Il primo è B.-P., il secondo è don Bosco: due uomini semplici che, portando nella loro vita questa domanda hanno costruito grandi storie ma soprattutto hanno portato a molti il sorriso di Dio. Come può fare ciascuno di noi.

don Matteo

Nella casa di un Santo

La casa di Don Bosco
Seguendo la cronologia dei quattro punti di BP, il 2005 era per i Seeonee l’anno del lavoro manuale. Per un anno intero si approfondiva questo punto, pur non trascurando gli altri tre del Metodo Scout.

Contattai il responsabile del Colle Don Bosco per essere ospitati una settimana, e proposi la possibilità di contraccambiare l’ospitalità al Colle, con un’offerta in denaro e lavoretti adatti a lupetti.
Ci accordammo subito, i lavori furono scelti: avremmo dovuto dare il protettivo ai cartelli della Via Crucis giù nel bosco, ridipingere le panchine di verde e fare da guida ai vari musei del complesso.
I lavori furono fatti, si giocava e si lavorava alternando i vari momenti della giornata.

Ricordo con emozione i complimenti che le piccole guide ricevevano dai visitatori, al termine delle visite. Guide che si erano offerte loro di fare questa esperienza, pur essendo lupetti di dieci anni circa.
Chicca Mari, Lisa Crivellari, Alessio Carpenteri, Aisha Ghezzi trotterellavano con il loro QdC sottobraccio pieno di appunti, seguiti da interi oratori della zona. Sembra inverosimile eppure è successo davvero.
Ma per i CdA ci voleva qualcos’altro, qualcosa di più coinvolgente, un’esperienza più profonda… e così chiesi al don Egidio, se si poteva fare quel che avevo in mente, come al solito fu subito d’accordo, dieci minuti dopo si ripresentava con in mano le chiavi della casa di San Domenico Savio.
Fu davvero emozionante avere nelle proprie mani quelle chiavi!

I lupetti del CdA avrebbero avuto l’onore di dormire la notte del venerdì, nella casa di San Domenico, in cambio avrebbero provveduto a dare una sistematina alle aiuole del giardino, spolverare i mobili e togliere qualche piccola ragnatela dal portico e nei locali che ospitano gli arredi dell’epoca.
Dormire nella casa di un Santo, non è esperienza da tutti e poi un santo come San Domenico Savio!
Nel giardinetto della casa, quello con il verde da sistemare, c’era un cartello sul muro con su scritto:
«Meglio “servire” che farsi servire».
Mi è sembrato la sintesi perfetta del nostro essere lì, a fare il campo estivo a Colle Don Bosco.

Nello

Fantasia anno 0

Ciao a tutti, cari amici ed amiche, e benvenuti ancora una volta nella nostra rubrica di Generazione X.
In vista della mia imminente Partenza, i miei capi Clan mi hanno consigliato di leggere “La strada verso il successo” scritto nientemeno che da Baden-Powell. Una lettura che, se mi è permesso, consiglio vivamente a tutti; non solo il nostro caro B.-P. riesce ad immaginarsi situazioni che descrivono con grande precisione ciò che deve affrontare un giovane ragazzo (o ragazza) in quel difficile momento di passaggio dall’adolescenza all’età adulta, ma dispensa anche una buona quantità di ottimi consigli, mai banali e sempre basati sulla sua stessa esperienza di vita.

Tra i vari consigli ce n’è uno particolarmente anglosassone che suggerisce di pensare, prima di agire, a cosa farebbe Gesù se si trovasse al nostro posto.
Questa suona come un’idea particolarmente buona se si tiene in conto quanto Gesù sia sempre stato capace di reagire alle situazioni con tranquillità e saggezza, anziché lasciarsi controllare da emozioni particolarmente umane quali la rabbia o il rancore.
Ad esempio quando i suoi apostoli lo deludevano, non comprendendo i suoi insegnamenti, lui li rimproverava docilmente e subito si rispiegava; quando i farisei gli urlavano in strada che era un bestemmiatore, lui si limitava a rispondere con frasi brevi e concise, spiegando le sue azioni; quando scoprì i mercanti a cambiare denaro nel tempio, si è arrabbiato tantissimo ed ha incominciato a ribaltare i loro tavoli spargendone il contenuto per terr…
[Rumore di puntina che slitta sul disco]
Oh… interessante, anche a Gesù è capitato di perdere la testa qualche volta.
Ma la cosa non deve stupirci più di tanto, in fondo anche Gesù era almeno in parte umano, e si sa quanto questi siano facilmente pronti a lasciarsi dominare dalle loro emozioni.

Ma quindi è davvero così impossibile riuscire a controllare le proprie emozioni? Se neanche il figlio di Dio riesce sempre a mantenere un rigido controllo di sé, come è possibile che ci riesca io?
B.-P. a questo proposito dà un altro adeguato consiglio. Conscio di quanto l’autodeterminazione possa arrivare solo fino ad un certo punto, il fondatore dello scautismo consiglia un massiccio uso di fantasia!
Prima di riuscire a superare fisicamente un ostacolo, bisogna convincersi di essere in grado di superarlo ma, prima ancora, bisogna riuscire ad immaginare un modo per superarlo. La fantasia è quindi alla base di ogni azione, e un componente fondamentale per affrontare qualunque problema.

Insomma, se vogliamo riuscire davvero a capire cosa avrebbe fatto Gesù al nostro posto, prima di prendere una decisione importante, consiglio vivamente di immaginarsi innanzitutto il Nazareno nella stessa situazione e, per quanto riguarda quel piccolo incidente coi cambiavaluta, mi viene da pensare che la colpa sia sempre da imputare ad una mancanza d’immaginazione da parte del salvatore.
Probabilmente, vedendo gente che infrangeva in maniera tanto palese indicazioni come il fatto che non si dovrebbe lodare un dio (il denaro) in un luogo consacrato ad un altro dio (beh… Dio) Gesù non è riuscito ad immaginarsi un modo ancora più chiaro per spiegare qual era la cosa giusta da fare e così la sua mente ha fatto Kaputt.

Ma queste sono solo suggestioni, l’unica cosa di cui posso ritenermi sicuro è che la fantasia rimane una delle armi più potenti che l’uomo abbia mai avuto a sua disposizione, soprattutto contro se stesso.

Tricheco birbante

Pronto: sono il Papa

Questa volta è difficile rendere con uno scatto fotografico le sensazioni provate nel “Campo del futuro”, l’arena di S. Rossore, quando colpiti da raggi di sole simili a ferri roventi, abbiamo partecipato alla S. Messa che ha concluso la Route Nazionale.
Ci sparavano addosso l’acqua con degli idranti, tanto faceva caldo. Ci si attrezzava come si poteva per coprirsi la testa dal sole: si sono verificate molte conversioni all’induismo nel corso della celebrazione (turbanti di magliette a go-go!); forse sono aumentati anche i fedeli buddisti, ricordo molti RS in stato di profonda, molto profonda, meditazione. C’era anche, tuttavia, uno sparuto gruppo di cattolici svegli che si sono occupati dell’ordinaria amministrazione: rispondere al telefono (al Papa, che ci ha fatto uno squillo per ricordarci di non farci rubare la speranza sotto il naso) e ascoltare l’omelia del Card. Bagnasco; quest’ultima è stata particolarmente ricca di spunti: bisognerebbe tenerla sempre sott’occhio perché mi pare abbia un forte valore programmatico, diversi punti meriterebbero una verifica da parte dei capi circa la testimonianza di fede che questi sono chiamati a dare.
Sia per ristrettezze di tempo e sia perché siamo in Quaresima (e quindi cerco di astenermi in generale dal troppo, nello specifico anche dalle troppe parole), mi limito a pubblicare alcuni stralci dell’omelia utili alla attenta riflessione di tutti.

Il coraggio di essere liberi
Si parla molto di libertà, ma non si vedono molti uomini liberi. Siete voi persone libere? Un popolo libero? Com’è facile credersi liberi e com’è difficile esserlo veramente! Ci viene predicato che ognuno deve essere legislatore di se stesso, che dobbiamo essere “slegati” (da legami, valori, norme, tradizioni, istituzioni…). Si vive un nichilismo allegro che fa il tiro a segno con ogni principio e valore usando l’arma della scelta individuale, poiché – si dice – è la scelta che rende buono o cattivo il nostro comportamento, giusto o ingiusto. Ma in realtà, così facendo, non siamo liberi ma sfondati, perché senza fondamento nella nostra vita: laddove tutto è possibile, nulla esiste! (Gerard Schmit, “L’epoca delle passioni tristi”). Com’è vero! Se tutto si equivale nella vita – ogni comportamento, valore, principio… basta che sia stato scelto da ciascuno – allora perché sacrificarsi per qualcosa, a volte fino a dare la vita? […]

Il coraggio di essere cristiani
Seguire Gesù è il coraggio più grande: esso comporta e compie anche il coraggio di essere liberi e di amare. Gesù è la Libertà, l’Amore, la Vita. È paradossale, ma da tempo il nostro vecchio occidente ha paura di dirsi cristiano, e rappresenta il cristianesimo come una favola per paurosi, una consolazione per perdenti, la negazione della libertà, la mortificazione della gioia, un pericolo per la società. E non di rado si alimenta la denigrazione, inforcando supponenti e infastiditi gli occhiali della prova scientifica. Come reagiamo noi a questa rappresentazione? Ci lasciamo intimidire? Forse ci dichiariamo cristiani ma non troppo, quasi per attutire l’impatto e le possibili conseguenze?
[…]
Affidarsi a Gesù significa accogliere il giogo della sua parola, dei suoi comandamenti: giogo dolce non perché non chieda impegno, ma perché è un giogo d’amore. E chi ama fatica, ma non si affatica. Credere a Cristo significa accoglierlo intero, Lui il Capo e la Chiesa le sue membra. Abbiamo il coraggio di accoglierLo intero? Di non prostrarci a quanti dicono: Cristo sì, Chiesa no?

Carlo Maria

Diversi insieme


Alla parola Impresa un misto di terrore e angoscia si dipinse sui nostri volti: «Ma come, non si erano concluse in Reparto?” Questa era la domanda che tutti ci ponevamo, dopo che i capi ci comunicarono l’imminente scelta che avremmo dovuto compiere, per trovare il progetto da portare avanti quest’anno.

Ebbene sì, anche il Noviziato segue il solito format:

  1. selezione di un ambito in cui operare (nel nostro caso, molto combattuta, maschi vs femmine: una faida/diatriba ricorrente);
  2. stesura del progetto;
  3. realizzazione del piano (loading…);
  4. verifica.

La decisione finale, che evidenzia la vittoria schiacciante della fazione femminile, è stata di dedicarci principalmente al volontariato; il primo passo del programma che ci siamo proposti, è stato indagare il fenomeno dell’immigrazione, analizzandone i luoghi comuni e cercando di sfatarli.
La domanda era: «Quanto ne sappiamo sugli immigrati? Ma sono proprio come noi?»

Per risolvere questo quesito, siamo andati a documentarci e abbiamo scoperto che il 90% dei pregiudizi sugli stranieri è infondato. Appurata la nostra ignoranza in merito e desiderando testare quella altrui, armati di questionari, ci siamo riversati nelle piazze di Busto e del circondario e abbiamo intervistato quanta più gente possibile, arrivando a raccogliere 200 pareri differenti. Dopo aver riportato i risultati in grafici abbiamo costatato quanto effettivamente si conosca poco il problema dell’immigrazione e quanto ci si affidi, come sempre del resto, a dei luoghi comuni (queste conclusioni, a breve, saranno affisse nella cappella che ci siamo proposti di realizzare, vi consigliamo di andare a darci un’occhiata: potreste rimanere sorpresi da ciò che abbiamo scoperto).

Successivamente, per non limitarci al mero apprendimento di freddi dati, abbiamo deciso di contattare quante più associazioni possibile, dal momento che il nostre interesse era (ed è) soprattutto rivolto agli immigrati in quanto persone. Desideravamo conoscere le loro storie, le loro esperienze di vita, dove erano nati, perché erano fuggiti dalla terra natia, quale viaggio lungo e tortuoso che li aveva portati in Italia, come era erano stati accolti, in che modo insomma erano giunti ad essere le persone di oggi. Con questo obiettivo, qualche settimana fa ci siamo recati a Saronno, dove abbiamo avuto il piacere di ascoltare la testimonianza del fondatore del primo gruppo per scout musulmani della zona. Non soddisfatti, prossimamente ci recheremo a Milano per scoprire altre realtà e cercare di dare il nostro contributo, seppur minimo. È stato bello scoprire realtà differenti ma parallele alla nostra; in fondo la diversità, per quanto ci si possa scherzare sopra, mostra tutta la bellezza del mondo.

Elena e Chiara

Un issa da paura


Come tutti sanno al B.-P. day, se il Gruppo si sposta dalla sede, uno dei tre reparti deve costruire l’issa e quest’anno è toccato a noi del reparto Orione.

La mattina del 21 febbraio, con una pioggia ancora nella norma, noi capi squadriglia (in verità solo io, Alessia e Marco) ci siamo trovati, insieme ai capi reparto, in sede per provare a montare il progetto dell’issa e per vedere se era fattibile.
Andrea ci ha spiegato come andava costruita, quanti pali ci servivano e di quale misura.

La stranezza principale di quest’issa è che andava costruita nel verso giusto per poi ribaltarla. Come prima cosa abbiamo costruito tre treppiedi (che sono tre pali, in questo caso da tre metri, legati insieme con una legatura a fascia), poi li abbiamo aperti avvicinandoli tra di loro e li abbiamo congiunti con due pali da quattro metri ed uno da cinque. Poi abbiamo chiuso ogni lato di ogni tripiede con dei pali da un metro e mezzo ed abbiamo ribaltato il tutto. Preciso che mentre ribaltavamo l’issa, il mio carissimo ditino medio, è rimasto incastrato in mezzo a due pali e ha sofferto molto, ma è stato solo un incidente di percorso.
Quando abbiamo constatato che il nostro issa (non ancora ultimato) stava in piedi, l’abbiamo riportato nel verso giusto e abbiamo cominciato a smontare ciò che abbiamo costruito. Non chiedetemi come mai, perché è una cosa che non ho ancora capito in quattro anni di reparto, ci abbiamo messo uno svario di tempo a montare e solamente un quarto d’ora a smontare. Bah.

I nostri stomachini purtroppo già brontolavano, ma la prima cosa che dovevamo fare, vista l’ora, era quella di caricare il camion con tutto il materiale e trasferirci al parco di villa Durini a Gorla Minore, che è il posto dove si è tenuto quest’anno il B.-P- day.
Sul camion abbiamo caricato: pali, cordini, tavoli, teloni, assi, cartelloni e tutto quello che poteva servire a noi e alle altre unità per la domenica.
Nel mentre, giusto perché la pioggerellina non ci piaceva abbastanza, ha cominciato a piovere forte; ma a noi la pioggia non ci ferma e quindi ci siamo incamminati (sì, certo… Siamo saliti in macchina) e ci siamo diretti al parco.
Abbiamo parcheggiato ed Andrea non ha neanche finito di pronunciare: “Avete fa…” che io, Marco e Alessia avevamo già addentato i nostri panini e abbiamo sentito un bel “Graziee” dai nostri stomaci affamati.
Poi appena il camion ci ha raggiunti ci siamo muniti di mantelle, giubbotti, kway e tutto l’ambaradam per andare a scaricare.
A metà dell’opera di scarico ci ha raggiunti anche il resto del reparto il quale ha aiutato Andrea a costruire un riparo con un telone per i pali, per i nostri zaini e per il resto del materiale.

Verso le due e mezza abbiamo cominciato a costruire. Alcuni si occupavano dell’issa ed altri della scaletta per poter salire il giorno dopo. Come alla mattina abbiamo cominciato dai treppiedi, poi i pali da quattro, quello da cinque e quelli da uno e mezzo, abbiamo ribaltato il tutto e abbiamo completato aggiungendo i pali da quattro in verticale per le bandiere, le assi in cima per raggiungere le bandiere da issare il giorno seguente e montando la scaletta nella parte davanti. Finalmente dopo quattro ore di duro lavoro sopportando il freddo e la pioggia, la nostra costruzione era giunta al termine e siamo potuti tornare a casa per riscaldarci e ricaricarci di energia per il giorno seguente. Credo anche che tutti abbiano pregato il Signore per far sì che il giorno dopo ci fosse un po’ di sole.

Alle 8.15 del giorno successivo la mia sveglia è suonata, sono scesa dal letto e la prima cosa he ho fatto, prima ancora di fare colazione, è stata quella di guardare fuori dalla finestra e purtroppo ho avuto una spiacevole sorpresa: non pioveva ma il cielo era grigio, quindi niente sole. Dopo questa notizia mi sono vestita, ho preparato il mio zaino e sono uscita di casa. Arrivata al parco ho salutato tutti e ho dato una mano ai capi nel rifinire l’issa. Voi non capite la soddisfazione: il giorno prima l’issa non mi sembrava così bello, ma domenica mi sono accorta che era l’issa più bello che avessi mai visto. E se ne sono accorti anche gli altri. Quindi eravamo tutti al settimo cielo perché i nostri sforzi del giorno precedente erano stati ripagati.

Successivamente ci siamo messi tutti in quadrato e abbiamo inaugurato l’ennesimo B.-P. day con gli urli di squadriglia/sestiglia, di Unità e con l’issa.
Poi al centro del quadrato è entrato, cogliendo di sorpresa tutti, proprio B.-P.! Ci ha spiegato che noi cadetti dovevamo sconfiggere i boeri e ci siamo divisi in pattuglie per cominciare. Una volta divisi, abbiamo fato una ban, dopo di che siamo partiti per sconfiggere i nostri nemici. Fatto questo percorso a tappe nel quale bisognava superare certe prove, siamo ritornati tutti al parco e abbiamo mangiato. Non indovinerete mai cosa è successo mentre camminavamo in giro per il paese. È spuntato il sole! E questo ha messo doppiamente l’allegria a tutti.
Poi verso le tre e mezza c’è stata la Messa e poi siamo ritornati al parco per l’ultima volta per concludere la nostra giornata con l’ammaina e con un grosso voga.

Ovviamente noi ci siamo fermati per smontare la nostra costruzione e per ricaricare il camion. È stato un B.-P. day fantastico perché per sconfiggere i boeri abbiamo dovuto collaborare anche con i più piccini e ha permesso a noi un po’ più grandicelli di scherzare e di conoscerci ancora di più. Spero che ce ne siano tanti altri di B.-P. day così.
Tigre energica