Nato in una famiglia medio-borghese, studiò in seminario e nel 1909 fu ordinato prete. L’anno seguente fu nominato cappellano ad Argenta, da cui partì nel 1912 per studiare alla Scuola sociale di Bergamo, dove si diplomò. Ammirato per il suo coraggio e per la sua volontà di collaborazione e di dialogo con il proletariato contadino, allo scoppio della Prima guerra mondiale fu inviato al fronte come cappellano militare. Anni dopo Minzoni rifiutò energicamente l’istituzione dell’Opera nazionale balilla ad Argenta, preferendo educare in prima persona i giovani della città: grazie all’incontro con don Emilio Faggioli, già fondatore nell’aprile del 1917 del gruppo scout Bologna I, e poi assistente regionale dell’Emilia-Romagna, don Minzoni si convinse della validità dello scautismo, per cui decise di fondare un gruppo scout nella propria parrocchia. L’8 luglio 1923, don Emilio Faggioli fu invitato nel teatro parrocchiale di Argenta a tenere una conferenza sulla validità educativa dello scautismo. “Attraverso questo tirocinio e disciplina della volontà e del corpo”, affermò don Faggioli, “noi intendiamo formare degli uomini di carattere”. Dalla galleria lo interruppe allora il segretario del fascio di Argenta “C’è già Mussolini…!”. Monsignor Faggioli riprese il suo intervento spiegando all’uditorio che lo scautismo agisce sopra e al di fuori delle fazioni politiche. “Vedrete da oggi lungo le vostre strade i giovani esploratori col largo cappello e il giglio sopra il cuore. Guardate con simpatia questi ragazzi che percorreranno cantando la larga piazza d’Argenta.” “In piazza non verranno!” esclamò ancora il segretario del fascio. Gli rispose allora don Minzoni stesso: “Finché c’è don Giovanni, verranno anche in piazza!”. L’applauso dei giovani troncò il dialogo. Più di settanta iscritti al gruppo degli esploratori cattolici di Argenta erano una realtà, e le minacce non erano servite al loro scopo. Poco prima della morte, avvenuta per mano di due sicari nel 1923, scriveva: «a cuore aperto, con la preghiera che mai si spegnerà sul mio labbro per i miei persecutori, attendo la bufera, la persecuzione, forse la morte per il trionfo della causa di Cristo. » Si era realizzata la preghiera fatta a Dio prima di partire per la guerra: «Prego Iddio che mi faccia morire compiendo sino all’ultimo momento il mio dovere di sacerdote e italiano, felice di chiudere il mio breve periodo di vita in un sacrificio supremo.» Su di lui Giovanni Paolo II: Don Minzoni morì “vittima scelta” di una violenza cieca e brutale, ma il senso radicale di quella immolazione supera di gran lunga la semplice volontà di opposizione ad un regime oppressivo, e si colloca sul piano della fede cristiana. Fu il suo fascino spirituale, esercitato sulla popolazione, sulle forze del lavoro ed in particolare sui giovani, a provocare l’aggressione, si volle stroncare soprattutto la sua azione educativa diretta a formare la gioventù per prepararla nel contempo ad una solida vita cristiana e ad un conseguente impiego per la trasformazione della società. Per questo gli Esploratori Cattolici sono a lui debitori.
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GENERAZIONE X – Nel mondo ma non del mondo
Ciao a tutti cari amici ed amiche e bentornati sulla nostra rubrica di Generazione X.
Dopo le fatiche del campo estivo tornare alla monotonia della città sarà sicuramente sembrato a molti una sorta di vacanza nella vacanza. Certo, ora che impegni scolastici e lavorativo sono ricominciati per tutti, anche i ricordi del campo estivo si tingono di malinconia ma, immersi nella beatitudine degli ultimi giorni di vacanze estive, come devono esserci sembrati faticosi quei giorni di campo senza tv, materasso o acqua calda sempre disponibile.
Eppure, nonostante lo stile spartano, non si può dire che la nostra vita al campo sia stata del tutto diversa da quella che conduciamo a casa: mangiamo, dormiamo, chiacchieriamo con le persone che ci stanno vicino, ci laviamo, lavoriamo e così via.
Le azioni che compiamo sono le stesse, la differenza sostanziale risiede nell’attenzione che mettiamo nello svolgere queste azioni e nel come ci poniamo nei confronti delle persone che ci stanno attorno: in casa è facile lavare i piatti quando c’è la lavastoviglie o qualcun altro a cui si può delegare il compito, difficile diventa riuscire a mettersi d’accordo per lavare tutti la propria gavetta, il bicchiere, le posate e poi le pentole in modo da ritagliarsi anche del tempo libero.
Questo tipo di comportamento secondo me è bene incapsulato nel detto “nel mondo, ma non del mondo” ed è quello che ci contraddistingue anche nel come viviamo la nostra vita di tutti i giorni dove non solo prendere la strada comoda, cercare di lavorare il meno possibile o col preciso scopo di affossare chi è più debole di te è possibile, ma talvolta è addirittura consigliato!
Ogni fine settima invece noi cerchiamo di insegnare l’esatto opposto, di costruire un mondo dove la comprensione, la correzione fraterna e l’impegno siano tanto gli ideali a cui ambire quanto gli strumenti da sfruttare nel quotidiano.
E sarà proprio la nostra bravura nel valorizzare questo lato di noi, soprattutto senza fazzolettone, quando tutto ci dice di fare il contrario, che ci permetterà di capire il nostro valore come individui.
Tricheco Birbante
Anniversari: Rover 100
Lo Scautismo inizia nel 1907 con la proposta rivolta ai ragazzi dell’età del Reparto, a cui segue nel 1916 l’avvio delle attività per i più piccoli, i lupetti (Cub Scout). Durante la Prima guerra mondiale, la necessità di declinare i valori scout alla realtà dei giovani adulti portò alla formazione della sezione Rover, nel 1918.
Il termine “Rover Scout” è menzionato per la prima volta da Baden-Powell in “The Boy Scouts Head Quarters Gazette” nell’agosto del 1918 e la proposta viene delineata nel suo complesso nel novembre del 1919. B.-P. scrive un testo molto importante che presenta i princìpi fondamentali alla base del Roverismo che viene pubblicato per la prima volta nel 1922 con il titolo “Rovering to Success”, tradotto in italiano come “La strada verso il successo”. Questo volume conteneva la sua idea per una felice vita da adulti nonché molte idee per le attività che i Rover potevano organizzare autonomamente.
Determinare la data in cui celebrare il Centenario del Roverismo non è stato facile. Dopo un’indagine approfondita, si è arrivati alla conclusione che il Roverismo è iniziato nel 1918. Ciò è confermato anche dal terzo World Rover Moot, tenutosi nel 1939, il quale era stato soprannominato il “Moot della maggiore età” e considerato che in Inghilterra si è maggiorenni al compimento dei 21 anni, si è giunti a dire che il Roverismo era quindi nato nel 1918.
In questo Centenario, vorremmo che ogni Comunità R/S e Compagnia si raccontasse, attraverso immagini e parole.
B.-P. aveva immaginato il Roverismo come “una fraternità dell’aria aperta e del servizio” iniziando a tracciare quella che ha chiamato “la strada verso il successo”. Ma cos’è il successo? Essere ai piani alti della società? Essere ricchi? Avere una “posizione”? Essere uomini e donne di potere?
“Non è questa la mia idea di successo”, dice B.-P. “La mia convinzione è che siamo stati posti in questo mondo di meraviglie e bellezza con una speciale capacità di apprezzarle, talora per avere la gioia di contribuire al loro sviluppo ed anche per poter aiutare gli altri e, tutto ciò facendo, godere la vita – ossia raggiungere la felicità”.
Nell’intuizione di B.-P. il Roverismo ha rappresentato da subito la strada verso la felicità. E per voi, oggi, a distanza di cento anni, che cosa significa essere rover e scolte?
Vi proponiamo di esprimerlo, come Comunità, scattando una foto e raccontandoci il vostro punto di vista. Prendetevi il tempo necessario per pensarci insieme ai vostri compagni di strada in modo da poter condividere le esperienze di ciascuno e farne una sintesi comune.
Come fare? È semplicissimo! Basta andare sul sito www.rovers100.it creato dalla Federazione Italiana dello Scoutismo e seguire le istruzioni. Oppure potete vedere delle immagini che sono state caricate fino ad ora o scoprire immagini dalla storia passata. Le immagini raccolte, come fossero tanti mattoni, formeranno una grande parete che descriverà il Roverismo dal vostro punto di vista.
Una volta caricate sul portale, potrete anche condividerle su Facebook o scaricarle per poterle condividere su Instagram (#rovers100).
Da www.rovers100.it
Co.Ca. – La catena del bene
Ci sono tanti enti in cui potrei fare volontariato: l’asilo, l’oratorio… ma ho deciso di fare il capo scout inizialmente perché me l’ha chiesto un’amica. Questo è importante perché dimostra che lei ritiene che io possa dare qualcosa al prossimo e ciò mi ha portato a pensare: “perché non lo devo fare se altre persone prima di me l’hanno fatto? Se altri hanno dato a me?”. Voglio restituire quello che ho avuto.
Se avessi scelto di non fare il capo scout avrei stoppato una catena, come quella del film “Un sogno per domani”, in cui un bambino fa opere di bene al prossimo chiedendo in cambio dei favori per altre persone. Tutto nasce dalla domanda chiesta in classe dal suo professore di scienze sociali: “Cosa vuole il mondo da noi?”.
Attraverso questo film mi sono posta anch’io questa domanda: cosa il mondo vuole da me? A questa domanda non ho ancora risposto perché sono appena all’inizio del mio incarico di responsabilità. Ma ciò che so è che devo tramandare un bagaglio che mi è stato donato.
Giraffa Inarrestabile
Clan Kypsele – L’unione fa la forza!
Festa di Chiusura 2018: chi c’era sicuramente non può non ricordarsi gli urli dei reparti! Certamente non noi ex-Pegaso e ex-Orione (sì Elena, sentiti esclusa!).
Quel fiume di lacrime che ha pervaso un po’ tutti era motivato dal fatto che dall’anno prossimo le unità E/G del Busto 3 diventeranno una di meno: il reparto Pegaso e il Reparto Orione infatti sono stati uniti.
Se da un lato la cosa è tutto sommato semplice, dall’altro non possiamo -anche per il dovere di informare voi lettori- non nascondere le difficoltà che la CoCa ha dovuto affrontare per giungere a questa decisione.
Dicevamo semplice: per usare il linguaggio corretto dobbiamo parlare della chiusura di due unità e di apertura di una nuova. Come stabilisce l’Agesci entrambe sono decisioni che assume la Comunità capi del Gruppo, dopo un’attenta e delicata analisi delle esigenze del Gruppo stesso e ancor prima del bene dei ragazzi.
Questa indagine in particolare ha tenuto conto dei coprotagonisti di un’unità: i ragazzi e i loro capi.
Entrambe le unità soffrivano di una lieve ma costante diminuzione degli esploratori e delle guide, un po’ perché con il tempo qualcuno decideva di lasciare, ma in larga parte perché i lupetti che ogni anno passavano non erano sufficienti a garantire i numeri per tre reparti.
Il bilancio è presto detto: tre branchi in meno offrono meno passandi, che comunque si devono distribuire in tre reparti. Se ai nostri tempi (ah! La vecchiaia!) ad ogni passaggio in ogni reparto entravano 10 persone, nell’ultimo periodo poteva anche accadere che non tutte le squadriglie avessero un novizio, e per una squadriglia vi assicuriamo che può essere un problema!
Per quanto riguarda i capi invece il discorso è analogo, ma con motivazioni differenti.
Benché essere scout sia la cosa più bella del mondo, può capitare che per motivi diversi un capo decida che il suo servizio si debba interrompere (ragazzi, vogliate bene ai vostri capi!). Questa circostanza è accaduta o sarebbe accaduta a molti capi E/G, e questo capite bene che può essere un grosso problema, non tanto perché costoro non siano sostituibili da aitanti rover e scolte che prendano il loro posto, ma perché questi ultimi non possono (sia perché lo dice il Metodo, sia perché per essere un buon capo occorre un percorso formativo molto lungo) “condurre un’unità”, cioè esserne i capi responsabili.
Accantonando per un attimo le questioni burocratiche, vorremmo spostare l’attenzione sull’effettiva difficoltà che un’unione può comportare nella vita di un repartista. Noi pensiamo, però, che sia quantomai paradossale parlare di unione in uno spirito negativo: la parola, infatti, racchiude nel suo significato il concetto di stringersi l’uno intorno all’altro e di ripartire, insieme, nell’ottica dello slogan, che mai fu più azzeccato, “l’unione fa la forza”. I ragazzi sono partiti col piede giusto, avendo compreso che tutti i repartisti condividono lo stesso spirito e voglia di fare e hanno iniziato a darsi un’identità comune: è nato il reparto Perseo che ha già fatto sentire la sua voce in quadrato (hanno spaccato eh?!).
È già capitato, nella storia del Gruppo, che dei reparti dovessero unirsi/dividersi per diverse esigenze e tutti l’hanno fatto nel migliore dei modi. Auguriamo, quindi, ai ragazzi del reparto Perseo, un buon anno scout e che possano cogliere l’opportunità che hanno di scrivere una pagina di storia e di adempiere alla grande responsabilità di portare questo nuovo reparto “per aspera ad astra”.
Alessandro Lupo
Chiara Sidoti
Elena Banda
Shobha Mazzucchelli
Reparto Perseo – L’unione
La notte tra sabato 11 e domenica 12 agosto è successa una cosa che alcuni si potevano aspettare ma altri no, ed è proprio per loro che sto scrivendo questo articolo che racconterà di un fatto riguardante due reparti: l’unione tra i due reparti Pegaso e Orione che all’apparenza potrebbe per alcuni essere una cosa molto triste ma per altri (come i capi) molto positiva. Ma non perdiamoci in chiacchiere e incominciamo, dunque, era sera e ogni reparto stava facendo le proprie cerimonie conclusive come l’assegnazione della vittoria dell’ultimo campo ecc… erano circa le undici e mezza di sera e la cerimonia era alle cinque del mattino e quindi tutti erano indecisi su cosa fare in tutto quel tempo ma alla fine c’era chi stava davanti al fuoco a cantare, a far due chiacchiere o a riscaldarsi visto la temperatura invernale, c’era anche chi è andato in tenda a dormire per la stanchezza… c’erano tante cose che si potevano fare. Scoccate le cinque ci siamo messi tutti in camicia e diretti davanti alla tenda della cambusa ogni reparto con le varie squadriglie ha urlato il proprio urlo per l’ultima volta, abbiamo tutti quanti attraversato il passaggio di lumini creato dai capi: c’era chi piangeva disperato e chi invece era felice di conoscere nuove persone e arrivati nel cerchio più grosso rispetto agli altri ci siamo ritrovati a essere un reparto unico e gigante.
È stata una cosa incredibile passare da una normalità di un reparto qualunque ad essere in un’altra molto più grossa e forse anche più bella… ma non si sa mai perché di solito l’apparenza inganna e nessuno vuole questo. Però mancano delle cose perché un reparto non si forma soltanto prendendo delle persone ma mancano ad esempio il nome, l’urlo… questo ancora non è ancora un reparto completo ma non vi svelerò né il nome né l’urlo. Si potrà scoprire alla festa di apertura con tutti i vari passaggi.
Quindi questo è il racconto dell’unione tra Reparto Pegaso e Reparto Orione.
Alessandro Branda,
squadriglia Albatros del Reparto Pegaso
REPARTO Pegaso – Una storia lunga sedici anni
Due fiamme erette, che avrebbero dato vita a due reparti differenti, erano impiantate nel terreno durante l’ultimo giorno di campo estivo del reparto Andromeda annata 2002/2003. La notizia scaturì grande dissenso da parte dei’repartisti’, che mai avrebbero pensato di doversi dividere in due reparti, per di più uno composto solo da guide (Idra) e uno composto solo da esploratori (Pegaso). Non ho mai potuto conoscere il reparto Idra e non ho vissuto sulla mia pelle l’inizio del reparto Pegaso, ma solo la fine, e posso dire con certezza, dopo quattro anni passati in questo reparto, che il lavoro e la dedizione dei primi ragazzi del Pegaso hanno dato vita a un reparto degno del suo nome.
La parola “nascere” del reparto Pegaso non ha un senso solo simbolico, in quanto esso è partito da zero: non aveva materiale per le attività, per il quale ha dovuto fare parecchio autofinanziamento, non aveva una sede che si è posto come obbiettivo tramite la sua prima impresa e non aveva tradizioni, che nacquero dalla creatività degli esploratori stessi. Ad esempio, una delle tradizioni che da sempre fa parte del reparto Pegaso è quella “dell’uovo di Pasqua” che consiste nello spaccare in testa ad un ragazzo o una ragazza del primo anno un grande uovo di cioccolato.
Una delle poche cose, che il reparto Pegaso mantenne dal reparto Andromeda, furono i nomi delle quattro squadriglie maschili: Albatros, Puma, Ermellini, Lupi. Quando poi passarono le prime nove ragazze dai branchi/cerchi nacque la squadriglia delle Aquile, seguita negli anni a venire da Colibrì e Coyote. Un’altra delle cose che il Pegaso mantenne dal vecchio reparto, fu l’usanza di “Mr. Campo” che ricorreva a ogni campo estivo e che è durata fino ad ora. Con il passare del tempo ho potuto scoprire che molte cose si sono trasformate o addirittura cambiate totalmente. Andando avanti con gli anni si sono chiuse delle squadriglie e aperte delle altre, il numero di esploratori e di guide è cambiato a modo alterno, naturalmente con il passare degli anni la staff del Pegaso ha continuato a variare anch’essa e di conseguenza il clima del reparto ha subito delle mutazioni, rimanendo comunque positivo.
Ripercorrendo in prima persona la strada del Reparto Pegaso si può notare che essa è lastricata di ricordi e avventure che solo chi ha vissuto personalmente conosce e, siccome non tutti hanno potuto vivere questa esperienza così da vicino, ho deciso di informarmi per rendervi partecipi anche dei più piccoli dettagli che fanno parte di questo Reparto. La mia domanda ’il primo ricordo che ti viene in mente quando pensi al Pegaso?’ ha avuto diversi punti di vista “Ne ho tanti di ricordi ma quello che rammento di più, è del mio secondo anno. Era il mio compleanno e quando sono entrato in sede mi hanno fatto una festa a sorpresa”, “il ricordo più impresso che ho è il primo pernotto del reparto Pegaso, durante il quale abbiamo scelto l’urlo di reparto” due ricordi di due dei fondatori del Pegaso: Enrico Bellotti e Paolo Maglietta. “Non è un ricordo particolare ma un sentimento, l’emozione di sapere che eravamo più di un reparto, potevo contare su chiunque e sapevo che nonostante tutto, il reparto Pegaso era la mia famiglia” pensiero di Martina Richiusa, una delle prime ragazze ad entrare a far parte del Pegaso. Non posso darle torto, è normale che un Reparto diventi una ’seconda famiglia’ grazie alle persone che ne fanno parte, grazie alle esperienze che le legano, ai rapporti che si creano, grazie alla staff, a quei capi che ci fanno da fratelli maggiori ma anche da educatori, che “ci preparano la ’spa’ dopo l’hike con tanto di massaggi e creme” come ricorda Giorgia Broggi. Spesso molti dei ricordi che sono venuti fuori chiedendo a queste persone sono aneddoti divertenti o scherzi che possono sembrare sciocchezze ma che alla fine sono sempre ciò che si ricorda meglio come Alessandro Chiarot “Sono troppi ricordi per sceglierne soltanto uno! Campo invernale del quarto anno, vinto dalla mia squadriglia Ermellini, tema Cavalieri dello Zodiaco, abbiamo realizzato un video parodia, del primo episodio del cartone. Memorabile.” o Giorgio Lualdi “Ce ne sono tanti… ma uno ’particolare’ fu quando il mio vice rimase appeso per le mutande durante un percorso Hebert, scendendo dal quadro svedese”. “Quando ero al terzo anno di reparto, durante un pernotto, mentre i capi stavano facendo staff dopo averci messo a letto, io e la mia amica Chiara siamo ’sgattaiolate’ in bagno per chiacchierare, ma siamo rimaste chiuse dentro ed essendo le tre di notte, nessuno veniva ad aprirci. Per un attimo ho creduto che avrei dovuto dormire lì”. Questo è uno degli aneddoti divertenti di cui parlavo prima e che mi viene in mente per primo quando ripenso ai ricordi gioiosi che mi ha lasciato il mio Reparto anche se per quanto mi riguarda il Pegaso ha fatto molto di questo, in quanto non mi ha lasciato solo storie simpatiche da raccontare ma amicizie, esperienze e emozioni che porterò sempre con me.
NEL FIRMAMENTO UN CAVALLO ALATO RIEVOCA TEMPI LONTANI
REPARTO PEGASO
Questo è ciò che venticinque ragazzi sedici anni fa hanno creato, durante il primo pernotto del reparto Pegaso, questo urlo fra poco non avrà più voce, ma la suo eco rimarrà nella storia, fino alla fine dei tempi.
TM
REPARTO Phoenix – Un campo da Ghostbusters!
Ciao a tutti, sono felice di riprendere a scrivere su questo meraviglioso giornalino.
Qua ci sono sempre un sacco di notizie interessanti e mi fa sempre piacere leggerle. Spero valga la stessa cosa per voi, visto che ora vi racconterò la storia di un reclutamento di ghostbusters.
Quell’afosa giornata estiva siamo partiti verso il luogo dove ci saremmo poi accampati, un isolato bosco con un prato che lasciava spazio alle nostre tende nella sperduta città di San Domenico di Varzo. Abbiamo dovuto trovare un posto adatto per montare la nostra futura dimora per quei giorni ed, essendo che il luogo era in pendenza, abbiamo deciso di sfruttare le nostre capacità costruttive per preparare una struttura di legno capace di sostenere il peso di quattro o più persone, una cosiddetta sopraelevata. Alla fine, tra alti e bassi, siamo riusciti nel nostro intento e la giornata è proseguita tranquillamente, fino a quando… UN FANTASMA?! ODDIO! E dietro di lui abbiamo visto un signore che lo inseguiva. Ma, non riuscendoci ha chiesto aiuto a noi. Se aveva fatto bene non lo abbiamo capito da subito, ma nel corso dei giorni ci siamo allenati, divertiti ed abbiamo imparato a conoscere i fantasmi per poi acchiapparli! E, ovviamente, dovevano essere reclutati nuovi ghostbusters quindi quale modo migliore del meraviglioso e talentuoso MISTER CAMPO? Perché, come si suol dire, una sfida al giorno toglie i fantasmi di torno. Quindi abbiamo passato oltre una settimana molto attiva perché, fra prove e giochi, ci siamo stancati abbastanza. Ma non sono mancate nemmeno le sieste, che ci sono state però date dai terribili temporali che spesso incombevano su di noi. Ma questi non erano affatto momenti morti, perché ci siamo rallegrati cantando, spesso a squarciagola, e mostrando al temporale che nulla può ostacolare il nostro sorriso. Tra canzoni e risate, alla fine la tempesta è quasi sempre passata via velocemente. In fin dei conti la gioia ha vinto sulla pioggia e dopo nove giorni di campo ci siamo ritrovati in sede per tornare a casa stanchi ma felici di aver vissuto una nuova avventura. Perché la vita, scout o meno, è così: cadere sette volte, e alzarsi otto. Non arrendetevi al primo errore, ma tentate mille volte di fare ciò che non riuscite per imparare da essi e migliorare. E ora, prima di andarmene, voglio parlarvi velocemente della nostra vita, per ricordarvi che non va sprecata nè rovinata perché, in fondo, è una cosa molto rara: la maggior parte della gente, infatti, esiste e basta, non dà importanza al mondo che c’è intorno e, purtroppo, ai giorni d’oggi questo succede a causa dei telefoni, dei tablet e dei vari aggeggi elettronici. Ammetto che anche a me piace giocare e navigare su internet ma spesso stando troppo davanti a uno schermo perdi la cognizione del tempo e questo ha le sue conseguenze. Quindi cercate di limitarvi, piuttosto prendete un pallone ed uscite fuori, andate al parco o comunque andate a giocare un po’ per davvero!
Un’ultima cosa prima di finire: vorrei dedicare due parole anche a Sonia e a Baraldi, un quarto anno ed una capa entrambi davvero speciali. Vorrei ringraziarvi di tutto, perché da quando sono entrata in reparto voi mi avete sempre ascoltata e aiutata nel bisogno. Mi avete sempre fatto sorridere e mi avete insegnato un miliardo di cose e, tra alti e bassi, abbiamo vissuto un miliardo di avventure che non dimenticherò mai. E voglio ricordarvi che non è la distanza a separare le persone, ma il silenzio, quindi spero che non perderemo mai il rapporto, ci tengo davvero a voi!
Adesso vi saluto, buona strada!
Canarino Stravagante
(Carmela Scida)
Reparto Phoenix – Vita di uno scout
Ciao a tutti, come va?
Oggi abbiamo in serbo per voi un articolo speciale, diverso dal solito e molto molto bello.
Ci abbiamo pensato verso la fine dell’anno scorso e ci abbiamo lavorato questa estate, impegnandoci.
Esatto, ho parlato al plurale. Infatti questa volta leggerete…
UN’INTERVISTA SCOUT!
È stata scelta una persona per sq e, allo stesso tempo, una persona per anno in modo da sapere i pensieri che balenano nella testa dei vari repartisti Phoenix.
(Da ricordare che tutti i dati sono riferiti all’anno scorso, eccetto l’età; inoltre le risposte saranno in un esatto ordine, ossia quello in cui li presenteremo: -)
I privilegiati sono: Alessia Zanella primo anno della sq Volpi; Francesco Cacciagrano secondo anno della sq Giaguari; Carmela Scida terzo anno della sq Tigri e Alessandro Baraldi, quarto anno della sq Cavalli.
Ma ora bando alle ciance e iniziamo!
1) Come ti chiami? E quanti anni hai?
- Mi chiamo Alessia ed ho 13 anni.
- Mi chiamo Francesco ed ho 14 anni.
- Mi chiamo Carmela ed ho 15 anni.
- Mi chiamo Alessandro ed ho 16 anni.
2) Quali hobby e passioni hai? Pratichi qualche sport?
- Suono la chitarra, il basso ed il pianoforte e pratico motocross e box.
- Mi piace guardare film e serie tv, non pratico nessuno sport.
- Suono chitarra, sassofono e piano. Pratico tchoukball, una specie di pallamano e adoro leggere e scrivere.
- Suono la chitarra ed ho una forte passione aeronautica.
3) Che cosa ti ha spinto ad iniziare il tuo percorso scout?
- Ho iniziato questo percorso grazie ad una mia amica.
- Sono venuto perché mi ha convinto il mio vicino di casa.
- Sono venuta a provare grazie a una mia amica.
- Ho provato a venire in un giorno di prova e mi è piaciuto.
4) Qual è il tuo ruolo all’interno del reparto?
- Sono una squadrigliera.
- Sono vice.
- Sono diventata capo sq nel corso dell’anno.
- Sono capo sq.
5) Cosa ti piace e non del reparto?
- Mi piace il rapporto che ho instaurato con gli altri, mentre non mi piace quando, a volte, sembra che alcune persone guardino altre con una specie di superiorità.
- Mi piacciono le attività che facciamo e, sinceramente, non vedo nulla di negativo.
- Del mio reparto mi piace il fatto che siamo una grande e bellissima famiglia, che riusciamo sempre a superare le litigate ed i bisticci e che siamo uniti come fossimo veri fratelli. Di negativo invece non vedo tantissimo, solo a volte scarsa autostima di qualcuno.
- Di bello c’è lo spirito d’iniziativa ed il coinvolgimento. La parte un po’ più negativa è che a volte le persone non sono come vorrei.
6) Cosa ti rimarrà del reparto una volta passato?
- Di sicuro le amicizie.
- La positività.
- I sorrisi delle varie persone ed i ricordi delle innumerevoli avventure passate insieme.
- La preparazione a livello tecnico e molta molta felicità che mi è stata trasmessa.
7) C’è un consiglio che vuoi dare a ogni scout del Busto 3?
- Divertitevi sempre, siate bravi scout e sorridete!
- Godetevi anche le più piccole cose.
- Non sottovalutare mai nè te stesso, nè gli altri. Sii felice e segui sempre il tuo cuore!
- Trova sempre il lato positivo in ogni piccola cosa; e ricorda sempre:
ESTOTE PARATI!
E ora che l’intervista è finita vi auguriamo di continuare serenamente il vostro percorso.
Buona strada!
Alessia Zanella
Francesco Cacciagrano
- Geco Sorprendente
Carmela Scida
- Canarino Stravagante
Alessandro Baraldi – Turaco Tenace
Branco Tikonderoga – Ubuntu
Fino a poco tempo fa, pensavo che ubuntu fosse solamente la bevanda di cola che ogni tanto acquisto in bottega equo solidale.
Nelson Mandela diceva che se concluderemo qualcosa al mondo, sarà grazie al lavoro e alla realizzazione degli altri.
Si è uomini solo attraverso l’umanità degli altri.
Ubuntu è un’ideologia dell’Africa sub Sahariana che si focalizza sulle relazioni reciproche delle persone.
In lingua bantu è benevolenza verso il prossimo. Rispetto dell’altro: “Ubuntu ngumuntu ngabantu”, “Io sono ciò che sono in virtù di ciò che tutti siamo”. Sostenersi ed aiutarsi a vicenda, aumenta la coscienza dei propri diritti e dei propri doveri.
In Africa, nella dimensione religiosa, esiste un profondo legame tra tutti gli esseri umani, da cui deriva il rispetto degli antenati e la loro venerazione. Ricordo con dolcezza i tanti anziani incontrati nei villaggi a nord della capitale, di un paese africano dai frutti dolci come il miele e rossi come il sole, del rispetto che tutti avevano per loro: dal modo di chiamarli, alle attenzioni per il cibo, servito prima a loro.
…di come la notte intorno al fuoco, i loro racconti erano ascoltati dai bambini a bocca aperta, mille volte meglio della TV…
Nella sfera politica, il concetto di ubuntu è usato per spiegare l’importanza dell’essere uniti nel prendere decisioni, condividendole. Penso ancora a Nelson Mandela, a cosa è successo in Sud Africa, grazie a questa ideologia in cui lui credeva fermamente.
L’ospite dunque è sacro e tutti i bambini sono figli, nessuno deve vivere senza famiglia.
Ora lo so, io sono ciò che sono in virtù di ciò che tutti siamo!
t. r.