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Hanno lasciato una traccia: Don Giovanni Barbareschi

Don Giovanni BarbareschiA darci un passaggio verso questo Natale, tra gli altri, sarà sicuramente don Barbareschi, uno scout diventato “Giusto tra le Nazioni” e medaglia d’argento per la Resistenza. Ci ha lasciati il 4 ottobre scorso a 96 anni, tanto che è stato ricordato anche alla nostra Festa di Apertura. Era l’ultimo delle Aquile Randagie, coloro i quali, nonostante il divieto imposto dal fascismo, continuarono l’attività scout clandestinamente. Ma non fece solo questo: dopo l’8 settembre 1943, con la resa dell’Italia e l’inizio dell’occupazione tedesca, assieme a Teresio Olivelli, Carlo Bianchi, David Maria Turoldo, Mario Apollonio, Dino Del Bo, partecipa agli incontri che porteranno alla fondazione del giornale Il Ribelle. Il giornale delle brigate partigiane “Fiamme Verdi”, attive in Lombardia ed Emilia, esce quando può per 26 numeri, facendo correre ai suoi sostenitori, che si definivano “ribelli per amore”, grandi rischi sia per stamparlo sia poi per distribuirlo: infatti uno dei tipografi, Franco Rovida, e lo stesso Teresio Olivelli finiranno la loro esistenza in un campo di concentramento. Oltre a questa attività si impegna con le Aquile randagie e l’O.S.C.A.R. (Organizzazione Scout Collocamento Assistenza Ricercati) con il compito di portare in salvo, in Svizzera, ebrei, militari alleati e ricercati politici per un totale di 2166 espatri clandestini.
Il 10 agosto 1944 va dal cardinale Alfredo Ildefonso Schuster, pregandolo di andare ad impartire la benedizione ai partigiani uccisi in piazzale Loreto, ma il cardinale gli ordina di andare lui stesso, benché ancora diacono. Davanti ai cadaveri lasciati come crudele monito alla popolazione si inchinò e recitò la preghiera di benedizione. Una volta terminata si accorse che tutta la piazza si era inginocchiata con lui. Tre giorni dopo (13 agosto) viene ordinato sacerdote dal cardinale Schuster e celebra la sua prima messa il 15 agosto; la notte stessa viene arrestato dalle SS mentre si sta preparando per accompagnare in Svizzera degli ebrei fuggitivi. Resta in prigione fino a quando il cardinale non ne ottiene la liberazione e, quando in seguito si presenta a lui, il cardinale si inginocchia e gli dice:
«Così la Chiesa primitiva onorava i suoi martiri. Ti hanno fatto molto male gli Alemanni?»
Passa qualche giorno e don Barbareschi parte per la Valcamonica, dove si aggrega alle Brigate Fiamme Verdi e diventa cappellano dei partigiani. Dopo essere stato arrestato viene portato nel campo di concentramento a Bolzano (Durchgangslager Bozen), da dove riesce a fuggire prima di essere trasferito in Germania; ritornato a Milano diventa il “corriere di fiducia” tra il comando alleato ed il comando tedesco durante le trattative per risparmiare da rappresaglie le infrastrutture milanesi. Dal 25 aprile 1945, su mandato del cardinale Schuster, si adopera per evitare rappresaglie contro i vinti e con l’avallo dei comandi partigiani e alleati opera per salvare dal linciaggio il maresciallo Karl Otto Koch, il generale Wolff e il colonnello Dollmann (il quale il 4 marzo 1948 gli offrirà il suo diario personale come ringraziamento per avergli salvato la vita), direttamente responsabili delle sue sofferenze in carcere.
Dopo la guerra continuò ad insegnare (fu anche professore di religione di mio padre!) e ad essere attivo nella FUCI e nello scoutismo, verso il quale non smise mai di attivarsi per il ricordo della Resistenza.

e. g.

Hanno lasciato una traccia: Giulio Cesare Uccellini

KellyPare giusto cogliere l’occasione del Kelly Day raccontato su questo numero per parlarvi di Giulio Cesare “Kelly” Uccellini, nome totem “Tigre”, il “Bad Boy” che aiutò a tenere viva la fiamma dello scoutismo in Italia (insieme a tanti altri) durante il buio periodo fascista.

Nacque a Milano l’11 marzo 1904 e, contro il volere del padre, entrò nell’ASCI Milano 2 nel 1917.
Il suo senso civico, la profonda fede religiosa e l’amore per lo scoutismo lo spinsero a rinunciare alla carriera professionale nella Banca d’Italia e alla creazione di una famiglia per dedicare la sua vita allo scautismo e ai suoi ragazzi. Il suo impegno continuò anche dopo il 1928, quando le Leggi Fascistissime dichiararono illegale il movimento scout.

Quando nel 1927 fu imposto all’ASCI (Associazione Scout Cattolici Italiani, che insieme all’Associazione Guide Italiane diede poi vita alla nostra AGESCI) di apporre sulle proprie insegne lo stemma dell’Opera Nazionale Balilla, Uccellini si rifiutò, e di nuovo rifiutò di consegnare le insegne quando nel 1928 lo scautismo venne definitivamente soppresso.
Uccellini non accettò la fine dello scautismo, e con alcuni ragazzi continuò a mantenere vivo clandestinamente il suo gruppo, al quale diede il nome di “Aquile randagie”. 24-2Continuò a portare avanti le sue idee di libertà e non-violenza, proponendo ai ragazzi un modello di capo gioioso e coraggioso, capace di continuare nel suo impegno anche dopo che la polizia fascista lo aveva picchiato fino a procuragli dei seri danni all’udito.
Il suo gruppo, che nel frattempo aveva accolto anche nuovi ragazzi e scout appartenenti agli altri gruppi ormai disciolti, seguitò le attività di nascosto, con campi estivi annuali e partecipando anche ai jamboree mondiali. A quello di Vogelenzang (Paesi Bassi), il 9 agosto 1937 Uccellini incontrò B.P. in persona, il quale rimase colpito dalla storia delle Aquile randagie ed esortò Kelly a proseguire nella sua impresa.
Durante la seconda guerra mondiale, e specialmente in seguito all’8 settembre 1943, Uccellini, insieme agli altri capi delle Aquile randagie, cercò dei modi per aiutare le persone ricercate dai fascisti. Partecipo’quindi alla nascita di O.S.C.A.R. (Organizzazione scautistica cattolica di aiuto ai ricercati). Come membro di questa organizzazione partecipo’all’espatrio in Svizzera di 75 prigionieri africani evasi, anche se l’azione più eclatante forse fu la liberazione di un bambino ebreo dall’ospedale in cui era tenuto prigioniero dei tedeschi in attesa di essere inviato a un campo di sterminio.

Blank white book w/pathKelly morì il 23 marzo 1957 a 53 anni per un tumore allo stomaco. Lasciò scritto di essere sepolto in uniforme, con al cuore il giglio scout e al collo il fazzolettone di Gilwell (che distingue i capi in tutto il mondo), a testimonianza del suo attaccamento a un movimento al quale aveva dedicato la sua vita.
In quello stesso anno gli viene conferita alla memoria la medaglia d’oro della provincia di Milano per il merito educativo.

Enrico Gussoni