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Il secolo scout a Busto Arsizio “La schiera bella, vigorosa e promettente…”
Buongiorno a tutti,
mi presento: sono stato scout (ma scout in realtà lo si è sempre, come diceva Lord Kitchener) nel Busto Arsizio 1°, quando ancora si chiamava ASCI. L’esperienza come capo in AGESCI, soprattutto in branca RS, risale agli anni ’80; successivamente divenni capo gruppo, nonché co-fondatore del Legnano 9. Con il nuovo millennio cessai le attività, ma non la passione per il movimento scout.
Ma vengo al dunque, ed il motivo per cui voglio scrivere sui giornalini scout di Busto Arsizio (anche io lavorai alla redazione de “Lo Zaino” una trentina di anni fa) è la promozione del libro sul centenario scout a Busto Arsizio che, come sapete, è stato pubblicato nello scorso ottobre.
Immagino che ne avrete sentito parlare, specie nella serata ai Molini Marzoli il 27 ottobre scorso. Vi sono state altre presentazioni nel marzo 2018: all’Università Popolare e a “BoragnoLibri”.
Ma l’idea, oggi, è di raggiungere maggiormente i gruppi scout, per far capire attraverso questo libro non solo la nostra storia, ma anche i nostri valori scout, vissuti per un secolo nella nostra Busto.
Premetto che non faccio tutto questo per guadagno (non guadagno assolutamente nulla da questo lavoro), il libro l’ho scritto unicamente per “volontariato”, e la sua stesura, estesa nell’arco di 12 anni (sì! dodici!) ha richiesto, oltre alla lettura di molti libri, anche l’intervista a diversi scout bustesi, di ogni generazione (dai novantenni in giù.) e la visita in diversi archivi, cartacei e digitali, da qui, sino a Milano (Fondazione “Ghetti”, Biblioteca Capitolare, Associazione Alpini, ecc.).
PERCHÉ TUTTO QUESTO?
Voglio chiarire subito che non è il “libro del Busto Primo”: ovvio che del Busto 1 se ne parli di più, poichè ha 100 anni, ed il “secondogenito” (Busto 3) ne ha solo 38! Più giovani ancora gli altri due gruppi (Busto 5 e Busto 33). E’ quindi il libro di tutti gli scout e le guide di Busto, di ogni epoca!
COME VENDERLO? Credo che i migliori alleati per questo progetto siano: le cene sociali… e… la collaborazione dei genitori scout, ma anche dei rover/ scolte.
Se ne avrete qualcuna, da qui all’apertura del nuovo anno, può essere l’occasione.
Credo che, in sostanza, il libro non vuole essere (ed io spero non lo sia!) una cronaca noiosa di fatti accaduti; certo è anche un cronaca (non noiosa però !), ma vuole essere anche un modo per diffondere i valori scout che hanno caratterizzato i nostri gruppi per oltre un secolo: si parla anche, neanche troppo indirettamente, di SPIRITO DI SERVIZIO, IMPEGNO SOCIALE, SPIRITUALITÀ (sbaglio o questi sono i contenuti del Patto Associativo?) e non mancano note divertenti («la guida e lo scout sorridono e cantano anche nelle difficoltà» recita la Legge).
QUINDI…
Perché acquistarlo?
Perché è “il” libro che parla di noi!
Ma di quali gruppi scout?
Di tutti, e di tutto il secolo: CNGEI, ASCI, AGI, MASCI, AGESCI (Busto 1, 3 e 5) e FEDERSCOUT (compatibilmente con la loro storia più o meno lunga)
Ma ci interessa ciò che accaduto prima di noi?
Sì, perché già allora dei ragazzi, nostri predecessori, svolgevano del servizio a favore di qualcuno! Volete conoscerlo? Leggetelo!
Erano accadute cose banali in questo secolo?
Tutt’altro. I nostri fratelli scout hanno affrontato, nell’ordine: l’anticlericalismo, la Grande Guerra, la dittatura, la 2^ Guerra Mondiale, la clandestinità e le difficoltà economiche della rinascita…
È adatto a tutti? Lupetti, cocci, guide, esploratori?
Non proprio, è da grandi; sicuramente per rover, scolte, novizi, capi, A.E., ma sicuramente anche per i genitori associativi. E un “domani” anche i piccoli di oggi lo capiranno.
100 anni fa nascevano i Giovani Esploratori Cattolici di Busto Arsizio, e noi “deriviamo” tutti quanti da quei ragazzi del 1917!
Questo articolo vuole fare appello:
ai genitori, affinché comprendano i valori del Movimento frequentato dai figli, e si convincano che vale la pena… acquistarlo (credo proprio che il rapporto qualità prezzo sia molto favorevole!);
ai rover, alle scolte e novizi/e, perché il tema della loro branca è “IL SERVIZIO”;
ai Capi… già provati da mille impegni, … lascio solo il compito del… “passa parola”! (so, per esperienza, che tirerete un sospiro di sollievo).
GRAZIE PER L’ATTENZIONE!
Marco Torretta
CDA – Esperienza indimenticabile all’ospedale di Busto Arsizio
Sabato 03/03/2018 Akela ci ha organizzato un pomeriggio diverso dal solito che mi resterà per sempre nel cuore! Ha riunito il gruppetto dei CDA e ci ha detto di trovarci di fronte il Ps dell’ospedale di Busto Arsizio. Una volta tutti riuniti, ci siamo incamminati verso il reparto pediatrico dove erano ricoverati molti bambini ammalati.
Il nostro compito, come ci aveva detto, era quello di intrattenerli, di far loro compagnia in modo divertente e spensierato. Dovevamo farli divertire per far dimenticare loro il motivo per cui si trovassero in ospedale…
Abbiamo incontrato tre bimbe più piccole di noi, molto carine e desiderose di giocare per dimenticare le loro malattie! Ci hanno fatto entrare nella saletta tutta colorata dedicata ai giochi ed attorno ad un tavolo abbiamo cominciato a disegnare con le bambine e ad intrattenerle! Guardare i loro visi gioiosi mi ha reso molto felice in quanto avevo compiuto una bella azione! A dire la verità, siamo stati anche un po’ rumorosi e Akela ci ha pure rimproverati ma non siamo sempre riusciti a tenere il tono della voce bassa, purtroppo!
Alle 17.00 ci siamo recati nella Chiesa dell’opedale per assistere alla Santa Messa ed alle 18.00 i nostri genitori sono venuti a prenderci per portarci a casa. Mentre ero in macchina con il mio papà ripensavo a quell’esperienza molto bella ed indimenticabile: avevo fatto sorridere delle bambine che non stavano bene…
Un talkshow per il Centenario: ecco tutti gli ospiti illustri
Venerdi prossimo 27 ottobre nella “Sala Tramogge” dei Molini Marzoli si svolgerà il penultimo evento del programma di celebrazioni del Centenario di attività del movimento scout cattolico a Busto Arsizio; le celebrazioni si concluderanno il 17 dicembre con la Messa di Natale nella chiesa di San Giovanni.
L’evento, questa volta rivolto ad un pubblico di adulti (genitori, educatori, insegnanti e amministra-tori) propone testimonianze della validità e attualità del metodo educativo scout da parte di persone che essendo o essendo state, nel movimento scout, hanno o hanno avuto responsabilità nella Società Civile, sia a Busto Arsizio che altrove.
Lo scoutismo, come è scritto nel volantino di annuncio in modo garbatamente autoironico, oggi non è più quello delle barzellette, non è quello della vecchietta accompagnata dal baldo scout nell’attraversamento della strada o quello della feroce battuta di G.B.Shaw (i bambini vestiti da cretini…); lo scoutismo è diventato “grande”.
Il video che aprirà la serata (opera di uno scout del gruppo Busto A. 5) infatti mostrerà quanti per-sonaggi che hanno fatto la storia recente hanno fatto parte o hanno sostenuto lo scoutismo: l’astronauta Armstrong, il fumettista Hergé, Guglielmo Marconi, Nelson Mandela, De Coubertin, ecc.
Daranno invece testimonianza diretta quali protagonisti dei nostri giorni, la vicesindaco di Milano dott. Anna Scavuzzo e il presidente della Fondazione “mons. Andrea Ghetti-Baden” (dedicata al so-stegno dello scoutismo) e già Capo scout d’Italia, avv. Agostino Migone; in videoconferenza parteciperanno la senatrice e già ministro della Sanità Maria Pia Garavaglia e l’onorevole Franco Prina, tutti capi scout a vario titolo ancora impegnati nella società civile.
La domanda alla quale saranno invitati a dare una risposta personale sarà: se e come lo scoutismo ha contribuito a formare lo spirito di servizio e a non aver timore delle responsabilità nella vita civile; ci sia aspetta un pubblico di genitori, educatori, insegnanti curiosi di conoscere attraverso esperienze di vita i valori che hanno reso grande questo “grande gioco” che da più di cent’anni, anche a Busto, si offre ai giovani.
Non solo nel mondo molti scout hanno lasciato segni del loro impegno; Busto annovera tra questi il più volte sindaco e senatore GianPiero Rossi, il senatore Franco Speroni, mons. Claudio Livetti assistente ecclesiastico nel gruppo Busto 1, della Zona scout e dei campi di formazione, il dott. Franco Mazzuchelli più volte assessore, i consiglieri comunali Nicola Ruggiero e Massimo Brugnone, la crocerossina Giovanna Bonvicini, partecipante a diverse missioni di pace in Medio Oriente.
Guiderà le interviste e disciplinerà le testimonianze la giornalista Rosy Battaglia, nota per il suo impegno ambientale svolto in coraggiose inchieste, anch’essa già attiva nel gruppo Bustotre, e oggi mamma di uno scout. Gli interventi saranno intercalati da estratti di un libro che l’autore Marco Torretta, anch’egli vecchio scout, ha composto raccogliendo documenti e memorie del secolo scout bustese, edito dalla Freeman Editrice, che sarà presentato nella stessa serata.
Busto A, 18 ottobre 2017.
Comunità Scout di Busto Arsizio: Gruppi AGESCI Busto A 1, Bustotre,Busto A.5 e Compagnia Masci.
Scout disobbedienti per amore della libertà
Una resistenza senza fucile. Si potrebbe definire così (ma anche in tanti altri modi) l’insieme delle attività compiute dal gruppo scout clandestino che va sotto il nome di “Aquile Randagie”: alcuni sostengono che, da un punto di vista cronologico, si tratti del primo manipolo italiano di resistenti al fascismo, essendosi costituito nel 1928 con circa quindici anni di anticipo sulla più nota resistenza partigiana. Primo oppure no, per noi resta comunque il fondamentale modello cui tendere per essere anche oggi, nel terzo millennio, scout fedeli (sempre, alla Promessa e alla Legge) e ribelli (quando circostanze di ingiustizia lo richiedano). Per questi motivi sabato 27 maggio è stata intitolata a questi giovani gagliardi la via che dal parco di Villa Comerio porta alla nostra sede ed è stata scoperta la targa che narra la loro storia e li ricorda come “pietre vive” per la città di Busto Arsizio. E così, ogni volta che entreremo in sede, percorrendo “via Aquile Randagie”, ci ricorderemo quale deve essere il nostro stile, quali i nostri fini e con che tenacia dobbiamo perseguirli.
Hanno lasciato una traccia: John Fitzgerald Kennedy
È stato il 35° presidente degli Stati Uniti d’America, l’unico cattolico e l’ultimo ad essere stato assassinato.
Classe 1917 appartenne alla “generazione d’acciaio” nata durante la Grande Guerra, “temprata” dalla Crisi del ’29 e che combatté la II Guerra Mondiale. Proprio durante la guerra si guadagnò la Marine Corps Medal per aver tratto in salvo l’equipaggio della sua motovedetta che era stata speronata da un cacciatorpediniere giapponese. In questo restò fedele al principio che uno scout “è mediocre in un salotto ma indispensabile in un naufragio”.
JFK, come è rimasto noto, fu uno scout della Troop 2 di Bronxville (New York) dal 1929 al 1931 e capo nel Consiglio di Boston.
Come presidente affrontò alcuni dei momenti più cruciali della Guerra Fredda con errori, come il tentativo di abbattere il governo castrista con lo sbarco nella baia dei Porci o l’inizio dell’impegno americano in Vietnam, e successi storici, come il programma spaziale che portò l’uomo sulla Luna, il supporto ai diritti civili degli afroamericani e la risoluzione della “crisi dei missili di Cuba”. Quest’ultimo è da molti considerato il momento più “caldo” della Guerra Fredda, in cui USA e URSS furono quanto mai vicine al conflitto atomico. Le capacità di Kennedy, la sua fermezza e il desiderio di trovare una soluzione pacifica (in un ambiente politico in cui molti spingevano verso le “maniere forti”) fece sì che l’olocausto nucleare fosse scongiurato.
Come capo scout sono contento di avere un esempio simile da mostrare ai miei ragazzi e ragazze: il giovane John si sarà seduto anche lui in cerchio con il suo reparto a parlare della fratellanza tra i popoli e di come gli scout siano cittadini del mondo. Molti anni più tardi, con “il dito sul pulsante”, si sarà ricordato di quell’idea di pace?
In patria la sua lotta alla povertà e alla disoccupazione, così come leggi a favore dell’istruzione e dei cittadini di colore (all’epoca ancora inferiori ai bianchi secondo la legge) gli procurarono potenti opposizioni. Da questa situazione altamente polarizzata tra chi lo amò e chi lo considerò un nemico nascono le molte teorie sulla sua morte, avvenuta il 22 novembre 1963 per mano di Lee Harvey Oswald che gli sparò alla testa con un fucile di precisione. Dopo molti anni ancora sembra non si sia fatta piena chiarezza su quello che è uno degli omicidi più noti della storia.
JFK lasciò sicuramente molte tracce indelebili nella politica americana e mondiale, ma ne vogliamo ricordare anche una più piccola che però si trova proprio a Busto Arsizio.
Gian Pietro Rossi, sindaco e scout bustocco, ama ricordare così il suo incontro con JFK:
«Nel giugno del 1963, quando ero sindaco, mi trovai, assieme ad altri rappresentanti delle Istituzioni, a presenziare l’arrivo del Presidente John Fitzgerald Kennedy, in visita ufficiale in Italia. Ci recammo tutti quanti all’ “Aeroporto Intercontinentale di Busto Arsizio”, così era chiamato allora la Malpensa. Quando atterrò l’ “Air Force One” scese questo bellissimo ragazzo dai capelli quasi rossi e dall’aspetto atletico; solo che, invece di venire incontro a noi sindaci, impettiti come pinguini dal Tricolore, lui, con un balzo, sorpassò il cordone di sicurezza e si diresse verso la gente comune, che era lì numerosa ad aspettarlo. Strinse mani e salutò molti.
Successivamente, ritornando alle Autorità, John Kennedy chiese se a Busto Arsizio c’era un posto dove consumare una breve colazione (si riferì a Busto Arsizio per via del nome dell’aeroporto) ed io, che a quell’epoca ero uno dei pochi che masticava un po’ di inglese, gli dissi: Signor Presidente, guardi che Busto Arsizio è distante sette chilometri! Lui disse che andava benissimo, ed allora lo accompagnai in una locanda dalle parti dei Tre Ponti dove mangiammo un panino o poco più. Era un ragazzo molto alla mano e fu molto piacevole parlare con lui».
Nel luglio del 1964 ci fu il “Campo Kennedy”. Sette mesi dopo l’assassinio del popolarissimo presidente USA, il Riparto Ikakaniza impostò il campo estivo sulla figura di John Fitzgerald Kennedy.
Intitolazione di via Aquile Randagie – 27 maggio 2017
Un concerto per le Aquile Randagie, gli scout ribelli al fascismo
Un secolo Scout a Busto Arsizio
L’incontro avvenuto lo scorso 27 Febbraio tra i gruppi scout Busto Arsizio 1,3,5 e MASCI è stata una meravigliosa occasione per unirsi, confrontarsi e capire quanto bene si è riusciti a fare per la città in questi ultimi cento anni.
Il flash mob, organizzato con il Comune, ha visto la presenza di molte persone, tra capi e ragazzi che hanno voluto giocosamente invadere piazza San Michele come simbolo della fratellanza che esiste tra i vari gruppi della città, nonché una vetrina per annunciare ufficialmente una serie di attività che andranno a svolgersi nell’arco di tutto l’anno sul territorio cittadino.
A sottolineare la vicinanza del comune ai diversi movimenti scout c’è stata la presenza di diverse figure istituzionali, tra cui il sindaco Emanuele Antonelli ed il vicesindaco Stefano Ferrario, anche lui scout.
Momento particolarmente bello è stata la Messa tenutasi in San Michele, chiesa che da sempre accoglie con gioia gli scout della città, che sia per una semplice messa oppure, come in questa occasione, per terminare una giornata speciale partecipando tutti assieme alla funzione liturgica.
Ed è stato proprio lì, spartendosi i diversi compiti tra i vari gruppi, ma agendo tutti assieme sotto il cappello della messa ed intonando le canzoni come un’unica voce, che secondo me le diverse realtà scoutistiche della città hanno dato il meglio di sé. Dimostrando di saper mettere da parte le differenze e poter lavorare come un unico uomo non solo per poter fare onore allo scautismo durante l’impegnativo anno che verrà, pieno di manifestazioni, ma anche per i prossimi cento.
QUI le foto dell’evento
Filippo Mairani
Quattro chiacchiere con Carlo Valentini
Sono già cento!
Ricordate? Lo abbiamo urlato insieme a tutti i gruppi scout della città lo scorso B.P. Day. Ebbene, sì. Se nel 2007 abbiamo commemorato i cento anni dalla fondazione del movimento, oggi a dieci anni di distanza, viviamo l’anno di un nuovo centenario: quello dello scoutismo a Busto Arsizio.
A onor del vero, i primi scout “conquistarono” la città 102 anni fa, nel 1915, con la nascita dei primi gruppi GEI (Giovani Esploratori Italiani), voluti da un comitato promotore formato da diversi dirigenti di associazioni bustocche. Solo successivamente, nel 1917, appunto, si assiste alla formazione del primo gruppo cattolico, che è l’evento che festeggiamo; l’inizio della nostra storia.
L’idea di un Lord inglese che si fa strada tra le vie di Busto. Cosa ne è stato e cosa ne è oggi?
Facciamo una chiacchierata con Carlo Valentini, storico capo gruppo del Busto 1, che di questi 100 anni, ne ha conosciuti una buona fetta.
Carlo si sta spendendo tantissimo per questo centenario. Molte altre informazioni le potete trovare sul sito unsecoloscout.it
Ho fatto la promessa da lupetto nel 1949, a 10 anni e nel 1951 ho pronunciato la mia promessa di esploratore. I miei genitori non conoscevano il mondo scout; sono stati consigliati dal fratello di mio padre, uno zio prete, che aveva familiarità con il movimento. Scoprire che mio nonno, Carlo Valentini, fu parte del comitato promotore del 1915 – era dirigente di un’associazione di ginnastica – è stata una grande sorpresa. Nessuno lo sapeva, ma mi piace pensare che ci sia stata una sorta di predestinazione.
Carlo (al quale diamo del “tu”, come si conviene tra scout), può vantare un lungo percorso nell’associazione, costellato da non poche imprese e traguardi.
Nel ’53 – eravamo 6 esploratori e un rover – decidemmo di fare un campo mobile: “Colico a pè” (Colico a piedi). Partendo da Busto, raggiungemmo a piedi il campo scuola di Colico. Fu un’impresa memorabile. Oggi coraggiosa, all’epoca… eroica!
Nel ’55 partecipai al Jamboree, in Canada (l’ottavo world Jamboree), il solo a cui ho partecipato.
Appassionandomi al servizio, divenni responsabile per il reparto quando ancora ero un rover. Successivamente sono stato capo clan e capo reparto, poi capo gruppo, responsabile di provincia con Monsignor Livetti – don Claudio – che fu assistente provinciale e poi responsabile di zona, quando vennero create le zone.
Oggi, da 15 anni, presto servizio per le basi scout. In collaborazione con la Fondazione e Ente Baden, nel 2004 abbiamo inaugurato la base scout in Val Codera, la “centralina”, e abbiamo costituito la comunità capi Codera 1, che gestisce le attività scout in tutta la Valle. Sono entrato per la prima volta in Codera nel ’65, per un campo di noviziato e da quel momento sono state centinaia le mie visite. Ho conosciuto Monsignor Andrea Ghetti (Baden) quando dirigeva il mensile della diocesi e mi chiese di collaborare per delle illustrazioni. L’impegno in Codera è ed è stato grande: riconquistare la fiducia ed allacciare i rapporti con la gente di Codera, l’acquisto della baita, l’affitto della seconda in collaborazione con il Consorzio dell’Alpe Bresciadega, che la utilizzava in modo condiviso con i proprietari, per fare il formaggio (da cui il nome: “La Casera”) e poi il terreno a Bresciadega. Oggi la base di Codera si trova dislocata in diversi punti della valle. Tuttavia, il mio primo amore rimane Colico. Colico, uno dei “luoghi educanti” del mondo scout, è stato il mio primo servizio dopo il mio ritiro dalla carica di capo gruppo. Naturalmente non ero solo a gestire il tutto: insieme alla Pattuglia Regionale Ambiente, della quale ero parte, mi occupavo della custodia della base e dell’organizzazione delle attività.
Come si è modificato lo scoutismo a Busto? Vedi differenze tra gli scout di allora e gli scout di oggi?
Certo che le cose sono cambiate. Il mondo cambia. Sicuramente è cambiato molto il modo di fare scoutismo, ma lo spirito è lo stesso di cento anni fa.
Negli anni ’50 e ’60 non era semplice essere scout a Busto Arsizio. C’era molta ignoranza e venivamo presi in giro. Soprattutto era difficile il rapporto con i parroci. Noi non eravamo propriamente parrocchiani e quindi apparivamo fuori da ogni regola. Dopo il nostro assistente don Giuseppe Ravazzani, per molto tempo non abbiamo più avuto assistenti ecclesiastici parrocchiali o ce ne sono stati pochissimi; erano frati, missionari, studenti del seminario di Venegono…
Effettivamente, lo scoutismo non nasce dall’interno della Chiesa, ma è ecclesiale perché vive i valori cattolici.
Solo in tempi recenti assistiamo a una rinata capacità di dialogo e collaborazione tra parrocchia e mondo scout. Si comprende finalmente che c’è una complementarietà.
Che rapporto c’era allora con la cittadinanza e il comune?
Negli anni ’60 eravamo un gruppo piccolo, una ventina di esploratori e pochi capi. La nostra visibilità si limitava a comparse quando aprivamo le processioni in uniforme. Sul piano numerico non eravamo abbastanza per entrare in rapporto con la cittadinanza. Se cresce il numero, cresce anche la consapevolezza. Oggi, molto di quello che lo scoutismo offre nell’ambito dell’educazione al senso civico è testimoniato da persone che dallo scoutismo sono uscite, come esponenti politici e amministratori comunali di Busto. Questo ha aiutato lo scoutismo a guadagnare considerazione e rispetto via via sempre meno marginali.
Come si colloca il Busto 3 in tutta questa storia?
Parlavo di numeri… Sicuramente la quantità fa tanto e i grandi numeri sono presi in considerazione molto più facilmente.
Da quando è nato, nel 1980, il Busto 3 è sempre stato un gruppo numeroso, che ha sicuramente aiutato il dialogo con l’amministrazione comunale.
Come immagini una Busto senza scout?
Busto senza scout? E come faccio a immaginarla? Tutta la mia vita è stata spesa nello scoutismo. Sicuramente gli scout hanno dato un grosso contributo alla città; hanno fatto crescere una coscienza, hanno dato la sveglia a molti giovani. Questo lo si vede dall’accresciuta considerazione sia da parte dell’amministrazione, sia da parte della Chiesa.
La testardaggine di testimoniare il bene paga, ma ci vuole pazienza, come ce ne è voluta per recuperare la baita in val Codera.
Cosa vede per il futuro del movimento scout a Busto?
Che dire? Penso che possiamo andare avanti su questa strada, “con l’aiuto di Dio”, visto che in un certo qual modo siamo in missione per conto di Lui.
Per me, lo scoutismo non ha bisogno di numeri. Oggi abbiamo circa 180.000 scout e guide AGESCI in Italia, ma è forse meglio di quando ce n’erano 80.000? Certo, cambia il peso e l’autorevolezza dell’associazione, ma il numero non ha l’importanza maggiore. Bisogna insistere sulla qualità!
Non voglio fare come gli anziani che ripetono sempre “ai miei tempi…” e non lo dirò, ma sono certamente cambiate le condizioni.
Ricordo ad esempio, che per accedere al campo scuola di Colico, per la formazione capi, bisognava percorrere un sentiero disseminato di prove tecniche e c’era gente, che trovandosi incapace di superarle, tornava a casa.
Era considerato molto importante il saper fare e il saper fare bene.
Vi faccio un esempio: il nodo non è il semplice congiungere due corde; il nodo ha un valore educativo. Conoscere l’alfabeto morse, il semaforico, saper leggere una mappa… che significato possono avere queste cose nell’era della messaggistica istantanea e del GPS? Ebbene, noi crediamo che imparare a fare queste cose, saper leggere una mappa, aiuti il ragionamento e la crescita del ragazzo e, ancora adesso, abbiamo il coraggio di proporre la topografia.
Poi un’altra grande sfida con cui bisognerà confrontarsi è sicuramente quella dell’interculturalità e dell’inter-religiosità… insomma, come dicevo, si può solo continuare a camminare con testa e gambe, ricercando uno scoutismo autentico. Per questo penso che la Codera, altro luogo educante, sia uno dei posti migliori, poiché fornisce condizioni ambientali ottime per fare vero scoutismo. In quanti luoghi possiamo ancora accendere fuochi, cucinare all’aperto?
Un tempo le Aquile randagie salivano quassù ricercando un luogo nascosto, per fare scoutismo libero, cosa che non era possibile a Milano. Oggi tutto è cambiato ma, un po’ come allora, lo scoutismo non si può fare proprio ovunque. Qui si può recuperarne davvero l’originalità.
Ringraziamo Carlo e ci ripromettiamo di fare al più presto una visita alla centralina, su in Codera. Ancora oggi, come negli anni ’40, non esiste una funivia per arrivarci; è possibile raggiungerla solamente salendo con fatica i famosi gradoni che conducono alla valle. Sì, ci vuole fatica: un’esperienza sempre meno banale, che spaventa molti, ma che nostro malgrado resta il motore di qualsiasi impresa degna di questo nome.
Forse, proprio questo può essere un augurio per i prossimi cento anni: non perdere mai la voglia di fare fatica per fare, fare bene, fare il bene.
Buona caccia e buona strada!
Erica Oldani