Archivi tag: capo

Caro capo ti scrivo

Caro capo, mi ritrovo qua, organizzatissimo come al solito, a scrivere qualcosa per scout: una volta è la lettera della partenza, un’altra l’articolo del Tuttoscout…
Proprio la partenza dovrebbe essere il tema di questo articolo. Ho pensato abbastanza a cosa scrivere, ma ero in difficoltà. Ho letteralmente l’imbarazzo della scelta. Ad una certa ora mi è venuta in mente cosa dire, ma ci arriviamo con calma.
Tu caro capo sai perfettamente, più di me perlomeno, che cosa sia la partenza. Non voglio scrivere un trattato su cosa sia filosoficamente la partenza, anche perché sarebbe un articolo abbastanza scarso, vorrei tuttavia dire qualcosina. Cercherò di essere breve, per quanto il mio essere prolisso consenta.
La partenza è un momento del proprio cammino scout nel quale si è chiamati ad effettuare una scelta. Ognuno decide quando prenderla, ma soprattutto, se prenderla.

“Fece una scelta di umile uomo: Fede, Servizio e Comunità”
(Lungo la Strada)
La Partenza si articola in tre scelte: la Scelta Politica, quella di Servizio e quella di Fede.
Lascerò a te, caro capo, spiegare bene ai prossimi Rover e Scolte che cosa sia-no queste, vorrei dire oggi qualcosa in particolare sulla Scelta di Servizio.
Il servizio non è volontariato, non è solo questo perlomeno. “Servire” significa dedicare del tempo ed energia per gli altri e non per sé stessi. L’obiettivo è il bene dell’altro e non il ritorno che avremo. Fare servizio significa aiutare una persona in difficoltà senza che lei ti ringrazi o che ti manifesti affetto o gratitudine.
Nel cercare di capire che cosa fosse il servizio non posso che menzionarti, caro capo. È questo il punto dell’articolo. Mi sono reso conto che sei l’Esempio di servizio più importante ed efficace che io abbia. Un esempio che non è solamente una citazione “a titolo esemplificativo”, ma un esempio da seguire.
Caro capo, so che non è stato facile starmi dietro in questi anni. I momenti di tensione, di incomprensione, di difficoltà, ci sono stati, è indubbio. È disarmante però vedere che eri lì, nonostante non ascoltassi, non scegliessi, fossi in ritardo, non portassi a termine gli impegni, croci comprese. Con questo non voglio dire che sei perfetto: penso di avere ancora ragione in alcuni, se pur pochi, casi. Nonostante ciò tu però c’eri, questo conta. Eri sempre pronto nonostante fosse estremamente difficile ottenere la nostra fiducia, essere rispettati, saper comunicare etc. etc.
Magari ciò che facevi non era palese ai nostri occhi, tu però lavoravi comunque per noi, lo so.
Per comprendere l’essenza del servizio credo che sia necessario essere disposti a fare qualcosa che non piace ma che serve.
Le soddisfazioni immediate del servizio sono sicuramente una grande risorsa che ti aiuta nella tua attività ma non è il requisito essenziale della partenza. La scelta di servizio non si basa su quanto sia divertente e appagante farlo. Questa si basa sul voler aiutare l’altro. Il venir meno del “piacere di prestare servizio” non deve intaccare le tue scelte. Certo, nessuno dice che sia facile, ma abbiamo scelto noi di essere qui.
Tanta fatica e “poche soddisfazioni”. Questo rapporto credo che raggiunga il massimo peso nel servizio in clan. Bada bene, non intendo dire che il servizio in clan sia più difficile di altri, ogni servizio ha le sue difficoltà e non c’è una gerarchia tra queste, penso però che la mancanza di soddisfazioni “quotidiane” sia una caratteristica che raggiunge la massima dimensione quando si è capi R/S.
Questa mancanza io non l’ho ancora vissuta, un po’ mi spaventa. Ritengo però di essere pronto per affrontare questa sfida. Scelgo di esserlo.
Caro capo, vorrei dirti così GRAZIE. Lo faccio a modo mio: in ritardo, in maniera disordinata e confusa, ma sono sicuro che tu mi abbia capito.
Sono carico per affrontare questa nuova sfida che è la partenza: essere un buon cittadino.
I dubbi ci sono, le difficoltà arriveranno, gli esempi da seguire rimangono.
Grazie. Buona Strada.

Canguro Amletico

La sindrome del nonno pantofolaio

Con un grande salto di Akela, all’inizio di questo anno scout, ho lasciato la Giungla e sono atterrato nel villaggio degli uomini: la branca EG. Un cambiamento di servizio inaspettato, accompagnato da molte curiosità: che cos’è il reparto oggi? Quali competenze mi occorrono per abitare la verde avventura? I ragazzi di oggi sono come ero io, come erano i miei compagni di reparto? A queste e a molte altre domande ho cercato di dare una risposta in questi primi tre mesi di attività.
È stato inevitabile paragonare la mia esperienza di reparto, di squadriglia, in generale di relazione, con l’esperienza vissuta oggi dagli esploratori e dalle guide del reparto Orione. Non posso dire di aver risposto a tutto, ma posso comunque proporvi una prima serie di considerazioni.

I ragazzi sono cambiati: pare un’affermazione scontata, ma occorrono delle precisazioni. Siamo un po’ tutti vittima, noi capi, della sindrome del nonno pantofolaio: “Non c’è più il reparto di una volta! Ai miei tempi…”. Veterani di innumerevoli campi invernali, di Pasqua ed estivi ci sentiamo forti nell’affermare il primato del reparto di allora contro la mediocrità del reparto di oggi. Non posso avere certezze, ma credo che si tratti soltanto di una questione di prospettiva. Ora che siamo noi i grandi, i ragazzi ci sembrano davvero piccoli. I ragazzi sono cambiati perché è mutato l’ambiente che vivono e perché i capi non sono più gli stessi. Ogni peggioramento, se c’è, è da ricondurre a questi due fattori. Esemplifico: quando ero io in reparto WhatsApp non esisteva ancora ed oggi la dinamica dei gruppi, delle visualizzazioni senza risposta e degli status influenza decisamente il modo in cui i ragazzi si relazionano (ecco allora il compito della Staff: leggere il fenomeno, tenere ciò che di buono c’è, buttare il superfluo…); quanto al fattore capi possiamo dire con saggezza Bellottiana: la squadriglia è lo specchio del capo squadriglia, il reparto è lo specchio dei capi reparto (da qui si deduce che ogni staff ha uno stile, predilige aspetti diversi dell’avventura scout e quindi, in definitiva, lascia un’impronta diversa).
Quanto alle competenze richieste al capo (in particolar modo in branca EG), penso che non serva molto più di quel bagaglio minimo costituito dalle capacità e dalla tecnica dell’uomo dei boschi (che il capo avente una formazione scout dovrebbe già possedere). B.-P. stesso ci ha tranquillizzato su questo punto: “vorrei smentire il diffuso preconcetto che, per essere un buon capo, uno debba essere una persona perfetta o un pozzo di scienza” (Il libro dei capi, capitolo I). Oltre a questo, oggi più che mai occorre ricordare la competenza fondamentale, ben sintetizzata da una frase del Papa che costituisce il tema di questo numero di Tuttoscout: “essere costruttori di ponti”, cioè essere abili tessitori di relazioni, essere capaci di arrivare a tutti e specialmente ai più lontani, ai più soli, ai più deboli.

A tutti l’augurio per un sereno e Santo Natale!

Carlo Maria