Ciao a tutti, cari amici ed amiche, e benvenuti ancora una volta sulla nostra rubrica di “Generazione X”.
Buttando l’occhio fuori dalle finestre delle nostre case non viene difficile riconoscere nel paesaggio intorno a noi i tipici elementi della stagione invernale: cielo plumbeo e carico di nuvole, alberi spogli con nodosi rami a vista, che diventano braccia di spettri quando immersi nella fitta nebbia della sera.
Mentre la natura si spoglia dei suoi colori per prendersi un meritato momento di riposo, l’uomo estrae invece luci e festoni, ed inizia con esse ad addobbare le proprie case e le proprie città.
Siamo finalmente entrati in quel periodo in cui lampadine di mille colori illuminano i balconi dei privati e le vie dei centri, e dovunque le vetrine dei negozi si riempiono di fiocchi e cappelli rossi col pon-pon.
Le scuole e le chiese iniziano invece ad allestire pubblicamente i loro presepi, perché non bisogna mai scordarsi, nonostante le mille tentazioni commerciali della stagione, che la festa in arrivo, quella del Natale, esiste per commemorare la nascita di Gesù Cristo.
Eppure, ogni anno, non solo la commercializzazione ma anche alcuni individui provano, e a volte riescono, a togliere quest’ultimo significato alla festa. Proponendo che si eviti di allestire i presepi, che si evitino canzoni natalizie a tema religioso, arrivando anche a modificare il proprio linguaggio, optando per un più generico “buone feste” rispetto al più tradizionale “buon Natale”.
La ragione che spinge certe persone a fare queste proposte è l’idea che, in questo modo, si porterà maggiore rispetto a tutti gli abitanti non cristiani del paese. Si eviterebbe, insomma, di obbligarli ad immergersi in una tradizione non loro.
Eppure, questo non mi sembra il modo migliore per confrontarsi.
Se davvero rispettassimo queste persone, non ci vergogneremmo di mostrare loro un pezzo della nostra tradizione, del nostro retaggio, della nostra cultura.
A che scopo erigere intorno ad esse un muro di “politicamente corretto” oltre al quale nessuno riesce più a vedere nulla, se non i festoni della commercializzazione che gli sono stati appiccicati sopra?
Piuttosto, meglio un ponte, un ponte fatto non di fango umido ed informe, ma da grossi tronchi d’albero, alberi che hanno avuto la loro storia e le loro radici, magari piantate nei lati opposti del fiume che questo ponte collega.
Perché è questo che fa un ponte, non solo unisce, che già di per sé è un’ottima cosa, ma unisce due realtà diverse, due sponde di un fiume, due lati di un fossato, talvolta addirittura due nazioni diverse.
La stessa cosa dovremmo fare noi, renderci ponti umani pronti a condividere ciò che ci costituisce, cultura compresa, con chiunque sia interessato. In particolare durante questa stagione di festa, dove l’unica cosa che ci viene chiesta, in realtà, è di volere bene ed accettare il prossimo.
Così come Maria, quella notte di più di duemila anni fa, accettò di portare al mondo il salvatore.
Auguri di buon Natale a tutti!
Tricheco Birbante