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PartecipAssociAzione

frontiere_9Dove inizia la PARTECIPAZIONE
Nella storia associativa abbiamo sempre creduto che la partecipazione di ognuno sia fondamentale. La discussione, il confronto, l’ascolto, il saper proporre e il poter decidere insieme sono sempre stati il nostro stile.
E’ così che viviamo il nostro essere educatori.
Partiamo di qui per ricordarlo a noi stessi. L’AGESCI è un’associazione educativa, non un movimento; operiamo tutti per una missione concreta, condizione che permette ai singoli di compiere in autonomia le proprie scelte politiche.
Perciò, per parlare di partecipazione e rappresentanza in AGESCI occorre partire dall’esperienza vissuta in Comunità Capi. Condividere in Co.Ca. l’avventura dell’educazione – parlando tra capi dei nostri ragazzi, comprendendone i problemi, verificandone i bisogni, elaborando delle proposte per loro e insieme a loro -  è un’ esperienza di partecipazione. La partecipazione in Co.Ca. si concretizza nel progetto educativo e tutta la Comunità Capi ne è responsabile.
Viviamo così uno dei momenti più complessi e più ‘magici’ della nostra esperienza di capi: quando parliamo dei nostri ragazzi, di come si stanno inserendo in branco/cerchio, di come vivono il ruolo di responsabilità da Capo squadriglia, dei timori per le missioni, delle proposte di servizio fatte per loro in Comunità R/S, l’esperienza condivisa della responsabilità educativa è il senso più alto della partecipazione. Non può essere altrimenti. Il fatto che questo processo prescinda dal metodo del voto o dalla definizione di una maggioranza, da mozioni e verbali, non ne riduce il valore. Andare a fondo nel comprendere un problema, restare nel confronto per il tempo necessario a scegliere insieme: questo è il metodo che adottiamo.
La partecipazione associativa – che viviamo a partire dalla Co.Ca. – ha il proprio fondamento nella fiducia. Merita fiducia chi, fratello o sorella scout, condivide l’avventura di educare e contribuisce a migliorare il mondo. Merita fiducia e ci rappresenta. Non per quel che pensa, nei suoi personali orientamenti politici, ma in ciò che abbiamo scelto insieme e che dà l’impronta al suo  stile vita.

Partecipare in ASSOCIAZIONE
Non diversamente accade ad ogni livello associativo. Ogni scelta è orientata a rendere la nostra proposta educativa la migliore possibile, ed è sempre compiuta con lo sguardo rivolto ai ragazzi.
Si discute nelle assemblee di zona, in regione, a livello nazionale: dal confronto alla scelta, dalla scelta all’azione, ovvero l’educazione. Ogni livello e organo associativo, ciascuno per il proprio ambito di competenza, per quanto Statuto e Regolamento gli attribuiscono. Ogni scelta così compiuta, ad ogni livello e secondo quanto stabilito, vale come volontà dell’Associazione.
Crediamo nei processi assembleari, nelle scelte di ampio respiro affidate a collegi ristretti, Consigli e Comitati, chiamati a concretizzarle. Sono queste le scelte che ci rappresentano, compiute nella fedeltà al Patto Associativo che ci unisce.
In forza di ciò gli organi associativi ci rappresentano e parlano per noi.

Partecipazione, AZIONE o attivismo
È un dubbio ricorrente. Possiamo sottoscrivere documenti e petizioni? Perché non prendiamo posizione sui temi che riguardano, più o meno direttamente, l’educazione ed i valori che orientano la nostra proposta?
Viviamo un tempo in cui spesso si confonde la modalità comunicativa con il contenuto della comunicazione, ci si trova costretti a comunicare, sotto la tirannia del tempismo, prima ancora di aver chiari contenuti e intenzioni.
Questo non è il nostro stile. Noi spesso siamo in ritardo nel dibattito pubblico, perché l’educazione ha bisogno di opinioni ragionate,  a volte di sospendere il giudizio, di pensare bene, di confidare nella riflessione, nello studio e nel confronto. Chi ha la pretesa di fare educazione deve imboccare spesso una strada lenta, perché deve essere  quella giusta.
L’AGESCI è interpellata in maniera esigente dal contesto storico che la Chiesa italiana e il nostro Paese vive. Non possiamo essere indifferenti a ciò che accade in questo tempo, alle questioni che interessano il presente e il futuro dei ragazzi, ai temi che orientano la vita.
Il nostro agire è politico, ma il nostro compito non è amministrare né governare.

Il nostro compito è accompagnare ragazzi e ragazze a vivere pienamente la propria cittadinanza. Noi non erigiamo barricate, noi costruiamo ponti, non ci interessa indirizzare opinioni, ma formare coscienze mature.

Crediamo che, in tempi di attivismo e di relativismo, operare in favore dell’educazione, orientati al bene comune, fedeli all’insegnamento sociale della Chiesa sia una scelta controcorrente: occorre impegno, creatività, competenza. Occorre essere liberi.

Di quella libertà che da educatori chiediamo ai ragazzi di sperimentare; di quella libertà con cui chiediamo ai capi di abitare i luoghi associativi.

                                                Il Consiglio nazionale AGESCI

100anni

Pensare

Quando vado in montagna, anche fosse per fare due passi, cerco di avere sempre in spalla lo zaino con dentro qualcosa. Certo è più faticoso salire con un peso sulle spalle ma quel peso, quella sostanza che mi tira verso terra, mi aiuta a fare del mio camminare una cosa seria. Mi raccomando: non seriosa, ma seria, cioè piena di significato e di attenzione. E mi fa gustare di più quel cammino, mi riempie di più gioia.
Pensate che la parola pensare viene dal latino: significa “pesare”. Come si fa con la bilancia. Talvolta pensare ci pesa, perché ci piacerebbe correre via leggeri e spensierati. Ci illudiamo forse che sentire le spalle libere sia libertà. Invece quel peso che riusciamo a dare alle cose è la vera libertà. Perché ci fa gustare tutta la profondità delle nostre scelte, delle nostre relazioni, della nostra vita.
Pensare dà quindi senso e bellezza alla vita ma diventa anche uno stile per andare incontro agli altri. Pensare al nostro modo di agire e parlare con loro, chiederci come aiutarli a pensare per conto loro: è il nostro modo di dare peso alle persone che abbiamo accanto, che Dio ci ha fatto incontrare.
Scusate la citazione lunga ma qui sotto troverete un Gesù che pensa e che aiuta a pensare.
Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. Ma all’alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava. Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosé, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?”. Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”. E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?”. Ed essa rispose: “Nessuno, Signore”. E Gesù le disse: “Neanch’io ti condanno; và e d’ora in poi non peccare più”.
Pensateci!
don Matteo

Sii tutto ciò che puoi essere

Quando ci viene detto di “fare tutto ciò che possiamo” per raggiungere un certo obbiettivo di solito ci sentiamo, quantomeno, a disagio. Penso che sia la parola “tutto” a spaventarci: noi umani siamo spesso in soggezione davanti a questo “tutto” che vediamo incomberci addosso come un’onda anomala che rompe gli argini della nostra piccola baia di “abbastanza” e “almeno”.
Quando sentiamo “tutto” spesso una parte di noi pensa, forse senza che ce ne accorgiamo, “ma proprio tutto tutto tutto?
Ma dietro ogni paura c’è sempre un desiderio e, in effetti, quanto ci piacerebbe essere tutto quello che vogliamo?
Io, come immagino tanti di voi, ho molti sogni e ci sono tante cose che vorrei fare, ma devo sempre cedere al tempo, alle possibilità, alla stanchezza… Vorrei, oltre a essere studente e capo in reparto, essere un suonatore di armonica, un giocare di baseball ogni tanto e un viaggiatore; vorrei anche seguire un bel corso di recitazione o di canto, costruire modellini come facevo da bambino…
Io, voi e ogni altro, prima o poi, finiamo, nel senso che non riusciamo mai ad arrivare a quel “tutto” che, in fondo, in fondo, ci piacerebbe. Per quanto penso che a rendere difficile la massima del titolo non sia la parola “tutto”, ma la parola “puoi”, che è sempre un compromesso tra un “vuoi” e un “devi”.
“Compromesso” è un’altra parola che tendiamo a evitare perché sì, ci fa ottenere ciò che volevamo o qualcosa di molo simile, ma ci chiede anche di rinunciare a qualcos’altro, cosa che non piace praticamente mai!

Per riuscire a superare questo litigio tra il “vuoi”, il “puoi” e il “devi” è utile usare una cosa il cui nome è diventato così fastidioso ai nostri orecchi che non lo si sente quasi più usare: la disciplina.
Feeeermi tutti! Aspettate! So già che c’è chi alza lo sguardo spazientito e chi sta già per voltare pagina, ma, vi prego, datemi il tempo di spiegarmi: questa parola ci fa venire in mente sergenti dei marines che urlano a squarciagola, generali con il frustino, parate militari, ordini perentori e “Signorsì!”, ma questa è una disciplina pensata per far fare quello che vogliono gli altri mentre io vorrei parlarvi di una disciplina per farci fare quello che vogliamo noi.
È un concetto più “orientale” o, se volete, più “sportivo” o, meglio ancora, più “scout”; è l’idea di darsi da sé degli obbiettivi e delle regole da seguire per raggiungerli. In un certo senso è più difficile seguire questa disciplina perché spetta tutto a noi e non c’è nessuno che ci obbliga, che ci sta con il fiato sul collo per costringerci, ma è la disciplina della libertà.
Pensando a dove vogliamo arrivare, capiamo come dobbiamo muoverci e che regole darci per fare, in ogni momento, quello che possiamo per avvicinarci alla meta lungo la strada verso il successo.
Geco Coinvolgente