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Gita sul ponte tibetano nel cuore della magnifica Turbigo Beach
Il weekend tra il 4 e il 5 marzo noi, Reparto Pegaso, abbiamo partecipato ad un’attività particolare, organizzata dai nostri capi squadriglia femminili. L’attività consisteva nel far partecipare alla giornata della domenica un/a nostro/a amico/a che si trova al di fuori dell’ambito scoutistico.
All’arrivo alla stazione nord verso le 8.00 di mattina abbiamo fatto conoscenza, attraverso un giro di nomi, con i nuovi arrivati e ci siamo diretti verso le ferrovie per prendere il treno per arrivare a Turbigo. Arrivati sul posto ci hanno divisi in 6 squadre, ognuna delle quali era formata da membri del reparto e amici.
Dopo aver giocato a stella (gioco tipico del reparto) per alcuni minuti ci siamo recati a messa. Usciti dalla messa ci siamo incamminati per raggiungere il ponte tibetano e lì abbiamo gustato il nostro pranzo accompagnati dalle risate e dai discorsi dei nostri nuovi compagni di avventura. Dopo la siesta, che è durata circa un’ora, abbiamo iniziato il gioco nel quale le cinque squadre dovevano ruotare diverse tappe e superare le prove che venivano loro proposte.
Una volta completate tutte le prove ci siamo diretti alla stazione per prendere il treno che ci avrebbe riportati a casa. Dopo la chiusura ci siamo salutati con gioia e con la speranza di rivederci.
È stata un’esperienza davvero memorabile, sicuramente da riproporre, non solo per coloro che partecipano alla vita scout intensivamente e costantemente ma anche per coloro che hanno vissuto per la prima volta questa bellissima avventura.
Farfalla visionaria
Tigre meticolosa
Cento anni di scoutismo spaziale
Era l’aprile 2117 quando Giorgio Povelli, illustre generale ed esploratore spaziale, condusse un gruppetto di giovani ragazzi e ragazze per un campeggio orbitante sull’asteroide Mare Bruno, di passaggio in quel momento tra la Terra e Marte.
Certo, guardando alle sconfinate imprese di esplorazione di quegli anni era poca cosa, come uscire da una metropoli per campeggiare al parco, ma in ogni caso fu considerato un successo. Sotto il cielo degli igloo geodetici e durante le lunghe passeggiate in assenza di gravità gli scout di Povelli riscoprirono il contatto con la natura (anche se attraverso le impenetrabili tute spaziali), l’autonomia, la libertà e la gioia di stare insieme. Ogni mattina dovevano svegliarsi di buona lena per spolverare i pannelli solari del campo, cercare il combustibile per preparare la colazione e pulire le tende pressurizzate. Insomma, compiti che sulla Terra erano, allora come oggi, lasciati ai robot, L’esperienza di Povelli non ci mise molto a diffondersi e, in pochi anni, sulla Terra e su quasi tutte le colonie della galassia nacquero esperienze di scoutismo spaziale.
Adesso, nel 2217, festeggiamo il centenario di quell’avventura così piccola in proporzione, ma così grande nella storia. Fu solo una breve escursione per quelli che la compirono, ma diede inizio alla grande avventura che ancora oggi viviamo. E dire che, cento anni prima, il nonno di Povelli era stato uno scout terrestre come tantissimi altri. Aveva iniziato come lupetto in un gruppo in quella che all’epoca veniva chiamata Provincia di Varese (anche se le fonti discordano su quale fosse esattamente, la soluzione che trova il maggior sostegno tra gli storici è Busto Arsizio).
Chi l’avrebbe mai detto che questo suo nipote avrebbe fatto così tanto per lo scoutismo galattico? Certo, le difficoltà non mancarono e Povelli dedicò tutta la sua vita alla crescita e organizzazione della Space Scout Association (la SSA il cui distintivo portiamo tutti sulla destra delle nostre tute). Ma furono anche tanti i sostenitori dell’idea che videro in questa esperienza la possibilità di lavorare ancora di più e meglio per l’educazione di giovani e fanciulli e per la pace tra i pianeti.
Sicuramente bisogna riconoscere che questo successo non riuscì mai a scalfire l’anima entusiasta e spontanea dei primi giorni su Mare Bruno. Questa storia, che a molti potrebbe sembrare semplicemente un lontano ricordo perso nel passato, ci deve in realtà far riflettere sull’imprevedibile grandezza che le nostre scelte (a volte folli) possono generare. Adesso che le uscite domenicali nella Fascia degli Asteroidi sono diventate la normalità, che i campi invernali su Plutone o le route tra cometa e cometa scandiscono la nostra crescita di ragazzi e ragazze verso l’essere uomini e donne del futuro, dobbiamo ricordarci da dove tutto è cominciato. Un po’ per ritrovare quella quasi sfacciata semplicità delle origini, ma anche per pensare a quale sarà il prossimo passo. Il prossimo grande salto verso l’infinito e oltre…
E.G.
Lo scoutismo, in fondo in fondo, è una ribellione
La vita cresce e nella vita cresciamo. Anche lo scoutismo cresce insieme a noi e grazie a noi da quando Baden Powell lo ha inventato.
Mi piace il fatto che questa sia la giornata del “pensiero” e non, semplicemente, del “ricordo di BP” perché non ci si ferma solo a contemplare quello che lo scoutismo è stato, ma si pensa a quello che lo scoutismo è e può essere.
Lo scoutismo è cresciuto e, come tutte le persone o le cose che crescono, è ancora lui. Ha lo stesso sangue, la sessa anima, ma si è trasformato insieme al mondo di cui fa parte.
Possiamo guardare alla storia (e alle “storie”) dello scoutismo: le staffette dell’assedio di Mafeking, i giovani esploratori con i moschetti durante la Grande Guerra, i ribelli che espatriavano i ricercati durante la “Giungla Silente”, i rover e le scolte a seppellire i morti a Longarone o a spalare il fango nel Polesine… Sono questioni che non si celebrano e basta, ma che servono a farci pensare (think, appunto) e a farci chiedere “Se nel 1916 a tutti pareva sensato mettere un fucile in mano ad un esploratore e se nel 1963 pareva sensato utilizzare giovani appena maggiorenni per operare in caso di calamità senza alcuna formazione specifica o corso di sicurezza… che cosa ha senso oggi?”
Riguardando a quello che facciamo oggi tra vari anni si penserà “Quelli erano dei matti” o “Quelli erano davvero in gamba”? Forse tutte e due le cose…
Dopotutto lo scoutismo è un’idea folle, e buona deve essere la dose di follia di chi vuole portarlo avanti. Pur con le sue leggi, regole, metodi, gerarchie e concetti lo scoutismo ha nel profondo qualcosa di altamente anticonformista. Probabilmente ora più di prima.
Se l’adolescenza è l’età della ribellione, allora lo scoutismo è, per la sua costante ricerca di libertà, l’adolescenza delle istituzioni educative.
Che senso ha, la domenica, lasciare una casa calda e comoda per addentrarsi in un bosco sotto la pioggia, trovare una radura tra i rovi e, sotto un rifugio improvvisato, consumare un panino?
Che senso ha rimettersi in cammino nel fango mentre la pioggia diventa nevischio e cantare alla ricerca di un posto buono per un nuovo gioco?
Non è forse il non voler essere “schiavi” dei capricci del meteo? Non è l’essere slegati, anche solo per poche ore, da quelle comodità che ci sembrano indispensabili?
Crescendo in questa ribellione di pace impariamo ad andare contro a tutto… per andare incontro a tutti. Ci liberiamo da quello che non ci serve per meglio servire.
Così prendersi per mano in centro alla città, circondati dagli occhi della gente, pronunciare un impegno, una promessa, parlare di onore e, umilmente, chiedere l’aiuto di Dio è un sereno gesto di rivolta. Di crescita…
-Enrico Gussoni
Il governo del Branco
Negli ultimi giorni prima del Referendum Costituzionale che ha monopolizzato le cronache italiane e contagiato perfino quelle estere, mi sono trovato a ricordare un’attività che feci da lupetto.
Una domenica pomeriggio il nostro branco giocò “al governo”. Non mi ricordo tutto nei particolari ma funzionava più o meno così: ognuno poteva formare, insieme a tre o quattro persone anche di altre sestiglie, un “partito” e candidarsi alle elezioni. Il branco votava i candidati e questi governavano sostanzialmente decidendo chi doveva pagare le tasse e in che misura.
Le tasse si pagavano con soldi conquistati in vari giochi o sfide che scandivano il tempo della “vita politica”.
Ebbene alle prime elezioni della giornata vinsi e formai il primo governo con i due o tre candidati nella “lista” che avevamo formato. Ero diventato presidente del Branco Antares, o quantomeno ministro…
Giocammo, ognuno conquistò la propria paga “con il sudore della fronte” e quindi ci riunimmo per deliberare la “legge finanziaria”. Sarà che eravamo inesperti e ingenui, ma non avevamo molte idee su come si fanno queste cose, quindi andammo un po’ a sensazione: “Quelli che non hanno le calze blu pagano un soldo”. O qualcosa del genere.
Tra chi si lamentava e chi si sfregava le mani si riscosse il dovuto e si giocò un’altra manche. Dopodiché di nuovo decidemmo chi doveva pagare.
Ora non ricordo bene chi scegliemmo ma fatto sta che, alla fine, c’erano un po’ di fratellini e sorelline che avevano pagato due volte e alcuni che non avevano tirato fuori neanche un (falso) dollaro.
Non ci volle molto prima che i mormorii di disappunto si trasformassero in bisbigli negli orecchi e infine in azione. Tre lupi entrarono in mezzo al cerchio chiedendo “elezioni anticipate” per “mandare a casa” il nostro governo ingiusto. La democrazia fece il suo corso e fummo “sfiduciati”.
Molte cose si dimenticano, ma ricordo ancora bene le sensazioni che provai riprendendo il mio posto nel cerchio mentre l’ala dei vincitori festeggiava.
Innanzitutto pensavo “Uffi, ero tra quelli che decidevano e adesso dovrò fare quello che decidono gli altri”, ma più che la rabbia c’era il dispiacere del “se avessimo avuto un’altra occasione avremmo potuto fare una legge migliore. Insomma non c’era bisogno di andare alle elezioni, si poteva discuterne…”. In fondo ricordo anche un po’ il dispiacere di non essere stato all’altezza, di aver deluso.
Al turno dopo mi sembra che abbiano pagato tutti, il che è interessante.
Non ricordo poi come sia andato a finire il gioco, ma ripensandoci da capo quale sono ora riconosco che era veramente geniale, roba da esperimenti sociali ad alto livello!
Se ci pensate, infatti, si giocava di branco senza distinzioni di sestiglia, ma se era la sestiglia che alla fine aveva più soldi a vincere allora le poche regole fissate bastavano a generare un gioco davvero complesso: ogni sestiglia avrebbe dovuto, volente o nolente, collaborare con le altre alla formazione dei governi (per non essere svantaggiata e governare) con sufficiente equità da non essere “deposta”.
Penso che non sia un caso che un’attività del genere sia rimasta archiviata in un cassetto della mia mente e non cestinata come chissà quante altre che magari da bambino mi erano apparse anche più divertenti. È stato un ottimo esempio di “imparare facendo” che consiglio di provare a ripetere.
Enrico Gussoni
Un campetto di vita quotidiana
La settimana scorsa, dal 22 fino al 26 Dicembre, non è stata come le altre, infatti noi capi e vice del reparto Pegaso l’abbiamo passata insieme ai nostri capi, in sede. Infatti dormivamo, mangiavamo, studiavamo (talvolta), insieme. Ognuno aveva degli orari diversi dagli altri, c’era chi tornava prima da scuola e per questo cucinava oppure chi aveva pochi compiti o li aveva già terminati e si occupava di fare la spesa e di cucinare alla sera. Ci siamo organizzati in modo che ognuno di noi in tutta la giornata facesse qualcosa. Ogni sera infatti prima di andare a dormire ci riunivamo per un punto della situazione, in questo tempo si discuteva a giro degli orari del giorno seguente, di ognuno di noi in modo da organizzarsi per il meglio, inoltre si decideva le varie mansioni come: cucinare, lavare le pentole ecc… in questa settimana inoltre abbiamo anche organizzato l’attività per il weekend insieme ai capi e devo ammettere che è stato molto complicato, non pensavo che organizzare un’attività implicasse così tanta fatica e invece mi sono dovuta ricredere! Chi lo avrebbe mai detto che fare il capo fosse così difficile? Come sempre agli scout scopri che le cose che ritieni certe in realtà sono l’esatto opposto.
Un’altra cosa di questa settimana speciale è che ho scoperto che fare le cose più noiose come i compiti o pulire le pentole, fatte insieme agli altri sono divertenti. Durante questa settimana ho avuto modo di conoscere meglio il mio capo squadriglia, gli altri ragazzi presenti e infine i capi in un ambito che non è quello scoutistico ma bensì nella quotidianità. Vorrei infine dire che questa esperienza la riproporrei per l’anno venturo e consiglio agli altri reparti di fare la stessa esperienza!
Laura Merlo
Un’apertura speciale
Il 1° ottobre verso le 15:00 io ed il mio reparto ci siamo ritrovati in sede pronti per la Festa d’Apertura, prima della quale dovevamo costruire l’issa. Così ci siamo divisi in due gruppi: uno faceva l’issa e l’altro puliva la sede. Dopo aver pulito e costruito abbiamo mangiato ed i capi ci hanno dato siesta e io con la mia curiosità sono andata a vedere i passaggi dei castorini.
Dopo che sono finiti i loro passaggi i capi hanno chiamato ed è iniziato il bivacco: il tema era “Inside out”. Il momento più bello è stato quando abbiamo cantato e ballato. Anche se stavolta hanno vinto i maschi. Dopo il bivacco abbiamo fatto il gioco per la creazione delle nuove squadriglie dove io sono stata spostata nelle riaperte Colibrì. Dopo il quarto anno ci ha svelato che regalo ci ha fatto: un pezzo di parete dipinto di lavagna per poterci scrivere sopra.
È stato un momento molto emozionante. Finalmente abbiamo dormito e il giorno dopo la giornata è iniziata con l’issa seguita subito dopo dai passaggi dei lupetti al reparto, è stato un momento molto speciale perché è bello vedere persone nuove nel reparto. Dopo i loro passaggi è stato il turno del nostro quarto anno. La giornata si è conclusa con la messa, l’ammaina e un grande “voga”. Quest’apertura è stata molto bella e speciale!
Civetta perseverante
Klaudia Prela
Reparto Pegaso, Colibrì
Un campo ricco di emozioni
Come credo ognuno di noi, per me il campo estivo è un momento di grande felicità.
Ogni anno mi succede sempre la stessa cosa: guardando il calendario mi accorgo che manca pochissimo al campo e che non ho ancora preparato lo zaino.
Questo anno il campo è durato 8 giorni, ma di certo la lunghezza non mi ha spaventata. Alla partenza eravamo felicissimi e curiosi di scoprire che cosa avremmo fatto. Il tema del campo di certo intrigava… “Lo Hobbit”. Io personalmente non vedevo l’ora di incominciare ed ero al settimo cielo, ma la felicità è durata poco visto che per arrivare al campo a noi destinato c’era una salita lunghissima che sembrava non finire mai. Arrivati in cima, senza perdere tempo abbiamo montato le tende, anche se una leggera pioggerella e il freddo iniziavano a farsi sentire. Appena scesa la sera abbiamo acceso il fuoco e ci siamo tutti stretti intorno a esso. Per il gran freddo che faceva sembrava di essere al campo di Pasqua. I primi giorni sono passati velocemente ma sono stati piuttosto difficili per via del tempo. Ed è qui che arriva la parte del campo che preferisco in assoluto e sono sicura che molti mi troveranno d’accordo: l’hike.
Come ogni anno l’hike è il momento in cui la squadriglia è più legata e dove anche i più timidi si tirano fuori. E solitamente dopo questo genere di esperienze la squadriglia torna più unita di prima. Una cosa negativa dell’hike, però, è che quando ritorni sei distrutto. Ma i capi sono preparati, e quindi dopo esserci lavati e cambiati abbiamo mangiato panini con la Nutella e abbiamo fatto una serie di massaggi rilassanti. Il tempo passa, e il giorno di rientro si avvicina, fino a diventare “domani”. il giocone finale è sempre il più lungo e il più duro e con la fine del gioco tutte le mie energie se ne sono andate. Per me però, più che per altri, questo campo è stato particolarmente speciale per via della cerimonia dei totem, che è stato un momento davvero bellissimo ed indimenticabile.
Per concludere, vorrei dire che non vedo l’ora che l’anno ricominci, perché sono sicura che sarà bello come sempre!
Farfalla visionaria
Laura Merlo
Un sabato alternativo
Sabato 17 Settembre io e il mio reparto ci siamo diretti verso la piazza di San Giovanni per creare un Hebert ed una sopraelevata in occasione dell’evento “Sport in Busto”.
Per tutto questo ci siamo alzati di prima mattina e siamo venuti in sede a caricare i pali e… HOP pronti per costruire.
La sopraelevata che abbiamo costruito era bellissima e, mentre la costruivamo, tutte le persone che passavano ci chiedevano cosa era e quando lo scoprivano ne rimanevano molto sbalorditi.
Mentre facevo una legatura ho sentito una bambina che diceva: “WOW! Degli scout WOW!”
Sentire quelle parole mi ha reso molto felice.
La parte più divertente è stata quando, prima di pranzare, quando Yuri e Nic hanno fatto una specie di gara di roverino, e io mi divertivo a “contrastare i loro tiri”.
Durante il pranzo come ricompensa abbiamo mangiato la pizza, che era buonissima. Dopo aver pranzato siamo andati in sede per concludere l’attività.
Questa attività è stata molto bella perché abbiamo fatto vedere ai cittadini di Busto cosa sanno fare gli Scout.
Klaudia Prela
Civetta Perseverante
Sq. Coyote
Come portare avanti un’idea
Per chi non sa cosa sia, l’impresa di reparto è un obbiettivo, qualcosa che l’intero reparto s’impegna a realizzare entro, solitamente, la fine dell’anno. Ebbene l’anno scorso, nel momento in cui solitamente ognuno propone le proprie idee, io proposi una cosa che suonava non poco strana per gli altri: fare un campo, possibilmente estivo, all’estero. Ora, detto così non suona difficile: cosa ci vuole, basta trovare un posto fuori dall’Italia ed è fatta.
Tuttavia non è così semplice e l’anno scorso, anche se l’idea era stata presentata abbastanza bene, non passò. Non venne però messa da parte.
Così all’inizio di quest’anno abbiamo ripreso in mano il progetto. La prima meta proposta è stata la Germania, poi la Francia e la Spagna ma ogni campo, o per il costo o per il viaggio, non andava bene.
Alla fine abbiamo optato per un luogo più vicino, ovvero la Svizzera, e non per il campo estivo ma per quello di Pasqua. Il luogo trovato sembrava davvero bello, grande e non costava nemmeno tanto e, sebbene all’inizio pensassi che non sarebbe stato un vero e proprio campo all’estero, durante le ricerche e soprattutto i primi contatti con la proprietaria del posto, notai alcune differenze come ad esempio la valuta diversa: non c’è l’euro ma il franco e ci abbiamo messo un po’ a capire alcuni costi aggiuntivi. Ci sono stati diversi episodi divertenti. Almeno, ora li consideriamo divertenti. Come quando la proprietaria non rispondeva alle mail per settimane o quando, verso la fine, ha provato a mandare il contratto, senza successo, dato che aveva messo il mio nome ma l’indirizzo di un’altra persona.
Finalmente, dopo alcuni mesi di preparazione nel complesso andati bene, si arriva al giorno della partenza, nel quale mi sono chiesta “sarà andato tutto bene?”. Ebbene si! Il posto è anche il paesino intorno erano davvero belli e tranquilli. Abbiamo passato tre giorni stupendi e, miracolosamente, senza pioggia. Sebbene questa non fosse l’idea iniziale, è stata un’esperienza davvero fantastica che consiglierei a tutti.
Donnola Fidata