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CDA – Esperienza indimenticabile all’ospedale di Busto Arsizio

Sabato 03/03/2018 Akela ci ha organizzato un pomeriggio diverso dal solito che mi resterà per sempre nel cuore! Ha riunito il gruppetto dei CDA e ci ha detto di trovarci di fronte il Ps dell’ospedale di Busto Arsizio. Una volta tutti riuniti, ci siamo incamminati verso il reparto pediatrico dove erano ricoverati molti bambini ammalati.
Il nostro compito, come ci aveva detto, era quello di intrattenerli, di far loro compagnia in modo divertente e spensierato. Dovevamo farli divertire per far dimenticare loro il motivo per cui si trovassero in ospedale…
Abbiamo incontrato tre bimbe più piccole di noi, molto carine e desiderose di giocare per dimenticare le loro malattie! Ci hanno fatto entrare nella saletta tutta colorata dedicata ai giochi ed attorno ad un tavolo abbiamo cominciato a disegnare con le bambine e ad intrattenerle! Guardare i loro visi gioiosi mi ha reso molto felice in quanto avevo compiuto una bella azione! A dire la verità, siamo stati anche un po’ rumorosi e Akela ci ha pure rimproverati ma non siamo sempre riusciti a tenere il tono della voce bassa, purtroppo!
Alle 17.00 ci siamo recati nella Chiesa dell’opedale per assistere alla Santa Messa ed alle 18.00 i nostri genitori sono venuti a prenderci per portarci a casa. Mentre ero in macchina con il mio papà ripensavo a quell’esperienza molto bella ed indimenticabile: avevo fatto sorridere delle bambine che non stavano bene…

Riflessione sull’educazione

La vera educazione è un sistema di aiuto a doppia entrata nel quale quelli che hanno fatto la scelta di mettersi al servizio dell’uomo e della sua promozione devono anzitutto accettare il principio che non esiste la crescita dell’educando disgiunta da quella dell’educatore, che entrambi sono inseriti nel processo in cui evolversi è sinonimo di vita e il cui stabilizzarsi è inequivocabilmente segno di recessione e, infine, che tutto ciò che per l’uomo ha consistenza, solidità, durata resistenza all’usura ed alla routine nasce dall’interno in funzione dei quali l’educando e l’educatore sono entrambi e separatamente protagonisti. Un sistema di interdipendenza basato sul principio dell’autodeterminazione.

Vittorio Ghetti

Da “R/S Servire” n.4, 1971

4×400

17/09/2016 una data che non credo scorderò, nulla di particolare, il mondo non è finito, ho scelto di scegliere, ho scelto di partire.
Confesso che non ho molte idee su cosa scrivere in questo articolo, non lo faccio spesso; decido quindi di raccontare ciò che questa scelta è per me.
Ripercorrendo fino agli albori il mio percorso scout, riconosco che c’è sempre stata una costante che mi accompagnava: l’essere costantemente bombardato da esempi di vita, i quali mi hanno portato a maturare la mia scelta di Partenza. Una scelta delineata soprattutto in questi ultimi anni passati in Clan, dove tra alti e bassi sono riuscito a conoscermi veramente.
La mia scelta di Partenza, in un certo senso si può riassumere in una parola: “Testimonianza” e non mi riferisco a quella giuridica bensì all’atto di trasmettere ad altri i propri valori, il proprio modello di vita. È questo che ho scelto per me, è questo che voglio essere: testimone. Aggiungerei anche che lo voglio fare qui, dentro lo scoutismo, in qualche modo anche per “ripagare” ciò che questo movimento, questa famiglia mi ha dato.
Tornando a pensare agli anni passati da educando ci sono alcune cose che ho imparato e mi piacerebbe fossero le prime cose che “insegnerò”. Non sono molte né tanto meno complicate da comprendere, tra queste però la più importante è sicuramente volersi bene perché se non mi amassi non potrei voler bene a qualcun altro; strettamente collegato a questa c’è l’umiltà, lo scoprirsi fallibili e accettare i propri limiti e le proprie debolezze e cercare si superarli, è una cosa che, almeno secondo me, è piuttosto difficile imparare da piccoli, siamo troppo distratti dall’ambizione di essere il migliore che non capiamo, non riusciamo a imparare dalle sconfitte e dalle cadute. Se ora, al termine di tre anni di Clan posso dire di aver imparato qualcosa è proprio questa, la consapevolezza di essere fallibili.
Salutando il Clan ho voluto assumermi un impegno, l’ho definito una “missione”, nei miei confronti e nei confronti del mondo da portare a termine con sorriso, testa e cuore: rendermi e renderlo un po’ migliore. Ho voluto condividerlo con tutti per rendervi testimoni di questa scelta cosicché ne siate partecipi tutti voi, perché da solo non posso farcela.

In conclusione vorrei condividere l’ultima cosa che ho imparato, 4X400 è una gara di atletica, una delle poche dove si corre di squadra e forse la più faticosa tra queste ultime, con questo voglio dire che senza il lavoro di squadra non si può vincere, e bisogna imparare ad avere fiducia nei propri compagni di viaggio/gara/caccia/sentiero/strada per arrivare al successo.

Giorgio Lualdi, Cinghiale Caparbio

Fratelli migranti

Ogni sera la notizie che ci provengono dal telegiornale ci pongono dinnanzi ad un roblema che ricorderemo tipico del nostro tempo. Gli esodi di massa che da ogni parte del mondo si muovono verso la nostra Europa già in declino ci interrogano seriamente sul significato dell’essere fratelli in un unico Dio e su come questo si traduca in risposta concreta e consapevole. Possiamo sentirci fratelli in Dio in senso ampio, piuttosto che in Cristo, che nello scautismo; ma ciò che ci renderà tali sarà sempre la capacità che avremo di rinunciare ad un nostro personale beneficio in ragione di un bene che va oltre a noi.
Tutto ciò per promuovere un mondo che più che piacerci sia giusto e che lo sia per tutti. È così nella Chiesa, è così nello scoutismo. Questo andiamo ad affermare con il nostro servizio, non altro. “lo scoutismo è una forma di fratellanza; cioè un movimento che non fa alcun caso, in pratica, a differenza di classe, religione, nazionalità o razza per lo spirito indefinibile che lo pervade, lo spirito del gentiluomo di Dio. Uno scout è amico di tutto il mondo ed un fratello di ogni altro scout. Il modo per avere un amico è di esserlo per qualcuno.” B.P.
Fabio Peruzzo

Ma quanti campi da cambusieri ci siamo persi?

Un mezzogiorno qualsiasi, arriva un messaggio. Mi si chiede di andare a fare da cambusiere al campo Pegaso… per il giorno seguente! Armi e bagagli, non c’è tempo da perdere, via verso un’esperienza di servizio un po’ alternativa!
Sono rimasto in cambusa per un paio di giorni soltanto, col fido Guss, compagno di mille avventure, al mio fianco. Ora, che cosa ho tratto da questa breve (ma intensa) esperienza da cambusiere? Innanzitutto, il servizio è sporcarsi le mani – e non solo – con la gioia di farlo, anche lavorando dietro le quinte, e quindi posso affermare che sia stata una delle più belle esperienze di servizio nella mia “carriera” da rover.

E qui arriviamo al perché del titolo: quanti campi da cambusieri ci siamo persi? I rover e le scolte che si occupano della cambusa ad un campo sono abbastanza una rarità. Perché non proporre questo tipo di servizio? Trovo che ricoprire questo ruolo possa essere un’ottima esperienza da portare nel proprio bagaglio, utile a conoscere un aspetto fondamentale di un campo, a mio avviso troppo spesso sottovalutato o delegato ad altri (spessi ai genitori…). La mia esortazione quindi è: proponetevi come cambusieri, vi assicuro che quando ci avrete provato anche voi non potrete fare a meno di chiedervi: “ma quanti campi da cambusieri ci siamo persi?”

Tricheco Critico  (Lollo)

In Route Nazionale

Traguardi

In Route Nazionale

Ricordo molto bene la mia prima giornata agli scout: era nel reparto Orione. Ho vissuto cinque anni in reparto e ho trascorso dei felicissimi momenti da ricordare con gioia, per sempre. Ricordo in particolare un campo di Pasqua, il titolo era “Alla ricerca del tesoro”; quante bans e quanti giochi! Ad un campo estivo ho anche vinto la gara di canto.
In noviziato ho passato dei momenti indimenticabili; abbiamo anche fatto un autofinanziamento (vendita di patatine fritte) per inviare dei soldi in Emilia Romagna, colpita dal terremoto.
In clan ho passato dei bellissimi momenti; da ricordare la Route Nazionale a San Rossore, dove ci siamo radunati per dimostrare che siamo protagonisti del nostro tempo. Quanta allegria ha scatenato la canzone “È giunta l’ora è giunto il momento…”.
In clan prepariamo dei pacchi alimentari insieme all’associazione “La luna” che li distribuisce alle persone bisognose.
Quando il nostro capo reparto Vittorio è passato in clan ci ha lasciato un biglietto che diceva di andare avanti per la propria strada… Ora ho capito. Cercherò di impegnarmi per raggiungere traguardi che oltre a farmi onore dimostreranno la mia disponibilità verso il prossimo.

Chiara Piantanida (Granchio coccoloso)

Aiutare gli altri

Per me aiutare gli altri vuol dire dare conforto alle persone che stanno male, dare una mano a chi soffre, aiutare chi è povero… aiutare gli altri per me significa tutto questo.
Certo che però pochi di noi fanno queste cose… o per lo meno, con gli amici sì e con gli sconosciuti no. Io penso che, ovviamente, a tutti bisogna dare una mano, senza distinzioni… e noi che siamo scout dobbiamo dare questo esempio. Noi che siamo scout dobbiamo dare una mano più di tutti, perchè noi siamo capaci di farlo.

Chiara Villa (Coniglietto audace)

benvenuti

Buona Strada!

benvenuti Buona strada!
A chi avendo preso la partenza associativa, in occasione della Messa della Festa di Apertura è stato accolto in Comunità Capi. Per continuare il proprio cammino a servizio del Gruppo.

Buona strada a chi, venendo da lontano, si è rimesso in gioco al servizio di un Gruppo Scout diverso, con rinnovato entusiasmo e gioia.

mamma rakshaBuona strada!
A chi ha salutato il Gruppo dopo anni di servizio e si rimette in gioco. Come Mamma Raskha a cui il branco, i genitori e quanti hanno camminato per un pezzetto di strada al fianco di Mamma Raskha dopo anni di servizio gioioso.

Buona strada a tutti noi, in cammino.

Che il Cielo possa sempre essere sereno.